- Pubblicazione il 29 Marzo 2018
Il 24 Marzo scorso, in occasione della Giornata Mondiale della Tubercolosi istituita dall’OMS, si è tenuto a Milano, nella splendida cornice di Palazzo Marino, il convegno interdisciplinare “TB e HIV: due storie parallele. Impatto dei flussi migratori”.
La tubercolosi è stato il primo killer infettivo nel 2016 e la principale causa di morte nelle persone affette da HIV. In Italia si registrano 4000 casi all’anno.
E’ stato evidenziato come la giornata mondiale della Tubercolosi ricordi al mondo la tragedia umana di questa malattia. Secondo dati OMS, nel 2016, la tubercolosi ha ucciso 1,6 milioni di persone, tra cui 250 mila bambini e nello stesso anno si stima ci siano state 10,4 milioni nuove infezioni.
E’ emerso come la tubercolosi sia espressione della povertà. Non può più essere considerato un problema esclusivamente sanitario. E’ necessario il coinvolgimento dei decisori politici che mettano in atto delle risposte concrete in grado di favorire lo sviluppo, la sostenibilità e la lotta alla povertà nei paesi in cui la malattia è endemica e i malati molto spesso non hanno accesso alle cure. Servono strategie che migliorino le condizioni di vita nei paesi più poveri dove le misure igienico-sanitarie sono carenti così come le forme di assistenza sanitaria.
I relatori hanno evidenziato inoltre come il problema tubercolosi sarà oggetto di confronto e dibattito nel corso dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che si terrà il prossimo settembre.
Il dottor Giorgio Besozzi, Presidente di Stop TB Italia Onlus, nonché fra i responsabili scientifici dell’evento milanese, ha parlato di un progetto a sostegno del programma di controllo in un distretto sanitario del Senegal. Si tratta di un’iniziativa nata con una forte connotazione sanitaria ma che poi si è rivelata foriera di tutta una serie di implicazioni di carattere sociale e culturale davvero sorprendenti.
“Nel 2013, nel distretto sanitario di Dioffor, in Senegal, abbiamo fornito all’ospedale locale una moderna apparecchiatura per la rapida diagnosi della malattia. In seguito abbiamo formato 50 donne dei villaggi che vengono chiamate “badieun gox” che in senegalese vuol dire Zia. Si tratta di donne particolarmente carismatiche all’interno dei loro villaggi che sono state elette dalla popolazione locale. Le abbiamo formate a riconoscere la malattia e a seguire il malato nella lunga terapia domiciliare, a fare educazione sanitaria nei villaggi e ad abbattere lo stigma della tubercolosi. Abbiamo fornito loro gli strumenti necessari a raccontare cosa è la TBC, come ci si ammala e quali sono le procedure di prevenzione. Abbiamo insegnato loro che la tubercolosi è una malattia dalla quale si guarisce e della quale non bisogna vergognarsi. In altre parole, abbiamo lavorato molto sul piano della comunicazione e della sensibilizzazione. In seguito abbiamo iniziato a dare un sussidio economico ai malati dall’inizio della terapia fino alla guarigione. Questo rappresenta un incentivo in più a guarire.”
“I risultati sono stati ottimi: nei primi due anni è aumentato il numero di malati scoperti grazie all’ottimizzazione delle procedure diagnostiche e la percentuale di guarigione è arrivata al 100% con tassi azzerati di abbandono della terapia.”
“Nel 2016 abbiamo avviato un altro progetto con l’obiettivo di favorire il lavoro dei giovani senegalesi, il recupero dei terreni a rischio abbandono, ma soprattutto il sostentamento delle attività antitubercolari portate avanti da Stop TB Italia” ha dichiarato Besozzi. “Abbiamo quindi individuati 6 giovani senegalesi ex ammalati di tubercolosi e guariti. Questi sono stati avviati a una scuola di formazione agricola. Il comune di Dioffior ha donato loro 2 ettari di terreno che questi giovani hanno iniziato a coltivare. Hanno così costituito la cooperativa Fleurs de la vie (fiori della vita) e hanno cominciato a pensare di restare nel loro paese. Quando la cooperativa sarà a regime, con 3 ettari di terreno e 10 lavoratori, verserà parte dei profitti alll’ospedale per garantire il sussidio economico ai malati e per sostenere le attività delle badieun gox che continueranno il loro prezioso lavoro nei 60 villaggi del distretto.”
Un’avventura che oltre a contribuire alla lotta contro la tubercolosi offre ai giovani senegalesi l’opportunità di restare nel proprio paese e acquisire la giusta autonomia economica.
Ufficio Stampa AIPO