- Pubblicazione il 22 Settembre 2017
Buone notizie per chi soffre di asma persistente non controllata. Sono infatti positivi i risultati di uno studio clinico di fase 3 sull’efficacia di un nuovo anticorpo monoclonale nel ridurre gli attacchi d’asma grave e nel migliorare la funzionalità polmonare.
Il farmaco in questione è il dupilumab, una molecola in grado di inibire l’attività di agenti che scatenano risposte infiammatorie allergiche di tipo 2, quelle alla base dell’insorgenza di patologie come l’asma, la dermatite atopica, la poliposi nasale, la rinite allergica e l’esofagite eosinofila.
In particolare, dupilumab inibisce l’attività delle citochine IL-4 e IL-13.
Lo studio registrativo di fase 3 QUEST ha coinvolto 1.902 pazienti, dei quali 1.795 adulti e 107 adolescenti, in 413 centri in tutto il mondo. I quattro gruppi di studio hanno incluso: pazienti trattati con dupilumab 200 mg ogni due settimane con una dose iniziale di 400 mg, pazienti trattati con 300 mg di dupilumab ogni due settimane con una dose iniziale di 600 mg, due diversi gruppi trattati con placebo. I pazienti sono stati randomizzati 2 a 1 tra dupilumab e placebo. I due endpoint primari dello studio erano il tasso di riacutizzazioni a 52 settimane e la variazione assoluta dal basale della misurazione standard della funzione polmonare, conosciuta come volume espiratorio massimo pre-broncodilatatore all’intervallo di un secondo (FEV1) a 12 settimane (variazioni da 100 a 200 mL sono considerate clinicamente rilevanti).
Dupilumab, in associazione alle terapie standard, ha ridotto gli attacchi d’asma grave (riacutizzazioni) e ha migliorato la funzionalità polmonare. A 52 settimane, nel gruppo trattato con il dosaggio a 300 mg, dupilumab ha ridotto gli attacchi d’asma grave del 46% nella popolazione generale, rispettivamente del 60% nei pazienti con conta eosinofilica pari o superiori a 150 cellule/microlitro, e del 67% nei pazienti con eosinofili pari o superiori a 300 cellule/microlitro (p inferiore a 0,001 per tutti i gruppi). A 12 settimane, nel gruppo trattato con il dosaggio a 300 mg, il miglioramento medio della funzionalità polmonare con dupilumab rispetto a placebo, come misurato dal Volume espiratorio massimo in un secondo (FEV1), è stato di 130 mL (9%) nella popolazione generale, 210 mL (11%) nei pazienti con conta eosinofila uguale o superiore a 150 cellule/microlitro, e 240 mL (18%) nei pazienti conta eosinofila uguale o superiore a 300 cellule/microlitro (p inferiore a 0,001 per tutti i gruppi).
“I risultati dello studio QUEST confermano l’efficacia di una nuova tipologia di trattamento rappresentata dai farmaci biologici” commenta Claudio Micheletto Direttore dell’UOC di Pneumologia dell’Ospedale Mater Salutis di Legnago e membro del Comitato Esecutivo dell’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO). “Per pneumologi e allergologi è iniziata una nuova fase. In ambito pneumologico, come in altre branche della medicina, stiamo assistendo a una vera e propria rivoluzione che vede l’affermarsi della medicina di precisione, che tiene conto delle caratteristiche del singolo paziente. L’utilizzo dei farmaci biologici non va però banalizzato” continua Micheletto.
“In particolare, per quanto concerne il trattamento dell’asma grave, fino a dieci anni fa, la terapia era sempre la stessa per tutti i pazienti. In generale, si prescrivevano steroidi ad alto dosaggio somministrati per via sistemica o per via inalatoria” spiega Micheletto.
“Con l’avvento dei farmaci biologici lo scenario è cambiato. Da otto anni è possibile utilizzare un farmaco biologico chiamato omalizumab che appartiene alla classe degli anti Ig-E. Da un paio di mesi inoltre abbiamo a disposizione dei farmaci che agiscono bloccando l’azione di una citochina chiamata interleuchina 5 (IL-5). Con il dupilumab le armi a nostra disposizione risultano ulteriormente aumentate. Sarà ora compito dello specialista pneumologo disegnare, in maniera sartoriale, una terapia che sia il più possibile mirata e adeguata ai bisogni del paziente. Da questo punto di vista diventa importantissima la cosiddetta fenotipizzazione al fine di individuare il trattamento più efficace per il singolo paziente” conclude Claudio Micheletto.
Ufficio Stampa AIPO