- Pubblicazione il 14 Marzo 2024
Il sonno, questo sconosciuto. Domani, 15 marzo, sarà celebrata, come ogni anno dal 2008 nel venerdì che precede l’equinozio di primavera, la Giornata Mondiale del Sonno. Eppure, pochi conoscono la reale portata sulla salute – fisica, psichica e mentale – delle ore che trascorriamo “in braccio a Morfeo”, tanto che i dati AIMS (Associazione Italiana di Medicina del Sonno) 2023 quantificano in 13,4 milioni gli italiani che soffrono di insonnia, con un 46% degli interessati che non fa nulla per risolvere il problema. Di questi insonni, il 60% sono donne e il 20% - una percentuale elevata – bambini o adolescenti. Già nel 2020, del resto, una ricerca ISS (Istituto Superiore di Sanità) in collaborazione con Università Bocconi, Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri e Doxa – e pubblicata su Scientific Report – fotografava un 30% di Italiani con numero di ore di sonno insufficiente (meno di sei) e un 14% di connazionali insoddisfatti della qualità del proprio sonno.
Per saperne di più abbiamo intervistato Anna Lo Bue, specialista Neuropsichiatra Infantile, esperta in Disturbi respiratori nel Sonno – Medicina del Sonno, ricercatrice all’Istituto di Farmacologia Traslazionale IFT del CNR di Palermo.
Dottoressa Lo Bue, quali sono i disturbi del sonno più diffusi? E che ruolo ha la Giornata Mondiale del Sonno?
“Il sonno in medicina ha una grande importanza, e questa importanza è riconosciuta da tempo. Ma occorre che se ne sappia di più, occorre creare una vera e propria cultura del sonno. In questo la Giornata Mondiale assume un significato rilevante. I disturbi del sonno sono catalogabili in due macroaree. La prima riguarda i disturbi che derivano da una privazione del sonno: su questo fronte è importante conoscere le funzioni del sonno stesso, e quindi le conseguenze sulla salute che derivano dalla sua assenza o dalla sua frammentazione. In quest’ottica assume grande rilievo l’aspetto educazionale, occorre creare una cultura del sonno fin dalla più tenera età: oggi il sonno è considerato quasi esclusivamente un’attività ‘passiva’, e da questo derivano parecchi disastri. La seconda macroarea di disturbi fa capo all’epidemiologia delle malattie del sonno: le apnee ostruttive notturne, ad esempio, riguardano il 9-38% della popolazione adulta, a seconda del grado di severità, e il 3-4% dei bambini. Quanto all’insonnia, basti considerare che le benzodiazepine sono i farmaci più usati nel mondo”.
L’età può essere considerata una variabile rilevante nei Disturbi del Sonno?
“Assolutamente sì. Le patologie del sonno che intervengono nell’età dello sviluppo possono avere serie conseguenze sulla personalità e sull’evoluzione di bambini e ragazzi. In età neonatale e nella prima età pediatrica il sonno svolge una funzione fondamentale, perché tutti gli strumenti di maturazione dell’organismo si attivano durante il sonno: quindi è importante identificare subito eventuali disturbi del sonno e impostare una terapia adeguata, modificando, naturalmente in meglio, l’evoluzione del bambino. Pensiamo alle apnee notturne infantili: in questa classe di età la patologia non si manifesta con la classica sonnolenza diurna, come accade negli adulti; al contrario, nel bambino le apnee ostruttive stimolano un’iperattività che può essere facilmente confusa con ADHD (Attention deficit hyperactivity disorder). In realtà la correlazione tra sintomo e sonno è poco nota, sia a livello di pediatri che di personale scolastico che di famiglie. Invece basterebbe poco – a volte una tonsillectomia, a volte un piccolo intervento sulla conformazione orale del piccolo – per risolvere definitivamente il problema e permettere al bambino una crescita sana.
Qual è la situazione negli adulti?
“In questa classe di età gli studi dimostrano che una carenza in quantità o in qualità del sonno profondo può portare a disturbi neurocognitivi, o addirittura favorire la demenza: il sonno, infatti, è il principale pulitore del sistema nervoso centrale. Durante la veglia riceviamo in continuazione informazioni, che si accumulano e che vanno poi in qualche modo ‘filtrate’, scartando quelle superflue; e va scartato anche l’eccesso di una proteina – la Beta-amiloide – che in caso di sonno insufficiente o di scarsa qualità si accumula nell’organismo. Bene, è importante sapere che l’accumulo di questo peptide è correlato alla malattia di Alzheimer, e che i pazienti con quantitativi più alti di Beta-amiloide mostrano una progressione più rapida della patologia. Ma il sonno riguarda in realtà tutti gli ambiti della medicina e della salute: vero è che le discipline direttamente interessate sono la Pneumologia e la Neurologia, ma i disturbi di questa sfera hanno conseguenze metaboliche, cardiovascolari, e non solo. Si pensi alle apnee notturne, che recenti studi dimostrano correlate a una diminuzione della densità ossea, ai tumori: e non è un caso, perché il disturbo respiratorio nel sonno causa una minore ossigenazione e un maggiore stress ossidativo a livello cellulare, con conseguenze un po’ su tutti gli organi e apparati. Senza contare che il sonno è pesantemente legato all’umore. Sonno e umore hanno una base neurobiologica comune: dipendono dai circuiti neurotrasmettitoriali che regolano la serotonina, neurotrasmettitore al centro delle ricerche sulle basi biochimiche della depressione e precursore della melatonina, principale regolatore del sonno.
Stesso discorso vale per la correlazione tra sonno e alimentazione: durante il sonno l’organismo rilascia leptina, l’ormone della sazietà, e inibisce il rilascio di grelina, che invece stimola il senso dell’appetito e quindi la ricerca di cibo. Ovvio notare come queste correlazioni diventino determinanti in un’età delicata come quella adolescenziale”.
Cosa si può fare di fronte a una diagnosi di apnea ostruttiva nel sonno?
“Occorre innanzitutto identificare la migliore strategia d’intervento in base alla fenotipizzazione del soggetto: le indicazioni, dopo questo primo step, possono andare dalla riduzione del peso corporeo all’utilizzo del CPAP, il dispositivo a pressione positiva continua da indossare durante tutte le ore di sonno. Negli adulti uno dei sintomi associati alle apnee è la sonnolenza diurna: la terapia scelta per le apnee va monitorata, perché spesso si assiste al permanere di una sonnolenza residua, sulla quale si può agire farmacologicamente. Nei bambini, essendo l’ipertrofia adenotonsillare uno dei principali fattori di rischio, un intervento di adenotonsillectomia è tra le principali opzioni terapeutiche”.
Il capitolo della formazione sembra fondamentale a tutti i livelli…
“Lo è, assolutamente. Quando dico che occorre creare una cultura del sonno, questo vale per tutte le età e a tutti i livelli: occorre formare i clinici. Per questo AIPO-ITS/ETS organizza a Mondello ogni primavera, ormai da molti anni, un Corso di Formazione in Disturbi Respiratori nel Sonno che riscuote sempre molto interesse, e che è parte di un percorso che prevede la frequenza di un ulteriore corso di approfondimento che viene tenuto anche a Milano in autunno, che con una frequenza pratica forma clinici preparati sul tema i quali, superato un esame finale, entrano a far parte di un Albo Esperti in DRS consultabile sul sito AIPO-ITS/ETS e disponibile ai cittadini. E occorre, naturalmente, una formazione rivolta al cittadino e – fondamentale – ai bambini e ai ragazzi, alle scuole: in quest’ultimo caso AIPO-ITS/ETS ha previsto una serie di interventi e seminari nelle scuole secondarie di primo e secondo grado da parte di clinici esperti, per far comprendere ai più giovani l’importanza del sonno e le conseguenze della sua mancanza. Ai dirigenti scolastici è stata inviata una lettera d’invito, e molti di noi saranno presenti, il 15 marzo prossimo, negli istituti che hanno aderito: io stessa sarò al Liceo Scientifico Cannizzaro di Palermo, dove ho chiesto di poter parlare di fronte ad alunni di tutte le fasce di età, in modo che l’informazione raggiunga indirettamente anche un ventaglio ampio di insegnanti”.
Esistono regole-base di igiene di vita che possono essere utili a tutti per un sonno migliore? Un sondaggio Ipsos del 2023 afferma che una persona su tre usa device elettronici prima di dormire, contro un ridotto 14% che preferisce leggere un buon libro
“Certo: la regola di condurre uno stile di vita sano, non sedentario, attivo, che allontana anche patologie cardiologiche o metaboliche come il diabete di tipo 2, vale per tutti. Quanto a smartphone, tablet e PC, costituiscono un enorme problema: esporsi a stimolazioni luminose prima di dormire inibisce la produzione di melatonina, e quindi la capacità di addormentamento. Inoltre, il continuo stato di allerta causato dai videogiochi o dalla semplice attesa della risposta in una chat è causa di sonno difficile e di bassa qualità. L’utilizzo dei device elettronici andrebbe sospeso alcune ore prima di coricarsi”.
Chi soffre di disturbi del sonno va soggetto anche a disturbi “del sogno”?
“Qui si apre un capitolo di ricerca molto interessante. Il sogno ha la funzione di ridurre la componente emotiva del vissuto, funziona come un filtro che analizza l’emotività di chi dorme e attenua la componente emotiva correlata. Non a caso la sapienza popolare dice che la notte porta consiglio, o che deve passare la nottata. Questa funzione del sogno è prevalentemente associata al sonno REM (“Rapid Eye Movement”). Quando il sonno è di scarsa qualità, o interrotto continuamente da disturbi come le apnee notturne, la fase REM si contrae, il paziente ha la sensazione di non sognare più, e possono presentarsi irritabilità e disturbi dell’umore. Non è un caso se durante la terapia i pazienti, in genere, ricominciano a sognare”.
Alessandra Rozzi
Ufficio Stampa AIPO-ITS/ETS