Educazionale, Prevenzione ed Epidemiologia
Educazionale, Prevenzione ed Epidemiologia
A cura di Mario Bisconti1, Gianluca Danesi2, Alberto Fantin3, Alberto Zolezzi4
1U.O.C. Pneumologia, P.O. Vito Fazzi – ASL Lecce, Lecce
2U.O. Medicina Interna – S.S. Pneumologia, Ospedale di Ravenna – AUSL della Romagna – SSR Emilia-Romagna, Ravenna
3S.O.C. Pneumologia e Fisiopatologia Respiratoria, ASU FC Friuli Centrale, Udine
4UOC Malattie Infettive Apparato Respiratorio (MIAR), INMI "L. Spallanzani", Roma
- Pubblicato il 18 Febbraio 2025
Nell’articolo Environmental exposures and Long-COVID in a prospective population-based study in Catalonia (COVICATstudy), pubblicato nel novembre 2024 su Environmental Health Perspectives, Apolline Saucy e altri autori studiano le potenziali correlazioni fra Long-COVID e inquinamento atmosferico.
Il Long-COVID è una condizione multisistemica che segue a un’infezione acuta da SARS-CoV-2, ed è caratterizzata da sintomi quali astenia, dispnea, disfunzioni cognitive, dolore, sintomi digestive e/o depressione e ansia che persistono per almeno due mesi dall’infezione primaria e non sono spiegate da diagnosi alternative.
Lo studio di coorte COVICAT è uno studio finalizzato a determinare l’impatto della pandemia COVID-19 sulla salute della popolazione catalana in Spagna. Sono stati compresi i residenti in Catalogna di età compresa tra i 40 e i 65 anni, con dati sanitari disponibili prima della pandemia.
L’analisi corrente è limitata a 2.853 soggetti che hanno riportato almeno una volta infezione da SARS-CoV-2. Relativamente a questi soggetti è stata stimata l’esposizione residenziale a PM2.5, NOx e ozono con i modelli COVAIR-CAT di valutazione dell’esposizione; la percentuale di spazi verdi a 300 metri dalla residenza è stata stimata tramite “Normalized Difference Vegetation Index” (NDVI); sono inoltre stati stimati il rumore notturno da traffico, l’esposizione a luce artificiale esterna (grazie ai dati della stazione spaziale internazionale), e l’indice di deprivazione sociale.
La definizione di Long-COVID tra gli affetti da COVID fu mutuata dalla definizione OMS modificata, e nel sottogruppo dei pazienti con Long-COVID è stato definito “Long-COVID persistente” il Long-COVID diagnosticato nel 2021 e ancora presente al momento dell’intervista, nel 2023.
Tra il 2021 e il 2023 l’incidenza di Long-COVID tra gli affetti (n=2.853) fu del 24.5% (n=700), e del 5% per il Long-COVID persistente (n=153). Il rischio di Long-COVID era maggiore tra le donne (27.6%) rispetto agli uomini (19.4%), e nelle persone con scolarizzazione primaria. La prevalenza di Long-COVID era inoltre più alta tra chi presentava preesistenti patologie croniche, e tra le forme di COVID-19 severe. La prevalenza si è rivelata più bassa tra i vaccinati prima dell’infezione (15.4%) rispetto ai non vaccinati (46%).
Tra i dati di correlazione ambientale, emerse che il Long-COVID persistente era associato a un rischio relativo (RR) dell’1.14 per l’esposizione a PM2.5. Gli autori ipotizzano che quest’associazione potrebbe dipendere dalla correlazione tra il particolato e le forme più severe di COVID. Questa ipotesi è supportata dalla suggestiva associazione tra particolato e le forme più severe (persistenti) di Long-COVID, ma non con tutti i casi di Long-COVID. Ulteriori studi sui sottotipi di Long-COVID potranno chiarire quest’associazione osservata. Questi dati contribuiscono a comprendere la complessa interazione fra esposizione a fattori ambientali ed evoluzione del Long-COVID.
Altri studi degli autori del presente articolo hanno collegato il particolato atmosferico all’incidenza e alla severità del COVID-19 e alla bassa risposta alla vaccinazione.
Le migliaia di studi pubblicati sul tema stanno tentando di spiegare causalmente questi riscontri biostatistici.
Nell’esaustiva review di Hyunji Myung et al., Contribution of particulates to airborne disease transmission and severity: a review (1) pubblicato nell’aprile 2024 su Environmental Science & Technology si legge che:
- i microorganismi sono i principali costituenti del bioaerosol primario grossolano: batteri e funghi in particolare; maggiori quantità di virus “airborne” si trovano nel particolato PM2.5 e non nelle frazioni più grandi;
- la diffusione dei virus aviari è stata collegata alle tempeste di sabbia in Asia; è stata trovata correlazione fra VRS e inquinanti dell’aria, anche nell’area urbana di Roma (2);
- per quanto riguarda il COVID-19, Copat et al. sostengono che PM2.5 e NO2 sono correlati maggiormente alla diffusione e alla letalità del SARS CoV-2 rispetto al PM10, anche se saranno necessari ulteriori studi che tengano maggiormente conto di aspetti ambientali (altri inquinanti, clima, urbanizzazione), sociodemografici e socioeconomici;
- il Gruppo internazionale di ricerca RESCOP (Research on COVID-19), supportato dalla Società Italiana di Medicina Respiratoria (SIMA), ha pubblicato 76 studi sul rapporto tra particolato e COVID-19, tra cui alcuni lavori in cui nel particolato stesso è stato cercato RNA virale, trovato nel 58% dei campioni (3,4);
- il particolato favorisce le infezioni batteriche in generale: ulteriori studi potranno chiarire il suo ruolo nella riduzione dell’internalizzazione dello Streptococcus da parte dei macrofagi.
Studi statistici vedono la correlazione fra incremento del particolato e Aspergillosi invasiva, e correlazione fra particolato e presenza di funghi nell’aria a partire dagli Aspergilli (RR 1.24 nel 2018); il particolato PM2.5, inoltre, favorisce l’adesione dei funghi all’epitelio alveolare, e sono necessari ulteriori studi per chiarire la correlazione tra particolato e infezioni fungine;
- nel particolato, durante i periodi di smog, sono stati trovati batteri nell’80% dei campioni, mentre nel particolato campionato vicino a impianti di produzione di cibo si trova per l’80% materiale fungino;
- fattori chimici influenzano la vitalità degli agenti patogeni all’interno del particolato: CO è fonte energetica per i germi aerobi come i Micobatteri tubercolari, NO2 e SO2 possono essere nutrienti per gli agenti patogeni, mentre basse concentrazioni di ioni (K, NA, Mg, CA) possono favorire la crescita degli agenti patogeni (eccessive concentrazioni di K possono invece risultare lesive), e l’ozono sembra correlato allo stress per i patogeni.
Tornando al Long-COVID, ancora oggi la persistenza di tali forme è rilevante, ed è quindi necessario tentare di chiarirne le cause e di ottimizzare le terapie. Numerosi studi genetici e immunologici stanno portando importanti elementi di novità, come anche gli studi ambientali stanno fornendo un contributo.
La necessità di ulteriori studi per comprendere le complesse relazioni fra inquinamento atmosferico, COVID-19 e altre patologie da germi trasmissibili per via aerea - a partire dallo studio delle principali fonti del particolato respirato nelle diverse aree (speciazione) - non impedisce di chiedere fin da subito interventi per la riduzione del particolato, per puntare al più presto ai valori considerati accettabili dall’OMS.
In ogni caso il particolato stesso, secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, nel 2021 in Italia si è reso responsabile di oltre 46mila decessi anticipati, e la quota correlata al peggioramento di incidenza e severità di infezioni che potrà emergere dagli studi, risulterebbe in parte addittiva rispetto ai dati esistenti.
Ridurre il particolato che respiriamo è inoltre strettamente correlato alla sostenibilità dei sistemi sanitari nazionali. Bene, quindi, che il Congresso nazionale AIPO 2025 sia centrato sui rapporti fra ambiente e salute respiratoria.
Bibliografia
1) Hyunji Myung H, Soo Joung Y. Contribution of particulate to airborne disease transmission and severity: a review. Environ Sci Technol 2024, 58, 6846-67.
2) Nenna R, Evangelisti M, Frassanito A, et al. Respiratory syncytial virus bronchiolitis, weather conditions and air pollution in an Italian urban area: An observational study. Environ. Res 2017, 158, 188-93.
3) Piscitelli P, Miani A, Setti L, et al. The role of outdoor and indoor air quality in the spread of SARS-CoV-2: Overview and recommendations by the research group on Covid-19 and particulate matter (RESCOP commission). Environ Res 2022, 211:113038.
4) Setti L, Passarini F, De Gennaro G, et al. A. Potential role of particulate matter in the spreading of COVID-19 in Northern Italy: First observational study based on initial epidemic diffusion. BMJ Open 2020;10:e039338
- Pubblicato il 16 Gennaio 2025
A cura di: Mario Bisconti
Autori: Khoj L, Zagà V, Amram DL, et al.
Rif. Biblio: Respir Med 2024;221:107494
- Pubblicato il 19 Settembre 2024
A cura di: Alberto Zolezzi
Autori: Li J, Hua C, Ma L, et al.
Rif. Biblio: Environ Int 2024;187:108724
- Pubblicato il 04 Giugno 2024
A cura di: Alberto Zolezzi
Autori: Mingcheng T, Wei L, Haifang L, et al.
Rif. Biblio: Front Public Health 2023;11:1279322
- Pubblicato il 16 Febbraio 2024
A cura di: Mario Bisconti
Autori: Bisconti M, De Palma A, Pacifici R, et al.
Rif. Biblio: J Clin Med 2023;12:4956