- Pubblicazione il 09 Maggio 2019
La salute delle popolazioni migranti, pur essendo fragile, è sostanzialmente buona e non rappresenta un pericolo per lo stato di salute delle popolazioni dei paesi ospitanti.
E’ quanto emerso dal documento dal titolo “Rapporto sulla salute dei rifugiati e dei migranti nella regione europea dell’OMS” presentato nei giorni scorsi a Roma presso la sede del Ministero della Salute e frutto del lavoro sinergico di Ministero, Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della povertà (INMP).
Il Rapporto fornisce un’istantanea dello stato di salute dei rifugiati e dei migranti prendendo le mosse dai dati emersi da più di 13000 pubblicazioni a partire dal 2014, relative allo stato di salute di rifugiati presenti nei 53 paesi della Regione Europea dell’OMS.
“L’esame di circa 13000 documenti sanitari provenienti dai Paesi della Regione Europea dell'Oms dimostrano che non c'è un aumento della trasmissione delle malattie infettive da parte della popolazione migrante” spiega il Ministro della Salute Giulia Grillo. "Ricordiamo che dei circa 90 milioni di migranti presenti nella regione Europea solo il 7% è rappresentato da rifugiati e richiedenti asilo, quindi la percentuale è abbastanza bassa. Anzi i migranti che hanno tassi di mortalità più bassa per malattie come le neoplasie che per noi rappresentano il più grande problema dal punto di vista della mortalità, acquisiscono i problemi di salute del territorio dove vanno ad abitare".
Dall'analisi emerge che la maggior parte delle evidenze scientifiche raccolte si concentra sulle malattie infettive, mostrando che i rifugiati e i migranti possono essere più vulnerabili sia nei luoghi di origine, sia di transito che di destinazione, a causa, ad esempio, dell’alta prevalenza di malattie infettive in alcuni Paesi di partenza, dei problemi nell'accesso ai servizi sanitari o di condizioni di vita deprivate nei Paesi di transito e destinazione. Ma risulta anche che vi è un rischio molto basso di trasmissione di queste malattie alla popolazione dei Paesi ospitanti.
Infatti, la maggior parte di coloro che giungono nei Paesi europei è sostanzialmente in buona salute, confermando l’ipotesi del “migrante sano”, legata alle buone condizioni di tali individui alla partenza. L’Italia, grazie al servizio sanitario universalistico di cui dispone, è in grado di fornire risposte efficaci in termini di individuazione precoce e trattamento, prendendosi cura della salute dei singoli e garantendo la salute delle comunità.
Dal rapporto emerge inoltre un rilevante numero di altre condizioni di salute che possono rappresentare un carico di malattia per il migrante, sulle quali, però, vi è necessità di un ulteriore approfondimento: le malattie non trasmissibili, le problematiche legate alla salute mentale, alla salute materno-infantile e a quella occupazionale. Tali problemi tendono spesso ad acuirsi per i migranti con il passare del tempo di permanenza nel Paese ospitante, a causa dell’esposizione continua a determinanti sociali negativi, specie laddove il sistema di integrazione risulti carente.
Molte malattie non trasmissibili, ad esempio, tra i rifugiati e i migranti appena giunti, sembrano avere tassi di prevalenza più bassi rispetto alla popolazione che li ospita, ma i due tassi iniziano a convergere man mano che aumenta la durata del soggiorno del migrante nel Paese; questo è particolarmente evidente per l'obesità. Inoltre, sebbene i rifugiati e i migranti abbiano un rischio più basso per quasi tutte le neoplasie, è più probabile che queste possano essere diagnosticate in una fase più tardiva rispetto alla popolazione ospite.
La salute mentale del migrante, che di suo può già risentire di esperienze traumatiche legate al percorso migratorio, può addirittura peggiorare, come nel caso della depressione, una volta raggiunto il Paese di destinazione, per via delle cattive condizioni socioeconomiche e dell’isolamento sociale.
Ancora, il rapporto sottolinea come i migranti nei luoghi di lavoro mostrino, tra gli uomini, incidenti più frequenti rispetto ai cittadini residenti, con condizioni di impiego e di accesso alla protezione sociale e sanitaria molto difformi.
Anche i risultati sulla salute materno-infantile mostrano esiti peggiori correlati alla gravidanza tra le donne migranti, mentre i fattori protettivi possono essere legati sia alla persona, quali il livello di istruzione o la conoscenza della lingua, sia all’efficacia delle politiche di integrazione
Infine, le evidenze disponibili in tema di accesso ai servizi sanitari descrivono un quadro variegato nella Regione Europea, che dipende da molti fattori: tra questi, lo status giuridico - in particolare la condizione di regolarità nel Paese, l’organizzazione stessa dei servizi e la loro gratuità.
In conclusione, il rapporto mostra come le malattie infettive abbiano ricevuto maggiore attenzione nella letteratura scientifica, ma cresce la consapevolezza che esiste una vasta gamma di problematiche sanitarie, come le malattie non infettive, la salute materno-infantile e la salute dei lavoratori, che richiedono politiche mirate e culturalmente orientate. Occorre, pertanto, rafforzare la raccolta delle evidenze, la collaborazione intersettoriale e multidisciplinare, nonché i sistemi informativi nazionali; è necessario, infine, abbattere le barriere d’accesso ai servizi sanitari, con l’obiettivo di una sempre maggiore equità nella salute ed efficacia delle politiche di sanità pubblica.
Ufficio Stampa AIPO