- Pubblicazione il 19 Settembre 2023
Un’infezione batterica su cinque è resistente all’azione degli antibiotici. A dirlo il nuovo report dell’Ocse “Embracing a One Health Framework to Fight Antimicrobial Resistance”.
I più esposti a questo fenomeno sono gli anziani. Nelle persone di età superiore ai 65 anni, due decessi su tre sono riconducibili alla resistenza antimicrobica.
Le infezioni resistenti alle cure farmacologiche oggi disponibili causano ogni anno circa 79 mila decessi nei Paesi Ocse, circa 6.500 solo in Italia.
Le infezioni prese in ambito sanitario rappresentano oltre il 60% dei decessi correlati a questo fenomeno.
Per quanto riguarda l’Italia, la percentuale di K. Pneumoniae resistente ai carbapenemi è passata dall’1 al 31% dal 2009 al 2019, mentre quella relativa alla P. aeruginosa resistente ai carbapenemi è diminuita passando dal 35 al 19% nello stesso arco temporale.
l rapporto stima che, se non controllata, la resistenza agli antimicrobici di terza linea – i farmaci di ultima istanza contro le infezioni difficili da trattare – potrebbe essere 2,1 volte più elevata entro il 2035 rispetto al 2005. Ciò significa che i sistemi sanitari saranno più vicini all’esaurimento delle opzioni per curare i pazienti affetti da una serie di malattie come la polmonite e le infezioni del sangue. In alcuni Paesi, come Grecia, India e Turchia, si prevede che oltre il 40% di tutte le infezioni causate dalle 12 combinazioni antibiotici-batteri studiate dall’Ocse diventeranno resistenti ai medicinali entro il 2035.
Il costo del trattamento delle complicanze dovute a infezioni resistenti può superare i 28,9 miliardi di dollari ogni anno, tenendo conto della parità di potere d’acquisto in 34 Paesi Ocse e Ue/See. Per fare un confronto, nei 17 Paesi per i quali sono disponibili dati, la spesa sanitaria totale sostenuta ogni anno a causa della resistenza antimicrobica ammonta a circa il 19% della spesa sanitaria totale dovuta al trattamento dei pazienti affetti da COVID-19 nel 2020.
Ufficio Stampa AIPO-ITS