- Pubblicazione il 10 Ottobre 2024
Alla fine, dopo dieci anni di gestazione, ha visto la luce: il “Documento di indirizzo sui criteri di appropriatezza per la riabilitazione respiratoria nel paziente adulto” è stato approvato con Delibera della Giunta regionale dell’Emilia-Romagna nel luglio scorso, e segna un passo avanti importante non solo nella valorizzazione della Riabilitazione Respiratoria in ambito pneumologico, ma anche – e soprattutto - ai fini di una gestione appropriata del paziente respiratorio, sia esso acuto o cronico in un’ottica di miglioramento dello stato di salute e della qualità di vita, con indubbi riflessi positivi anche sul consumo di risorse sanitarie.
Per capire meglio la portata del provvedimento abbiamo intervistato il dottor Mirco Lusuardi, Direttore U.O. Riabilitazione Respiratoria e dipartimento Neuromotorio-Riabilitativo dell’AUSL di Reggio Emilia, che in collaborazione con AIPO-ITS/ETS Sezione Emilia-Romagna ha partecipato alla stesura del Documento insieme a Rodolfo Brianti, Direttore Medicina Riabilitativa Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma (in collaborazione con SIMFER, Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa, sezione Emilia-Romagna) e Salvatore Ferro, del settore Assistenza Ospedaliera, Direzione Generale Cura della persona, Salute e Welfare – Regione Emilia-Romagna.
Dottor Lusuardi, qual è in sintesi l’importanza di questo Documento di indirizzo?
“Per rispondere correttamente occorre prima introdurre due premesse. La prima è di carattere scientifico: la Riabilitazione Respiratoria è una branca della Pneumologia che da anni è sostenuta da numerosissime, e molto significative, evidenze scientifiche. Al punto che una Revisione Cochrane del 2015 sugli effetti conclamati della stessa in pazienti BPCO, opera di un gruppo canadese leader mondiale nel settore, ha messo nero su bianco il fatto che non c’è più alcuna necessità di produrre ulteriori evidenze.
Va detto che alla produzione di letteratura scientifica in tema, diversi ricercatori associati ad AIPO-ITS/ETS hanno dato un contributo essenziale: una parte significativa delle evidenze scientifiche sull’argomento, infatti, viene da loro, e la ricerca italiana sul campo è molto articolata: ha prodotto raccomandazioni, linee guida, aggiornamenti e altro. In più l’Associazione ha di fatto partecipato al tavolo regionale che ha portato all’approvazione di questa delibera, offrendo contributi significativi. E qui si arriva alla seconda premessa”.
Cioè?
“Per capire la portata del provvedimento occorre ripercorrerne la storia: il Piano d’indirizzo nazionale per tutte le varie branche della Riabilitazione risale al 2011; questo documento regionale, specifico sulla Riabilitazione Respiratoria, era già pronto nel 2014, ma due giorni prima che il testo fosse presentato ufficialmente, la Giunta regionale cadde, e non riuscimmo a farlo approvare. Il testo è poi stato variamente aggiornato alla luce delle nuove normative via via approvate, e rispolverato in parte per alcuni documenti di patologia (in ottica BPCO o per i pazienti neuromuscolari). Solo quest’anno, però, grazie al lavoro dei colleghi di AIPO e SIMFER regionali e della Direzione generale degli ospedali, è stato approvato in Giunta pochi giorni prima della decadenza del Consiglio Regionale.
Cosa cambia ora?
“Parecchie cose. Innanzitutto, il Documento riconosce una valenza importante alla Riabilitazione Respiratoria (o Pneumologia Riabilitativa, nell’accezione preferita da alcuni Pneumologi), attribuisce un ruolo prioritario alle competenze pneumologiche nella definizione / conduzione del progetto riabilitativo, e definisce degli standard operativi. Anche nell’ambito della Regione Emilia-Romagna convivono situazioni molto diverse: nell’Area Vasta Emilia Nord (che comprende le sei Aziende sanitarie presenti nelle provincie di Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Modena, ndr.) le cose vanno abbastanza bene; nell’Area Vasta Emilia Centro (provincie di Bologna e Ferrara) e Romagna (provincie di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini), invece, l’offerta di Riabilitazione Respiratoria è meno definita e meno strutturata. Questo Documento offre alle Direzioni Generali di Asl e ospedali un percorso da seguire, nel rispetto del Piano Nazionale sulla Cronicità e dei dati sulla epidemiologia delle malattie respiratorie, in modo da arrivare a fornire un’offerta adeguata di Riabilitazione Respiratoria soprattutto sul fronte delle malattie croniche, e non soltanto della BPCO”.
La Regione Emilia-Romagna è pronta a questo passo o dovrà riorganizzarsi?
“La situazione in regione è molto variegata. Avendo a riferimento indirizzi e standard precisi, ogni Direzione Generale potrà ora regolarsi in base alla propria organizzazione e alle risorse economiche ed umane disponibili. Il Documento non contiene indirizzi specifici su pubblico e privato, quindi, l’offerta è organizzabile anche integrandosi con la sanità privata. In campo riabilitativo il divario tra domanda (basata sull’epidemiologia) e offerta è ancora ampio, e per colmarlo serve innanzitutto una battaglia culturale nell’ambito della stessa Pneumologia, oggi più orientata alla gestione dell’acuto rispetto al cronico. Troppo spesso la Riabilitazione Respiratoria è infatti considerata una branca di serie B, un po’ per la pressione delle novità farmacologiche indubbiamente molto significative, un po’ perché grazie alle innovazioni tecnologiche è più facile innamorarsi – studenti in testa - della Pneumologia interventistica o della Terapia intensiva. Ma le proiezioni demografiche sull’invecchiamento della popolazione e l’incremento delle malattie respiratorie sono dalla nostra parte. E soprattutto siamo pneumologi a 360°, gestiamo il cronico come l’acuto, e la stessa Oncologia Toracica, ormai, ci riconosce un ruolo fondamentale, sia nella riabilitazione pre e post-operatoria, sia in fase di follow-up”.
E qui arriviamo ai vantaggi per i pazienti: quali sono i principali?
“A fronte di trattamenti che hanno – come dicevo - solide evidenze scientifiche, i principali vantaggi per i pazienti saranno senz’altro in termini di miglioramento delle capacità fisiche e della qualità di vita, ma anche di una riduzione delle riacutizzazioni e delle ospedalizzazioni, e di una migliore gestione del paziente stesso, soprattutto cronico ma non solo: come il COVID ha ampiamente dimostrato, infatti, la Riabilitazione Respiratoria si è rivelata fondamentale anche per migliorare gli esiti dei pazienti con polmonite da SARS-CoV-2. La nostra disciplina copre uno spettro amplissimo di casi, dagli acuti ai cronici, dalle patologie polmonari a quelle respiratorie di origine extra-polmonare e meriterebbe ben più attenzione nel panorama pneumologico e non soltanto. Anche se qualche aspetto critico su cui lavorare rimane”.
Ad esempio?
“In Italia una delle criticità maggiori è la mancanza di percorsi formativi dedicati a fisioterapisti di area respiratoria, presenti invece all’estero e in particolare nei Paesi anglosassoni. A Milano c’è un Master in Fisioterapia Cardiorespiratoria e di Area Critica di ARIR (Associazione Riabilitatori dell’Insufficienza Respiratoria), molto conteso e purtroppo non in grado di far fronte al fabbisogno di competenze ed expertise. Abbiamo una ridottissima disponibilità di terapisti con competenze respiratorie, e questo ha causato le mie più grandi difficoltà negli ultimi 20 anni: nella nostra struttura presso l’ospedale di Correggio ci occupiamo soprattutto di pazienti tracheotomizzati e ventilati, e se nel Reparto di alta complessità abbiamo potuto fare gli investimenti opportuni, purtroppo sul fronte ambulatoriale questa situazione ci ha consentito poco margine di manovra. E un altro fronte da potenziare con convinzione è quello della Teleriabilitazione Respiratoria: uno degli aggiornamenti che il Documento ha subito nel corso del tempo, infatti, riguarda proprio il Decreto 77 e i servizi di telemedicina finanziati dal PNRR: viene prevista la possibilità di effettuare Riabilitazione Respiratoria al di fuori dell’ospedale, nelle Case di Comunità o al proprio domicilio, anche tramite servizi di Teleriabilitazione; e questa è un’innovazione che potrebbe portare grandi benefici ai pazienti con difficoltà di accesso alle strutture, o per logistica o per scarsità di risorse. Ma in questo abbiamo ancora parecchio lavoro da fare”.
Alessandra Rozzi
Ufficio Stampa AIPO-ITS/ETS