- Pubblicazione il 23 Febbraio 2018
Gli italiani più longevi sono quelli che vivono al Nord Est e sono più istruiti.
Luogo di residenza e livello di istruzione incidono sulla speranza di vita. A dirlo sono i risultati di uno studio condotto dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, un progetto dell’Università Cattolica di Roma nato dall’iniziativa di Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità.
Vediamo i numeri: se a Napoli l'aspettativa di vita è 80,6 anni, a Rimini e a Firenze si arriva a 84. In Campania nel 2017 gli uomini vivono mediamente 78,9 anni e le donne 83,3; nella Provincia Autonoma di Trento 81,6 gli uomini e 86,3 anni le donne.
In generale chi vive al Nord Est vive di più: l’aspettativa di vita qui è di 81,2 anni per gli uomini e 85,6 per le donne. Nel Mezzogiorno questo valore si assesta a 79,8 per gli uomini e 84,1 per le donne. Le province con la speranza di vita inferiore rispetto alla media nazionale sono quelle di Caserta e di Napoli con un’aspettativa di vita di 2 anni inferiore rispetto alla media italiana seguite da Caltanissetta e Siracusa.
Le Province più longeve sono quelle di Firenze, con 84,1 anni di aspettativa di vita, 1,3 anni in più della media nazionale, seguite da Monza e Treviso con poco più di un anno di vantaggio su un italiano medio.
Oltre al luogo di residenza è importante il grado di scolarizzazione. Nel nostro Paese, infatti, un cittadino con un livello di istruzione basso può sperare di vivere fino a 77 anni. Un individuo che possiede almeno una laurea fino a 82 anni.
Il titolo di studio sembra incidere anche sulla presenza di malattie croniche. Fra i 25 e i 44 anni la prevalenza di persone con almeno una malattia cronica grave è del 5,8% tra coloro che hanno un titolo di studio basso e del 3,2% tra i laureati. Questo divario aumenta con l’età: nella classe 45-64 anni è del 23,2% tra le persone con la licenza elementare e dell’11,5% tra i laureati.
Lo studio realizzato dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane confronta la realtà italiana con quella di altri paesi dell’Unione Europea. Dai dati emersi si evince che nei sistemi sanitari di tipo mutualistico la componente di popolazione formata da persone in cattive condizioni di salute è di quasi 15 punti percentuali più elevata tra coloro che hanno titoli di studio più bassi. Il nostro Paese è quello che ha il livello di disuguaglianza minore dopo la Svezia, avendo 6,6 punti percentuali di differenza tra i meno e i più istruiti.
Val al Report Osservatorio sulla salute nazionale
Ufficio Stampa AIPO