- Pubblicazione il 13 Maggio 2015
L’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO) compie 30 anni. In vista della manifestazione che si terrà a Roma l’11 Giugno per ricordare i trent’anni trascorsi dalla data in cui l’associazione è stata ufficialmente registrata, abbiamo raccolto il commento di chi ha vissuto gli anni della sua fondazione, ed è stato protagonista e fautore del percorso evolutivo che l’ha resa punto di riferimento per la specialità.
“La prima domanda che dobbiamo porci è perché esiste un’associazione che raduna gli pneumologi ospedalieri.” Esordisce così Franco Falcone, Presidente dell’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri nel biennio 2010-2011.
“L’11 Giugno festeggeremo i trent’anni trascorsi dalla registrazione di AIPO come Associazione mediante atto notarile ma, in realtà, la società degli pneumologi ospedalieri ha iniziato a coagularsi a cavallo degli anni ’50 e ‘70 allorchè la società scientifica più numerosa e che si occupava da più tempo di malattie respiratorie era la Federazione Italiana contro la Tubercolosi, nata nel 1922, costituita in prevalenza da tisiologi universitari e da tisiologi dei sanatori dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale e dei Consorzi Provinciali Antitubercolari, ai quali faceva capo la gestione della malattia tubercolare. I reparti tisiologici ospedalieri erano meno numerosi e oltre a partecipare alle manifestazioni organizzate dalla Federazione avevano dato inizio a una attività associativa che includeva i problemi professionali della categoria (con la denominazione di AITO prima di diventare AIPO)".
La Pneumologia, evoluzione della tisiologia italiana, nasce in quegli anni. Alla fine degli anni ’60 la legge Mariotti che rinnovò il sistema degli ospedali in Italia previde la presenza di Sezioni autonome di Fisiopatologia Respiratoria e di Divisioni di Pneumologia nell’organizzazione degli ospedali pubblici e queste strutture non avevano più come obiettivo prioritario la cura della tubercolosi ma la gestione delle malattie respiratorie. In quegli anni presero forma la struttura operativa ed il cuore scientifico e professionale della pneumologia, nell’ambito della quale si sviluppò progressivamente l’aggregazione degli operatori ospedalieri fino ad ufficializzare la creazione formale dell’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO).”
A quel tempo i medici, dopo cinque anni di attività nelle Divisioni di Pneumologia e di Fisiopatologia Respiratoria Respiratoria acquisivano un titolo professionale di carriera equivalente alla specialità in malattie respiratorie e questo certificava la capacità professionalizzante di quelle strutture ospedaliere nelle quali gli pneumologi ospedalieri si dedicavano ad attività spesso non sviluppate in ambito accademico, focalizzando i loro sforzi ed i loro studi verso il miglioramento delle tecniche diagnostiche ed assistenziali rivolte alle persone con problemi relativi all’apparato respiratorio.
La pneumologia ospedaliera italiana si concentrò così su tre aspetti fondamentali: attività di studio della patologia respiratoria, sviluppo di tecniche assistenziali terapeutiche e sviluppo di tecniche diagnostiche, creando un mondo scientifico e professionale dotato di una forte spinta alla modernizzazione. Figlia di questa esperienza pratica l’AIPO ha cercato negli anni di presidiare due fondamentali ambiti di sviluppo parallelo: da un lato l’attenzione all’organizzazione dell’attività assistenziale, diagnostica e terapeutica e dall’altro il presidio dello sviluppo e della difesa della professione e della competence pneumologica, quasi un’attività “parasindacale”, fondata su un’attenzione al passato, al presente e soprattutto al futuro della specialità pneumologica.
Dal suo grande passato, rappresentato dall’organizzazione assistenziale completa e complessa nata per combattere la tubercolosi nella prima metà del secolo scorso, la pneumologia italiana ereditava una grande attenzione all’osservazione ed al controllo epidemiologico e dei fattori di rischio e pertanto orientò i propri interessi prioritari alla gestione diagnostica e in parte terapeutica del cancro del polmone, in enorme crescita epidemiologica, ed alla gestione dell’invalidità e dell’insufficienza respiratoria che, in un mondo di sopravviventi alle epidemie infettive tubercolari e non tubercolari e nella progressiva aggressione degenerativa e neoplastica delle strutture polmonari da parte del fumo e della chimica, hanno sostituito la tubercolosi nell’interesse sociale e sanitario e soprattutto nell’imperativo assistenziale preventivologico, diagnostico e terapeutico ed infine riabilitativo, fermo restando che la battaglia contro le infezioni respiratorie, tubercolari e non, era vinta con gli antibiotici ma non terminata.
Quando, verso la fine degli anni ’60 tecnici e studiosi giapponesi svilupparono strumenti a fibre ottiche con i quali si poteva fare la broncoscopia in modo molto più tollerabile e ripetibile rispetto all’epoca dei tubi e degli strumenti rigidi, allargando l’esplorazione visiva e le tecniche di prelievo biologico in aree sempre più periferiche del polmone, prima irraggiungibili, il miglioramento degli esiti diagnostici di questa tecnica fu incredibile e inarrestabile e quando, negli anni ’80, si affermò la tecnica radiologica della tomografia assiale computerizzata, l’esplorazione anatomica e biologica del polmone ricevette un impulso fondamentale e tale da consentire la sistematizzazione di criteri standardizzabili di valutazione dell’estensione del tumore in grado di prevedere con grande affidabilità prognosi e sopravvivenza di ogni singola forma e diffusione delle forme di neoplasia polmonare. Lo sviluppo della diagnostica in questo campo ha condotto alla nascita di una delle più importanti “super-specialità” della pneumologia, la pneumologia interventistica che utilizza tecniche para-chirurgiche per obiettivi diagnostici e progressivamente anche e sempre più terapeutici.”
Contestualmente gli pneumologi svilupparono metodi e criteri di gestione dell’insufficienza d’organo dell’apparato respiratorio dedicandosi ad un tema di grande interesse sociale quale quello dell’insufficienza respiratoria. Il lavoro degli pneumologi nello sviluppo di tecniche sempre meno invasive e conservative per affrontare l’insufficienza d’organo del polmone e la sua riabilitazione è stato tanto efficace quanto poco riconosciuto e promosso. Negli anni ’70 ed ’80 le istituzioni hanno affrontato progressivamente ed in modo adeguato le insufficienze d’organo relative al cuore, al rene, al cervello, risolvendo le fasi acute e croniche tecnicamente ed organizzativamente superabili, ma molto poco hanno fatto per affrontare l’insufficienza d’organo del polmone con la razionalità dedicata alle altre tematiche e che peraltro l’impatto epidemiologico delle malattie respiratorie richiedeva. Il vantaggio della fine epidemiologica della tubercolosi coinvolse in modo dannoso lo sviluppo dell’area della pneumologia, esclusa in quegli anni dagli interessi programmatori delle istituzioni centrali ed ancor più di quelle regionali che videro in quest’area solo sanatori e dispensari antitubercolari da chiudere, senza accorgersi che quell’organizzazione, incredibile per capillarità di gestione epidemiologica di una malattia, aveva in sé le fondamenta ideologiche per la gestione della nuova epidemia respiratoria del 21° secolo, ovvero della BPCO o meglio ancora la gestione dei fattori di rischio respiratorio in genere, responsabili di malattie neoplastiche e degenerative dei polmoni.
Analizzando la storia ultratrentennale degli pneumologi ospedalieri aderenti all’AIPO salta agli occhi che lo sviluppo parallelo dell’organizzazione dell’attività assistenziale diagnostico-terapeutica e riabilitativa e dell’attività rivolta allo sviluppo ed alla difesa della professione e della competence pneumologica sono state davvero la storia di questa associazione. “Nel corso di questi ultimi trent’anni di attività formale, ed ovviamente anche prima della nascita notarile, molti professionisti hanno ricoperto ruoli importanti all’interno della società, fino a quello di Presidente. Credo che tutti abbiano sempre assunto ogni incarico con l’intento di dare il meglio di sé ed i risultati di ciascuno sono quello che i soci ricordano e ricorderanno di loro.
In questo percorso ideale di AIPO ho cercato di collocare la creazione del Gruppo Epidemiologia dell’AIPO nei primi anni ’90, il raccordo con le Istituzioni dell’Emilia Romagna, nel corso del ciclo presidenziale regionale, per creare i primi esempi nazionali di gestione pneumologi-istituzioni, come la prima normativa sulla corretta codifica dell’insufficienza respiratoria, il primo Piano Sanitario per le Malattie Respiratorie scritto da pneumologi, l’Accreditamento delle Strutture di Pneumologia, contribuendo a creare infine, nel corso del ciclo presidenziale nazionale, le basi, le regole e l’attività del primo tavolo stabile dell’associazione con il Ministero della Salute, il tavolo GARD e gli altri che si sono aggiunti, per sostanziare quell’accordo professionisti, cittadini, istituzioni che è l’unica opportunità di promuovere il nostro lavoro.
L’altra opportunità cercata e promossa è stata la nostra vetrina biennale, il Congresso Nazionale, che nel 2010 abbiamo svincolato dalla necessità di rivolgersi a strutture organizzative esterne, lanciando AIPO Ricerche, ed il suo modello organizzativo, nel campo delle Professional Congress Organization, a pieno titolo ed a piene forze. .
Poi la vita di tutti i giorni è anche altro e continua a presentare i problemi che dobbiamo e possiamo risolvere. Il tema dell’insufficienza respiratoria, del percorso progressivo dell’invalidità respiratoria, da qualunque patologia provocata, e della sua gestione preventiva, terapeutica e riabilitativa è infatti organizzativamente irrisolto nel mondo della sanità italiana e l’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri ci sta tuttora impegnando nel dialogo con le istituzioni per creare finalmente un modello organizzativo standardizzato e diffuso che affronti il problema e che lo affronti con il supporto fondamentale della competence pneumologica, insostituibile in questo campo.”
Attualmente e sempre più la proposta ed il miglioramento dei percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali, secondo regole evidence based, ed il confronto diretto con le istituzioni per ottenere modelli organizzativi ed assistenziali adeguati alle problematiche ed ai bisogni della popolazione rappresentano il core business della nostra associazione ed in nostri principali territori d’azione.
Quello che tuttavia si può affermare con certezza è che AIPO è un’associazione di professionisti entusiasti del proprio lavoro e che per questo desiderano far parte di un progetto ed essere sempre e comunque portatori di un’idea scientifica, professionale ed organizzativa che è un intento di servizio alle persone. Anche a questo fine negli ultimi anni abbiamo diretto i nostri sforzi a sostenere l’idea di un’unica associazione che potesse riunire tutti gli pneumologi italiani.
L’evento dell’11 Giugno, nel trentennale di AIPO e, mi sia consentito dirlo, “dall’alto della nostra storia”, sarà anche l’occasione per ribadire tale volontà. E’ ciò di cui ha bisogno il mondo pneumologico in questo momento” conclude Franco Falcone.