- Pubblicazione il 05 Novembre 2017
Quando a un paziente affetto da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) si pongono domande circa la frequenza di riacutizzazioni della malattia nella stragrande maggioranza dei casi il medico si trova di fronte a perplessità e incertezza. Il paziente sembra non comprendere la domanda così come lo stesso termine “riacutizzazione”.
Anche l’acronimo BPCO rimane per molti italiani uno sconosciuto.
Se ne è parlato lo scorso 27 Ottobre, a Napoli, in occasione del convegno “Gestione multidisciplinare delle infezioni respiratorie” (GEMIR) organizzato dall’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO).
“Nella storia clinica di un paziente con broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) le riacutizzazioni meritano grande attenzione” commenta Fausto De Michele, Past President AIPO e Direttore della U.O. di Pneumologia dell’A.O. Cardarelli di Napoli, nel corso della sua relazione al convegno.
“Non sempre dedichiamo la giusta attenzione al periodo immediatamente successivo a una riacutizzazione. Un momento molto delicato se pensiamo che nei due mesi successivi il paziente si trova in uno stato di aumentato rischio di recidiva. Si parla poco anche dell’elevata mortalità durante la degenza ospedaliera per riacutizzazione di BPCO ed anche nel post-ricovero” spiega De Michele.
Per quanto riguarda i costi sanitari, l’impatto economico di un paziente affetto da BPCO sul sistema sanitario è legato soprattutto dalle riacutizzazioni. In particolare quelle più gravi assorbono la maggioranza delle risorse in quanto richiedono la ospedalizzazione.
“Abbiamo a disposizione potenti armi per la prevenzione delle riacutizzazioni quali la vaccinazione antinfluenzale, la riabilitazione respiratoria nonché l’uso regolare di farmaci inalatori quali broncodilatatori e steroidi” continua Fausto De Michele.
Purtroppo prevenire le riacutizzazioni sembra oggi molto difficile in quanto il paziente non segue la terapia come dovrebbe e le percentuali di copertura vaccinale sono lontane da quanto auspicato.
“Numerosi lavori scientifici hanno dimostrato come il trattamento regolare dei pazienti affetti da BPCO con broncodilatatori a lunga durata d’azione porti a una riduzione significativa della frequenza delle riacutizzazioni” commenta Fausto De Michele.
“Quale sia il meccanismo che porta a questo risultato non è ancora ben chiaro. Vi sono delle ipotesi. Secondo alcuni prevengono le riacutizzazioni perché riducono l’iperinflazione polmonare, con un effetto di stabilizzazione del calibro delle piccole vie aeree che potrebbe, a sua volta, ridurre l’infiammazione delle stesse. I broncodilatatori a lunga durata d’azione prevengono il danno meccanico legato alla continua apertura/chiusura delle piccole vie aeree” spiega l’esperto.
“Un messaggio importante che dobbiamo trasferire ai nostri pazienti per prevenire le riacutizzazioni di BPCO è che comunque, se non lo hanno ancora fatto, debbono smettere di fumare” chiosa Fausto De Michele.
Ufficio Stampa AIPO