- Pubblicazione il 27 Novembre 2014
A uccidere è l’aria che respiriamo. Sono 3,7 milioni, nel mondo, i morti a causa di inquinanti, polveri sottili e, più in generale, degli agenti contaminanti presenti nell’atmosfera.
In cinque anni, nei Paesi Ocse, la mortalità legata all’inquinamento è aumentata del 7% e, nel solo 2010, sono stati spesi 780 miliardi di euro per questi decessi.
Questi e altri dati sono stati tema di dibattito e confronto durante il convegno dal titolo “I costi dell’inquinamento atmosferico: un problema dimenticato” organizzato da Fondazione Ca’ Granda Policlinico di Milano, IEFE – Università Bocconi e Associazione Peripato che si è tenuto lo scorso 25 Novembre presso l’Università Bocconi di Milano.
L’interesse degli esperti si è focalizzato sul rapporto fra salute e inquinamento, sull’impatto economico delle polveri sottili sulla salute e sulle strategie da attuare per abbattere i livelli degli agenti inquinanti.
"Secondo il rapporto globale 2014 dell'Organizzazione mondiale della sanità - spiega Pier Mannuccio Mannucci, direttore scientifico del Policlinico - l'inquinamento ambientale è anche responsabile di almeno 600mila morti premature, e incide sui costi per la salute fino a 940 miliardi di euro. Le direttive europee fissano come soglia limite per il PM 2,5, che sono polveri sottili capaci di arrivare fino in profondità nei polmoni, 25 microgrammi per millimetro cubo d'aria: ma le linee guida dell'Oms fissano un limite molto più basso, a 10 microgrammi". L'Agenzia americana per la protezione dell'ambiente (Epa) raccomanda un limite di 12 microgrammi: una soglia molto più simile a quella dell'Oms piuttosto che a quella europea, e che conferma "l'inadeguatezza dei limiti fissati per l'Europa"
Per quanto riguarda il PM10, in Europa la soglia considerata tollerabile è pari a 40 microgrammi, per l’OMS deve essere la metà. "Se guardiamo le soglie europee, il 31% della popolazione è esposta ai pericoli del PM 2,5; ma seguendo la soglia dell'Oms, la popolazione esposta è pari al 96%". Analogamente, per il PM 10 il pericolo riguarda il 33% secondo la soglia europea, ma l'88% secondo i parametri Oms: "Per questo - aggiunge Mannucci - l'Europa dovrebbe abbassare i suoi attuali limiti, fermi da diversi anni. Tra l'altro la Commissione Europea ha stimato che basterebbe spendere 3,3 miliardi di euro nel mitigare l'inquinamento dell'aria perché questo si traduca in un risparmio annuale di almeno 40 miliardi, sia sociale che sanitario".
Secondo Sergio Harari, direttore dell'Unità Operativa di Pneumologia dell'Ospedale San Giuseppe di Milano e presidente dell'Associazione Peripato e socio di AIPO (Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri), "importanti ricerche scientifiche, come gli studi Escape, hanno provato che l'inquinamento causa il cancro al polmone e aumenta il rischio di quello alla vescica, aumenta la mortalità per scompenso cardiaco, riduce il peso alla nascita dei neonati. Sulla base proprio di questi dati, l'Oms e l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro hanno incluso per la prima volta l'inquinamento dell'aria, e soprattutto il particolato sottile, nel gruppo 1 delle condizioni carcinogeniche, il più pericoloso". Inoltre, la crisi economica "non può essere una scusa per rinviare interventi che non sono stati attuati neanche quando la situazione finanziaria era ben diversa. Le politiche dell’aria hanno un costo, ma fanno risparmiare molto in costi socio-sanitari: un recente studio italiano ha dimostrato come a Roma una riduzione di soli 5 µg/m3 di PM 2,5 comporterebbe un risparmio di circa un milione di euro e salverebbe circa 600 vite umane. I cittadini hanno diritto ad un ambiente sano e salubre - conclude Harari - perciò è importante che si mettano in atto tutte le misure utili per contenere al più presto l’inquinamento atmosferico, per il bene della nostra salute ma anche dell'economia".
Il tema del particolato sottile, in particolare delle particelle ultra-fini, ovvero di diametro inferiore a 0.1 micron, ha suscitato grande interesse anche durante il 10 Workshop Internazionale dal titolo: ”Large scale population-based surveys on respiratory health in Italy and Europe” organizzato grazie allo sforzo sinergico di AIPO (Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri), AIE (Associazione Italiana di Epidemiologia) e SISMEC (Società Italiana di Statistica Medica ed Epidemiologia Clinica) tenutosi a Verona il 23 e 24 Ottobre scorsi e coordinato logisticamente da AIPO Ricerche.
In quell’occasione Giovanni Viegi, Direttore dell’Istituto di Biomedicina e Immunologia Molecolare, Consiglio Nazionale delle Ricerche di Palermo, ha tenuto una lezione focalizzata sul tema delle interazioni fra geni e ambiente con un particolare focus sulle particelle ultra-fini.
“Siamo abituati a sentire parlare di PM10 ovvero di particelle di diametro inferiore ai 10 micron e di PM2.5 ovvero di quelle di diametro inferiore a 2.5 micron” ha commentato Giovanni Viegi. “Da una decina di anni si è cominciato a studiare le nano-particelle o particelle ultra-fini. Queste arrivano agli alveoli, superano la membrana alveolo-capillare e penetrano nel sangue. Si tratta di un argomento nuovo dai risvolti inquietanti se si considera che le centraline deputate al monitoraggio delle particelle sottili non sono in grado di rilevarne la presenza” ha concluso l’esperto.
Ufficio Stampa AIPO