- Pubblicazione il 07 Maggio 2018
Pubblicati su Rassegna di Patologia dell'Apparato Respiratorio - fascicolo 1/2018 i risultati dell'indagine conoscitiva promossa da AIPO e SIBioC sulla gestione del processo diagnostico del Liquido Pleurico, volta ad indagare l'appropriatezza e la modalità di esecuzione dell'analisi su questa specifica matrice biologica.
L’esame del liquido pleurico (LP) è convenzionalmente richiesto per indagare l’eziologia del versamento cavitario. La classificazione in essudato, trasudato e versamento chiloso è infatti uno degli obiettivi prioritari del percorso diagnostico, in quanto la natura chimico-fisica del campione riflette differenti aspetti pato-fisiologici ed indirizza quindi verso la possibile noxa associata al versamento stesso. L’essudato può formarsi per aumento della permeabilità capillare o diminuzione del riassorbimento linfatico, mentre il trasudato si genera solitamente in seguito ad aumento della pressione idrostatica o diminuzione della pressione oncotica. Infine, il versamento chiloso si può originare in conseguenza di traumi o neoplasie, solitamente linfomi, che coinvolgono il dotto toracico. Tuttavia, le indicazioni sul tipo di indagini di laboratorio da eseguire e sui metodi analitici da adottare sono tuttora controverse.
Attraverso questa indagine, il gruppo di lavoro intersocietario si è posto l'obiettivo di individuare un percorso diagnostico armonizzato e condiviso basato sull'analisi del Liquido Pleurico, fotografare lo stato dell'arte e definirne i futuri spazi per ricerca e sviluppo.
All’iniziativa hanno partecipato 408 professionisti rappresentativi di tutto il territorio Italiano, di cui il 40.4% rappresentato da specialisti di medicina di laboratori, il 3.2% da Tecnici Sanitari di Laboratorio Biomedico, il 49.3% da specialisti in pneumologia e il 7.1% da operatori che non hanno dichiarato la qualifica professionale. In figura è rappresentata la distribuzione dei partecipanti in funzione della numerosità di analisi di LP eseguite per anno.
Rispetto alla fase pre-analitica emergono alcune criticità ad esempio per il “quesito clinico”, sembra evidente la mancanza di una modalità di comunicazione strutturata fra Clinici e laboratoristi (il 76,3% dei laboratoristi dichiara di non avere accesso al quesito clinico, malgrado l’86,6% degli pneumologi dichiari che il quesito è invece formulato e trasmesso). Inoltre solo una percentuale inferiore al 40% riporta l’uso di contenitori appropriati per la raccolta del campione con conseguente impatto sulla qualità del dato analitico e una possibile errata interpretazione clinica dei risultati dell’analisi del LP.
Per quanto riguarda la scelta delle analisi di base è evidente un buon accordo sulla necessità di eseguire sempre l’esame macroscopico del liquido, il pH, il dosaggio del glucosio, delle proteine totali e della LDH e l’esame citometrico; infine emerge l’importanza del calcolo dei rapporti (ratio) (LP/sangue venoso) per una corretta interpretazione clinica del dato.
Nella gestione della fase analitica sono emersi come atteso i limiti nell’impego di metodi verificati o validati, in particolare per il pH solo nel 9.2% dei casi è determinato con il pHmetro come indicato nelle linee guida di riferimento. Il referto, in generale, appare carente e poco armonizzato.
Nonostante le criticità emerse nel complesso, il sondaggio ha dato un feedback positivo, infatti ha messo in luce l’interesse su argomenti di nicchia come la gestione del Liquido Pleurico ed stimolando la produzione di documenti condivisi fra clinica e laboratorio attività proposta dal 30,7% dei partecipanti.