- Pubblicazione il 27 Settembre 2018
C’è una formazione che passa attraverso l’esperienza lavorativa di ogni giorno. Nel Regno Unito per indicare il riconoscimento delle competenze ed esperienze acquisite sul campo si utilizza la seguente espressione “Accreditation of Prior Experiential Learning”.
Significa dare valore a una tipologia di formazione e apprendimento non certificati. Una pratica diffusa nel Regno Unito e in altri paesi Europei dove è considerata fondamentale ai fini della crescita professionale del medico.
Arriva la proposta di introdurre questa modalità anche in Italia. Ad avanzare la proposta è stata la Commissione mista Centro Studi e Area Formazione della FNOMCeO in occasione delle “Giornate della formazione medica” organizzate dall’OMCeO di Bari e dalla FNOMCeO.
In questa occasione è stata richiamata l’attenzione sulla necessità di valorizzare le conoscenze e il bagaglio di esperienze che il medico acquisisce sul campo, nel corso della sua esperienza in studio, in corsia o in sala operatoria.
A parlarne, ai microfoni di Sanità Informazione, è stato Franco Lavalle, vicepresidente OMCeO Bari e membro dell’Osservatorio Nazionale dell’Age.na.s., che parla di questa modalità di riconoscimento delle competenze come di una “necessità che nasce da parte del medico per avere cognizione delle proprie capacità e da parte del paziente per conoscere le competenze del professionista che ha di fronte”.
Ma come si concretizza questa procedura? Il professionista viene invitato a redigere un report aggiornato con tutte le esperienze maturate che certifichi le sue competenze attraverso un meccanismo slegato dall’educazione continua in medicina (ECM).
“Un professionista dopo gli esami di Stato non si rivalida più – spiega Franco Lavalle -, cioè non fa nessun atto che possa dimostrare che sia adeguatamente preparato per poter continuare a fare il proprio lavoro. Noi proponiamo una metodica che a livello sperimentale non è obbligatoria ed è fatta su base volontaria, attraverso cui ogni collega si può cimentare dimostrando cosa negli ultimi anni ha fatto a livello professionale e a livello curriculare”.
Quali competenze? “Per esempio lauree successive, master di specializzazione, corsi di approfondimento, cioè attività professionali e professionalizzanti (non ECM), che possono inserirsi nell’ambito di un percorso che giungerà a una valutazione indicativa utile al professionista per capire dove migliorare”.
Qual è l’obiettivo? Questo meccanismo è utile al professionista “per formarsi essenzialmente nel proprio campo di competenza – prosegue il vicepresidente -. Indirizzarlo a migliorare sempre più la sua formazione lo porterà a mettersi a servizio dell’utenza in maniera più compiuta”.
“Se la Federazione validasse questo meccanismo come qualcosa di utile e necessario – conclude Lavalle -, presto sul sito di ogni Ordine verrebbe pubblicata una piattaforma su cui ogni professionista avrebbe la possibilità di auto-valutarsi non in maniera punitiva ma in modo stimolante e costruttivo”.
Fonte: Sanità Informazione
Ufficio Stampa AIPO