- Pubblicazione il 17 Ottobre 2017
La medicina narrativa fa il suo ingresso in Pneumologia grazie al progetto FARO “Far Luce Attraverso i Racconti di BPCO” realizzato da Fondazione ISTUD per Chiesi Farmaceutici e sostenuto dall’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO), insieme alla Società Italiana di Pneumologia (SIP), alle società scientifiche di medicina generale (SIMG, FIMMG) e alle associazioni di pazienti (ONLUS BPCO e Federasma e allergie).
L’idea è quella di raccontare la patologia partendo da tre punti di vista differenti: paziente, familiare che assiste e medico curante. Lo studio è partito nell’ottobre 2016 e si è concluso a luglio 2017.
Ai soggetti coinvolti nell’indagine è stato chiesto di compilare un’intervista seguendo una traccia narrativa. Sono state raccolte un totale di 350 testimonianze: 235 di pazienti, 55 di familiari e 60 di medici, per lo più pneumologi ma anche medici di medicina generale.
Dall’analisi delle narrazioni è emerso come, nonostante la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) sia stata indicata dalla World Health Organization (WHO) come la quarta causa di morte al mondo, il termine per esteso e il suo acronimo inducano molti pazienti e le loro famiglie a sottovalutare la malattia.
L’89% dei medici intervistati ritiene l’acronimo BPCO incomprensibile per il paziente.
Dall’indagine FARO emerge inoltre come le spiegazioni fornite dal medico non siano sufficienti a coinvolgere emotivamente il paziente, almeno nelle fasi iniziali della malattia quando i sintomi sono ancora lievi. I risultati hanno messo in evidenza la necessità di stabilire un rapporto di fiducia con il medico curante fino ad arrivare a quella empatia emozionale e cognitiva tra medico e paziente volta a gestire al meglio la malattia.
Dall’analisi delle narrazioni, laddove nella parte più razionale non emerge il rischio di morte per soffocamento, al contrario, nel linguaggio simbolico delle metafore, il subconscio avverte la paura di rimanere soffocati: “io chiusa in un sacchetto”, “uno tsunami che mi investe”, “un cuscino sulla faccia”.
Con il progredire della malattia la vita quotidiana del paziente risulta fortemente condizionata e, in particolare, il ricorso all’ossigeno-terapia modifica drammaticamente la quotidianità dei pazienti che spesso si ritirano in casa rinunciando ai viaggi per timore che la bombola finisca.
Sebbene circa l'80% dei pazienti segua bene le cure e conosca i devices, il 20% dei pazienti ammette ancora di fumare, il 60% di aver smesso e il 20% di non aver mai fumato. Negli ex fumatori, il 78% ritiene oggi il fumo come l'elemento più nocivo a cui siano mai andati incontro nella loro vita, mentre ancora un 22% dichiara di provare nostalgia per la sigaretta.
Per quanto riguarda il “Carico della malattia”, il familiare si sente non sufficientemente supportato nell’assistenza: il 57% dichiara di dedicare più di 3 ore al giorno all’assistenza del proprio familiare malato, il 18% più di 8 ore, cosa che risulta incompatibile con lo svolgimento delle proprie attività lavorative.
Nel complesso il progetto FARO ha messo in evidenza come sia necessario elaborare una comunicazione più efficace sulla reale gravità della patologia che permetta una collaborazione sinergica fra medico, paziente e familiare.
Ufficio Stampa AIPO