- Pubblicazione il 24 Maggio 2019
Il fumo di sigaretta è un fattore di rischio importante non solo per le malattie dell’apparato respiratorie ma anche per quelle cerebrovascolari. Se ne è parlato nei giorni scorsi a Milano presso la Regione Lombardia nel corso di un incontro dal titolo “Fumo e ictus” che ha visto come relatori Silvio Garattini, presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri; Domenico Inzitari, dell’Università degli Studi di Firenze; Eugenio Parati, della Fondazione Irccs Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano e Giulia Veronesi, responsabile della sezione di chirurgia robotica toracica e del Progetto SMAC dell’Istituto Clinico Humanitas.
AIPO, da sempre attenta alla prevenzione e alla promozione di stili di vita volti a indurre la disassuefazione dall’abitudine tabagica, era presente all’evento.
Uno dei principali obiettivi dell’incontro è stato quello di mettere in evidenza l’importanza del fattore prevenzione.
Nel suo intervento Silvio Garattini ha sottolineato come il fumo sia percepito dal 95% degli italiani come fra le principali cause di tumore ma solo il 25% ritiene che sia un fattore di rischio importante per l’ictus. Sul banco degli imputati certamente la nicotina che provoca calcificazione a livello dei vasi e conseguente formazione di placche aterosclerotiche. Da questo punto di vista, come ricordato da Garattini, il fumo è molto più pericoloso del colesterolo. Per quanto riguarda la cessazione dell’abitudine tabagica, uno studio condotto su medici inglesi ha messo in evidenza come coloro i quali avevano smesso di fumare hanno vissuto 10 anni in più rispetto ai fumatori incalliti.
Domenico Inzitari Presidente del Comitato Scientifico di Alice Onlus, la Federazione delle Associazioni per la Lotta all’ictus Cerebrale in Italia, ha messo in evidenza come nel nostro Paese manchi una vera informazione sull’ictus. Il 25% degli italiani non sa quale organo colpisca. C’è pertanto una forte esigenza di aumentare la consapevolezza del rischio. Su 200 mila nuovi casi di ictus che si verificano ogni anno in Italia, oltre diecimila riguardano persone di età inferiore ai 50 anni in piena attività lavorativa e sociale. Principali fattori di rischio per l’ictus giovanile sono il fumo, l’abuso di alcol e di droghe, un’errata alimentazione con eccessive calorie e ricca di grassi animali, la scarsa attività fisica. Per l’ictus nell’adulto e nell’anziano entrano in gioco altri fattori quali l’ipertensione, diabete e malattie del cuore. In particolare, la fibrillazione atriale ovvero un’irregolarità del ritmo cardiaco può moltiplicare il rischio di ictus. Le donne devono temere l’ictus più dell’uomo. Le donne colpite da ictus sono il 20% in più rispetto ai maschi. In particolare, le donne fumatrici e quelle che soffrono di emicrania con aura presentano un rischio di ictus 30 volte maggiore rispetto agli uomini. A questi fattori si aggiungono altre variabili ormonali tipiche della vita della donna, in cui la vulnerabilità è più accentuata come dopo la menopausa e, sicuramente, l’impiego di contraccettivi orali.
Eugenio Parati ha sottolineato gli effetti negativi della nicotina che provoca vaso costrizione e una conseguente ridotta perfusione a livello cerebrale. Parati ha evidenziato come presso i laboratori di ricerca del Besta si stiano esaminando sistemi di valutazione del livello di vascolarizzazione del cervello. Una caratteristica che è diversa in ogni individuo. Una valutazione di questo tipo può portare ad avere una maggiore consapevolezza del profilo di rischio di ciascuna persona. Parati ha inoltre sottolineato la funzione psicoattiva della nicotina che, per sua natura, crea nell’individuo un fenomeno di dipendenza psicologica e fisiologica. E’ fondamentale puntare sulla formazione dei giovani e sull’importanza di adottare stili di vita corretti.
Giulia Veronesi, ha spiegato come da anni il suo lavoro si sia concentrato sulla diagnosi precoce del tumore. Gli esperti di Humanitas hanno messo a punto un percorso dedicato alla diagnosi chiamato SMAC (Smokers Health Multiple Action) che consiste in un questionario e un incontro con il paziente, per conoscere le sue abitudini, una tac toracica, una spirometria e in caso di bisogno incontri con gli psicologi del Centro Antifumo Humanitas.
Il programma di screening SMAC si rivolge a uomini e donne sopra i 55 anni, tendenzialmente forti fumatori o ex fumatori che hanno fumato almeno fino a 15 anni prima oltre 20 sigarette al giorno per molti anni. Esami e analisi non invasive che hanno l’obiettivo di individuare eventuali lesioni polmonari allo stadio iniziale. Giulia Veronesi ha spiegato come il programma Smac consista in “una tac toracica a basso dosaggio, che ha una sensibilità molto elevata in grado di individuare piccoli noduli polmonari, una spirometria che quantifica il danno funzionale dell’apparato respiratorio e un’attività antifumo per la prevenzione primaria”, che prevede anche il consulto con psicologi del Centro Antifumo Humanitas.
Con la TAC di screening possiamo rilevare calcificazioni coronariche che sono un importante fattore predittivo di eventi cardiovascolari. Aggiungere questo fattore ci consente di allargare il profilo di rischio. Si fa prevenzione attraverso la valutazione del calcio coronarico. Il programma SMAC consente di associare diagnosi precoce e prevenzione primaria.
I relatori presenti hanno messo in evidenza tre punti importanti: l’impegno della sanità pubblica in azioni volte a favorire la formazione degli studenti, un maggiore coinvolgimento dei mass media per favorire una migliore consapevolezza dei rischi e un’attività educativa rivolta al grande pubblico volta a far comprendere come il fumo non debba essere considerato una moda.
Ufficio Stampa AIPO