- Pubblicazione il 30 Marzo 2015
Uno sforzo fisico intenso e prolungato può provocare uno stato di immunosoppressione transitoria associato ad un’elevata prevalenza di malattie allergiche ed episodi infettivi delle vie respiratorie. A dirlo è uno studio recentemente pubblicato sulla rivista “Current Opinion in Allergy & Clinical Immunology”, che per dodici anni ha monitorato lo stato di salute di un’ampia popolazione di atleti d’élite.
In particolare la ricerca ha coinvolto 659 atleti olimpici italiani, studiati tra il 2000 ed il 2012 in occasione delle edizioni estive ed invernali dei Giochi Olimpici.
“Una sensibilizzazione ad allergeni inalanti veniva documentata in circa la metà del campione di studio (49%)”. La prevalenza di asma e/o di episodi di iperreattività bronchiale da esercizio fisico risultava del 14,7%, con un aumento significativo dal 2000 (11,3%) al 2008 (17,2%). Una diagnosi di rinite, congiuntivite, dermatite ed anafilassi veniva posta rispettivamente nel 26.2%, 20.0%, 14.8% e 1.1% dei casi. Gli elevati tassi di prevalenza di malattie allergiche risultavano peraltro associati ad un numero elevato di infezioni ricorrenti delle alte vie respiratorie (10.3%) e di herpes labiale (18.2%). Si documentava inoltre un’alterata risposta immunitaria (sottopopolazioni T linfocitarie) con una riduzione globale dei livelli di citochine sieriche.
“L’originalità di questo studio risiede nel fornire dati epidemiologici sulla frequenza di malattie allergiche in relazione alla presenza di comorbidità e di modificazioni della risposta immunitaria indotte dall’attività fisica, in una delle più ampie casistiche di atleti professionisti mai studiata” commenta Matteo Bonini che lavora presso il Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive, Sapienza Università di Roma, nonchè prima firma del lavoro.
“Sebbene un’attività sportiva di appropriata intensità e frequenza non solo non risulti nociva per la salute degli individui allergici, ma possa anzi costituire un utile strumento per migliorarne la gestione della patologia e la qualità di vita, i risultati ottenuti evidenziano l’importanza che, in questi soggetti, i carichi di lavoro vengano prescritti dal medico, solo dopo aver attentamente valutato lo stato di controllo della malattia” continua l’esperto. “L’elevata frequenza di sensibilizzazioni e malattie allergiche riscontrata negli atleti, supporta peraltro la necessità di interventi di screening e di diagnosi precoce in questa popolazione”.
“Future linee di ricerca dovranno infine stabilire se i meccanismi fisiopatologici sottostanti le manifestazioni allergiche ed infettive negli atleti d’élite siano gli stessi identificati nella popolazione generale o costituiscano peculiari fenotipi di malattia. Una tale distinzione non risulta rilevante solo da un punto di vista nosografico, ma rappresenta infatti un elemento fondamentale per un’appropriata prescrizione dei programmi di allenamento e per la scelta delle strategie terapeutiche, da effettuare sempre in considerazione delle normative anti-doping” conclude Matteo Bonini.
Ufficio Stampa AIPO