- Pubblicazione il 16 Gennaio 2025
Premessa
La marijuana è la droga più diffusa, con un numero di utilizzatori stimato tra i 120 e i 250 milioni di persone. Basse dosi occasionali hanno azione broncodilatante. L’uso cronico e massiccio può provocare BPCO. È inoltre documentato enfisema bolloso e pneumotorace spontaneo. Si ipotizza carcinogenesi polmonare. L’articolo ne scoraggia l’uso, ed esorta i sanitari a supportare i pazienti a smettere di fumarla.
Analisi dello studio
Stati Uniti d’America, Australia e Nuova Zelanda presentano il maggior uso di cannabis. Viene fumata con la manovra di Valsalva, mediante inalazioni profonde e prolungate, causando, a volte, barotrauma con pneumotorace.
Della cannabis sono noti 60 composti (cannabinoidi). Il fumo di una canna contenente il 2% di THC genera broncodilatazione che dura un’ora nei soggetti sani. Rispetto al tabacco, il fumo di cannabis è più caldo e più irritante a livello bronchiale.
Uno studio caso-controllo su fumatori di cannabis, fumatori di solo tabacco e non fumatori, dimostra negli utilizzatori di cannabis un tasso più elevato di ispessimento bronchiale e bronchiectasie.
Studi clinici riportano inoltre nei fumatori abituali di cannabis, con o senza uso di tabacco associato, tosse, respiro sibilante, espettorato e raucedine rispetto ai non fumatori.
In uno spinello contenente tabacco e cannabis, il THC a basse dosi migliora la funzione respiratoria per probabile effetto broncodilatante, che scompare nell'uso prolungato.
L’effetto dell'uso cronico di cannabis sulla funzionalità polmonare rimane controverso: è riportato peggioramento delle resistenze delle vie aeree e dei volumi polmonari con iperinflazione senza riduzione significativa del FEV1, anche in un follow-up di 20 anni in forti fumatori di cannabis.
Consumatori di cannabis giungono frequentemente al Pronto Soccorso per problemi respiratori ed esacerbazioni di asma bronchiale.
Effetti sulla funzione polmonare e associazione con la BPCO
Non è nota un’associazione tra cannabis e BPCO. La cannabis produce broncodilatazione in soggetti sani e asmatici, attribuita al THC e alla stimolazione dei recettori CB1 e CB2 sulle terminazioni nervose nella muscolatura liscia delle vie aeree, che porta all'inibizione del rilascio di acetilcolina. La broncodilatazione è modesta, e cessa se l’uso continua per 6-8 settimane. Mentre fumare cannabis aumenta il rischio di bronchite grave anche a bassa esposizione, non ci sono prove che generi BPCO.
Associazione con l'asma
Uno studio di coorte longitudinale di 13 anni sull'aumento dell'uso di farmaci per l'asma da cannabis in 2.602 giovani adulti norvegesi, dimostra che il fumo di cannabis è un fattore di rischio per la prescrizione di farmaci per l'asma dopo l'aggiustamento per altri fattori di rischio, suggerendo che negli asmatici la cannabis è un fattore di peggioramento, e dovrebbe essere evitata. Sono necessarie ulteriori ricerche per l'impatto a lungo termine.
Associazione con malattia polmonare bollosa pneumotorace e pneumomediastino
L'uso regolare di cannabis genera bolle di enfisema polmonare. In uno studio retrospettivo caso-controllo riguardante fumatori di cannabis, di tabacco e non fumatori, l’enfisema prevale alla TAC-Torace nei fumatori di cannabis rispetto ai fumatori di tabacco (93% verso 67%).
Associazione con infezioni polmonari
Prima di essere immessa sul mercato, la cannabis viene interrata per accelerarne la stagionatura. Gli Aspergilli presenti nel terreno la contaminano. In uno studio, il 56% dei fumatori di cannabis presentava precipitine sieriche verso gli antigeni di Aspergillus Fumigatus, che predispongono all’Aspergillosi Broncopolmonare Allergica.
In numerosi fumatori di cannabis immunocompromessi sono riportate polmonite eosinofila e Aspergillosi Polmonare Invasiva (IPA). È segnalato il caso di un forte fumatore immunocompetente con IPA.
Associazione con la legionellosi
Il fumo di cannabis favorisce la polmonite da Legionella. Studi in vitro e in vivo, mostrano che il THC compromette le funzioni immunitarie con riduzione dell'attività di IL-2, interferone-γ e cellule natural killer, e l’alterazione di altre citochine.
Associazione con il cancro polmonare
Il fumo di cannabis contiene sostanze tossiche e cancerogene, presenti anche nel fumo di tabacco: monossido di carbonio, ammoniaca, acetaldeide, formaldeide, acroleina, fenoli, nitrosammine, idrocarburi policiclici aromatici.
Rispetto al fumo di tabacco, il fumo di cannabis ha un contenuto cinque volte superiore di carbossiemoglobina e di tre volte superiore di catrame, amplificando così l'esposizione ai cancerogeni.
Uno studio in vitro mostra che il THC accelera la proliferazione delle cellule neoplastiche. In uno studio sugli animali emerge che il fumo di cannabis è immunosoppressivo, potendo sopprimere la risposta antitumorale.
L'epitelio bronchiale dei fumatori di cannabis presenta cellule con cambiamenti precancerosi.
Altri studi riportano un rischio 4-6 volte maggiore di cancro rispetto al tabacco.
In sintesi, diversi studi indicano un rischio aumentato di cancro polmonare, e la giovane età dei soggetti studiati è preoccupante. Tuttavia, sono necessari ulteriori studi per stabilire il rischio relativo al numero di spinelli consumati/anno.
Associazione con sigaretta elettronica o danno polmonare associato all'uso di svapo
La sigaretta elettronica può contenere prodotti a base di cannabis e THC. Nel 2020, 2.668 utilizzatori di svapo sono stati ricoverati, con 68 decessi. L'80% dei consumatori segnala l'uso di prodotti contenenti THC. L’esame tossicologico del BAL e di biopsie polmonari è positivo per il THC in una percentuale superiore all’80% dei casi.
Considerazioni
Prove inequivocabili dimostrano che il fumo di cannabis si associa a bronchite cronica e, nei consumatori abituali, a bolle di enfisema polmonare, pneumotorace spontaneo, asma scarsamente controllato ed Aspergillosi polmonare invasiva nei fumatori immunocompromessi.
Conclusioni
Gli operatori sanitari dovrebbero essere consapevoli dei rischi associati al fumo di cannabis.
Politiche incaute, che non considerano gli effetti a lungo termine della cannabis, hanno portato alla sua legalizzazione e a un uso crescente in diversi Paesi.
Appare necessario che il Medico, dopo esclusione dei fattori eziologici comuni di una patologia, consideri l’uso della cannabis conducendo l’anamnesi voluttuaria: molto più numerosi sarebbero i casi giunti all’osservazione.
Ai fini della prevenzione, appare utile che il personale sanitario promuova la conoscenza dei possibili danni respiratori correlati all’uso della cannabis nella popolazione.
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