- Pubblicazione il 01 Dicembre 2014
Non è certo favorevole il parere che il Consiglio di Stato ha fornito sul Decreto ministeriale recante regolamento sulla “Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera”.
Nel parere interlocutorio (n. 03453/2014 del 06/11/2014) il Consiglio di Stato, fra l’altro sottolinea che “resta il dubbio sul fatto che l’intesa con la Conferenza Stato-Regioni […] sia stata raggiunta. Infatti, nel corso della seduta del 5 agosto 2013, nella quale è stata adottata la deliberazione n. 98/CSR, le Regioni hanno consegnato un documento […] cui la deliberazione stessa fa specifico riferimento e contenente proposte emendative alla bozza di regolamento presentato dal Governo. Tali proposte, alcune delle quali espressamente indicate come “irrinunciabili”, o non risultavano accolte […] o non è chiaro se lo siano state […]. In tale situazione la Sezione non può che invitare l’Amministrazione a chiarire la sussistenza o no dell’Intesa e subordinare a tale sussistenza il proprio parere favorevole”.
L’allegato 1 al decreto desta poi “non poche perplessità, in quanto tende a trasformare in cogenti una serie di disposizioni, che spesso non hanno un contenuto prescrittivo, ma si risolvono o in mere motivazioni di scelte adottate o da adottare, in manifestazioni di intenti, in richiami alla letteratura scientifica, in meri programmi, in disquisizioni socio-sanitarie, in digressioni sui percorsi più opportuni, in veri e propri consigli”.
Poi, secondo il Consiglio di Stato, “si dovrebbe tener conto che, del triennio 2014-2016, il primo anno è ormai già interamente trascorso, sicché, se si vuole concedere alle Regioni un triennio per attuare il programma di riduzione della dotazione di posti letto, il triennio stesso dovrebbe essere quello 2015-2017 (anche per questa eventuale modifica dovrebbe tener conto della durata 2014-1016 del Patto della Salute)”
“Infine – prosegue il parere del Consiglio di Stato - se è vero che l’art. 2 contiene la clausola d’invarianza finanziaria, è anche vero che l’adeguamento delle regioni ai suggerimenti contenuti nell’allegato ed il connesso cambiamento/adeguamento di alcune strutture necessario al perseguimento dei fini fissati nell’allegato stesso potrebbe comportare un immediato onere a carico della finanza pubblica, prima di provocare i risparmi attesi”.
Infine una dura annotazione “stilistica”. “Sul piano generale va rilevato come l’intero provvedimento (ivi compreso l’allegato) si caratterizzi per una scrittura assai lontana dai buoni canoni di un periodare piano, comprensibile a prima lettura ed elegante e per un uso assai frequente di acronimi e di espressioni in lingua straniera, il cui ricorrere – secondo le regole della redazione dei testi legislativi – andrebbe vietato”.
Fra le curiosità la seguente stigmatizzazione: “l’Amministrazione dovrebbe decidere se la parola “regioni” debba essere scritta con l’iniziale maiuscola o minuscola”.
Insomma occorre “una rilettura e riscrittura dell’intero testo alla luce dei suddetti criteri, anche se non si mancherà di segnalare alcuni punti in cui quei criteri sono stati evidentemente trascurati”.
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