- Pubblicazione il 03 Febbraio 2022
Incoraggianti i primi risultati dello studio RESCAT (“Studio prospettico randomizzato multicentrico di fase I/IIa sull’impiego di cellule stromali mesenchimali allogeniche nel trattamento di pazienti affetti da polmonite da SARS-CoV-2”) finalizzato a valutare l’efficacia dell’infusione di cellule stromali mesenchimali (MSC) in pazienti ospedalizzati colpiti da COVID-19 con interessamento polmonare. Le cellule stromali mesenchimali sono un tipo particolare di cellule staminali in grado di esercitare un effetto antinfiammatorio andando quindi potenzialmente a contrastare l’infiammazione provocata dal virus e la progressione della malattia spegnendone l’amplificazione infiammatoria.
L’ente promotore dello studio è l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena insieme all’Università di Modena e Reggio Emilia, ma vede la adesione di vari enti quali gli Ospedali Meyer e Careggi di Firenze, il Policlinico Irccs Ca’ Granda di Milano con l’Ospedale COVID di Milano Fiera, l’Ospedale San Gerardo di Monza con la Fondazione Centro di ricerca Tettamanti e con l’Università di Milano-Bicocca, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona e l’ULSS 8 Berica di Vicenza, centri nei quali si stanno completando le pratiche amministrative locali e, in alcuni di essi, si sta avviando l’arruolamento dei pazienti proprio in queste ultime settimane. Lo studio ha potuto beneficiare di un cofinanziamento della Regione Emilia-Romagna, della Fondazione di Modena e della Fondazione Cassa di Risparmio di Mirandola.
“Obiettivo di questo studio randomizzato – spiega il Prof. Massimo Dominici di Modena, oncologo e principal investigator dello studio - è quello di completare l’arruolamento di 60 pazienti (40 trattati e 20 come gruppo di controllo) ricoverati e seguiti nei reparti COVID degli ospedali coinvolti. Il protocollo clinico nel braccio di trattamento prevede due infusioni endovenose di MSC allogeniche a distanza di 5 giorni l’una dall’altra e il rilevamento dei parametri clinici e biologici per la valutazione della sicurezza e della efficacia di questa terapia biologica sperimentale”. L’analisi dei biomarcatori è affidata aIl’Istituto Mario Negri di Milano e la Fondazione Centro di ricerca Tettamanti.
Uno studio così complesso, sia per la necessità di coinvolgere più centri che per la raccolta e analisi dei dati, richiede un grande sforzo organizzativo, affidato al centro coordinatore di Modena. Lo studio RESCAT, è partito un anno fa e vanta da subito due importanti primati: è il primo studio italiano che utilizza MSC per il trattamento della polmonite associata a COVID-19, ed è il primo al mondo a confrontare fonti diverse di MSC (da cordone ombelicale, tessuto adiposo e midollo osseo) all’interno della stessa sperimentazione clinica a seconda dei centri e delle sedi di produzione delle cellule.
“In effetti lo sforzo messo in campo è importante e richiede un lavoro di squadra molto accurato. – spiega il Prof. Enrico Clini, coordinatore nazionale del progetto – Anzitutto occorre una rigorosa selezione della casistica che esclude pazienti che abbiano già sviluppato una progressione avanzata di malattia, oltre a una serie di verifiche biologiche di compatibilità con la infusione di MSC, tenuto conto delle potenziali controindicazioni al loro utilizzo nell’individuo adulto.”
Ad oggi sono 4 i pazienti arruolati nel centro coordinatore di Modena, di cui 3 sottoposti al braccio di trattamento sperimentale: l’ultimo di loro ha ricevuto pochi giorni fa la seconda infusione. “Tutti questi primi pazienti trattati con MSC sono stati dimessi entro i successivi 7-10 giorni – continua il Prof. Enrico Clini – e hanno ottenuto una progressiva riduzione fino a divezzamento del supporto di ossigeno, nessuna necessità di upgrade di cura con sistemi di ventilazione non-invasiva o invasiva, nessun effetto collaterale collegabile all’infusione delle cellule. Questi e tutti i futuri pazienti inclusi in RESCAT proseguiranno uno stretto follow-up fino a 6 mesi dopo la dimissione.”. L’utilizzo di MSC, per ora sperimentale, si affianca pertanto ai farmaci più tradizionali raccomandati da AIFA (principalmente cortisone ed eparina a basso peso molecolare) che vengono attualmente impiegati in questa condizione clinica fin dal momento della ospedalizzazione.