- Pubblicazione il 15 Aprile 2015
La fibrosi polmonare idiopatica è la forma più letale e più frequente fra le malattie polmonari interstiziali diffuse. Sebbene la sua patogenesi sia ancora in parte sconosciuta, sono numerosi i dati emersi nell’ambito della corposa ricerca clinica sulla patologia.
I massimi esperti in materia si sono dati appuntamento a Roma dal 29 al 30 maggio in occasione dell’evento dal titolo: “Idiophatic Pulmonary Fibrosis. The missing link”, organizzato dall'Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO).
“La prima giornata sarà dedicata alla biologia di base, alle nuove scoperte che riguardano la patogenesi della malattia con un focus particolare al danno iniziale che provoca l’innescarsi di una serie di eventi (senescenza cellulare, proliferazione bronchiolare, fibrosi, infiammazione) che sono alla base della patologia” commentano Cesare Saltini, dell’Università di Roma Tor Vergata e Research Professor all’ Università della Florida, e Venerino Poletti, Ospedale Morgagni, Forlì, nonchè Presidente del Gruppo di Studio sulle malattie polmonari diffuse dell’European Respiratory Society (ERS), chairmen dell’evento.
“Conoscere le cause dell’infiammazione interstiziale caratteristica del polmone del soggetto affetto da fibrosi polmonare idiopatica rappresenta lo step iniziale, di estrema utilità, nella definizione dei piani di intervento.”
Quali sono i pattern biochimici che determinano il danno?
“Le conoscenze di cui disponiamo ci permettono di identificare come potenziali fattori in grado di innescare il danno iniziale, lo stress ossidativo, l’ambiente e la suscettibilità genetica. Per questa ragione una sessione sarà focalizzata sul tema dello stress ossidativo. Una lezione sarà inoltre dedicata all’accumulo di ferro, caratteristico di alcune patologie il cui quadro clinico presenta analogie con quello della fibrosi polmonare idiopatica. Per comprendere l’origine del danno iniziale che provoca l’infiammazione del polmone verrà anche approfondita l’interazione fra i geni e fattori ambientali quali fumo e inquinamento” commenta Cesare Saltini.
“Abbiamo cercato di riunire esperti con competenze diverse” continua l'esperto.
A conferma di ciò è sufficiente dare uno sguardo al programma: interverrà, ad esempio, Elena Corradini, del Policlinico Universitario di Modena, che terrà una lezione sull’emocromatosi, patologia dovuta a un’alterazione dello stress ossidativo. Zeha Borok dell’University of Southern California discuterà della trasformazione epitelio-mesenchimale quale inizio del processo di fibrogensi polmonare, mentre il ruolo dei macrofagi polmonari nel danno, infiammazione e fibrosi sarà il tema centrale delle relazioni di Joachim Müller Querneim, Freiburg (DE) e di Mark Brantly, University of Florida, discuterà i meccanismi di danno nella distruzione e nella fibrosi del polmone che caratterizza l’enfisema ereditario.
Nella seconda parte della giornata, Armando Gabrielli, dell’Università di Ancona, illustrerà i meccanismi di malattia della sclerodermia, una condizione patologica caratterizzata anche da fibrosi polmonare e Mathieu Cellier, Laval (CDN) terrà una lezione su geni di suscettibilità a malattie autoimmuni, fibrosanti ed infettive quali sclerodermia e la tubercolosi.
La seconda giornata sarà interamente dedicata alla clinica. Nella prima parte gli esperti si confronteranno su quali possano essere i migliori strumenti diagnostici partendo dalla radiologia, dalla genetica, dai marcatori biochimici e dalla funzionalità polmonare. Si parla di diagnosi certa in un 60-70% dei pazienti. Nel restante 40-30% dei casi la situazione clinica risulta più dubbia.
“Le linee guida attualmente a nostra disposizione prevedono l’approccio terapeutico in presenza di un quadro radiologico chiaro, ben definito, che consenta di formulare una diagnosi certa” spiega Cesare Saltini. “Nel caso in cui tale quadro radiologico non sia sicuro allora è necessario procedere con una biopsia polmonare, metodica non scevra da rischi: la mortalità è al di sopra del 2%. La biopsia polmonare viene prescritta con molta cautela a causa degli alti rischi per la vita del paziente, che nella maggior parte dei casi è anziano. Il convegno di Roma vuole essere un’occasione per definire criteri diagnostici che consentano di evitare un intervento invasivo come la biopsia polmonare e i rischi a essa correlati.”
Dopo aver parlato di criteri diagnostici ampio spazio verrà riservato al trattamento farmacologico.
“Non dobbiamo dimenticare che stiamo parlando di una malattia molto grave: la sopravvivenza media dalla diagnosi è di cinque anni” puntualizza Saltini. “La terapia è il punto di massimo interesse per gli addetti ai lavori. Ci confronteremo sull’esperienza derivata dagli studi clinici ma anche dalla pratica clinica, quella che viene definita la real life. La terapia standard, a disposizione da quasi tre anni, si basa sulla somministrazione del Pirfenidone, farmaco approvato dall’European Medicine Agency (EMA) nel marzo 2011 e da allora disponibile in Italia prima come farmaco per uso “compassionevole” e poi come farmaco ospedaliero. Il dibattito verterà sul meccanismo d’azione del farmaco, sull’esperienza maturata al di fuori degli studi clinici e sull’eterogeneità di risposta alla terapia riscontrata nei pazienti. Una delle relazioni sarà dedicata alla mancata risposta al farmaco da parte di una porzione di pazienti. Cercheremo di comprendere le caratteristiche dei pazienti che non rispondono al farmaco per acquisire le competenze necessarie per gestire la malattia al meglio. A breve nuovi farmaci saranno approvati per il trattamento della fibrosi polmonare idiopatiche. Fare luce sulla variabilità di risposta al trattamento ci aiuterà nella gestione della malattia con più farmaci.”
“Un’occasione imperdibile per chi si occupa di fibrosi polmonare idiopatica per fare il punto su quanto siamo riusciti a capire fino a oggi e quale orientamento dobbiamo dare al nostro lavoro futuro” conclude Cesare Saltini.
Ufficio Stampa AIPO