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Polmonite da coronavirus, accertati i primi casi in Italia. L'intervista all'esperto

Intervista al Professor Giovanni Di Perri, Direttore della Clinica di Malattie Infettive dell’ospedale Amedeo di Savoia di Torino

Professore, quali sono i sintomi della polmonite da coronavirus?

Innanzitutto è importante sottolineare che il soggetto può essere asintomatico ma potenziale diffusore del virus. Questo ci risulta da un documento tecnico pubblicato da clinici cinesi. I sintomi sono tosse, febbre e difficoltà respiratorie e, in frequenza minore, disturbi gastrointestinali.  A questi si associano alterazioni di laboratorio quali leucopenia, linfopenia e ipertransaminasemia. Rispetto all’influenza questa infezione presenta una peculiarità, ovvero le vie aeree superiori sembrano coinvolte in misura minore. Sulla base dei dati disponibili possiamo ammettere che l’infezione sostenuta da questo nuovo coronavirus ha verosimilmente una letalità intorno a valori del 2-3% (soprattutto a carico di soggetti più anziani ed affetti da comorbidità), ma il progredire dei numeri ci suggerisce un’elevata contagiosità inter-umana.

Professore, cosa ci può dire riguardo a questo virus?
Il coronavirus è un virus già noto. Lo conosciamo da oltre 20 anni. E’ responsabile del 15-20% dei raffreddori comuni. Si tratta di un agente patogeno incline a mischiare il proprio patrimonio genetico con quello di altri coronavirus di derivazione animale. E’ quello che è successo in Cina nel 2002 e che ha dato origine all’epidemia della Severe Acute Respiratory Syndrome (SARS). In quel caso l’animale che aveva il virus che poi si è combinato con quello umano era lo zibetto, mammifero carnivoro che vive nel sud est asiatico. L’epidemia della SARS, che si è conclusa nel 2004, provocò una mortalità del 10-12%. C’è un’altra epidemia, tuttora in corso, causata da un coronavirus. E’ la MERS (Middle East Respiratory Syndrome) con una mortalità del 37% in paesi quali Arabia Saudita, Emirati Arabi. In questo caso l’animale coinvolto nella trasmissione del virus è il dromedario.

Il coronavirus che sta causando la polmonite in Cina e che si sta diffondendo in questi giorni in tutto il mondo presenta vari gradi di identità molecole con i virus responsabili delle epidemie prima citate. Rispettivamente il 79% con quello della SARS e il 50% circa con quello della MERS. Dalle informazioni pervenute sembra che l’ospite, che avrebbe ceduto il proprio coronavirus per l’ibridazione con quello umano, sia il pipistrello ma non si escludono passaggi intermedi mediati da altri animali. Il tempo di incubazione è circa una settimana. E’ stato identificato come focolaio dell’infezione il mercato ittico della città di Wuhan, in Cina. In effetti i primi soggetti contagiati erano stati al mercato ittico in questione. Da lì, l’epidemia si è diffusa raggiungendo soggetti che non avevano frequentato quel luogo ma che, presumibilmente, avevano avuto contatti con individui che lì avevano transitato.  

A che punto siamo con i test per la diagnosi?

E’ stato sequenziato il genoma di questo virus e, su questa base, sono in corso di allestimento test commerciali per la diagnosi. Nel frattempo i laboratori individuati a vario livello per la diagnosi operano in proprio sulla base dell’identità molecolare del virus. E’ possibile effettuare il test diagnostico attraverso un semplice tampone delle vie respiratorie naso-faringee.

Come è la situazione in Italia?

In Italia siamo pronti a intervenire tempestivamente. Sono alti i livelli di vigilanza e di allerta. Fino ad ora (01/02/2020) ci sono due casi di infezione accertata. Di fronte a casi sospetti le Regioni sono invitate a segnalarli tempestivamente al Dipartimento di Sanità Pubblica. Ci stiamo preparando disegnando i percorsi di cura più utili per i pazienti sospetti e per i loro familiari. Come in tutte le situazioni è opportuno mantenere un approccio ragionato, in pronto soccorso o nelle strutture identificate come idonee a gestire l’emergenza, e non lasciare che a prevalere siano sentimenti di paura o inutili allarmismi. E’ opportuno ricordare che siamo nella stagione invernale e la diagnostica differenziale che viene a porsi comprende ovviamente l’influenza e le altre forme di insulto infettivo alle vie aeree. A tal proposito l’emergenza in corso deve stimolare ad una puntuale attuazione di quelle forme di prevenzione già note, vale a dire la vaccinazione antiinfluenzale, la vaccinazione anti-pneumococcica e l’uso dei lisati batterici, secondo le indicazioni approvate in proposito.

Ufficio Stampa AIPO