- Pubblicazione il 14 Settembre 2017
In Europa, alla domanda: “Hai mai sentito parlare di Bpco?” la risposta è, due volte su tre, negativa. Solo il 35% degli Europei dichiara di aver sentito parlare di BPCO. A dirlo è una ricerca realizzata lo scorso luglio da GfK Eurisko in cinque paesi europei (Germania, Belgio, Spagna, Regno Unito e Italia) dalla quale emerge in maniera netta una scarsa conoscenza e consapevolezza della malattia nella popolazione generale. In Italia solo il 10% degli intervistati ha dichiarato di aver sentito parlare della patologia.
L’indagine GfK Eurisko “La Bpco: le conoscenze, i vissuti, l‘impatto sulla qualità di vita” ha coinvolto 4250 persone di età superiore ai diciotto anni e ha messo in luce numerosi aspetti di una condizione patologica per la quale l’aderenza alle terapie risulta ancora scarsa.
Ma veniamo ai dati: del 35% degli europei che ha sentito parlare di Bpco, solo il 10% ha associato l’acronimo alla Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva. Per quanto riguarda la variabilità geografica, solo il 45% dei tedeschi, il 44% degli inglesi, il 41% degli spagnoli, il 20% dei belgi e il 10% degli italiani ha risposto in maniera affermativa alla domanda cardine dell’indagine.
I dati sono sorprendenti se si pensa che la Bpco colpisce nel mondo circa 348 milioni di persone e che si stima che entro il 2020 questa patologia rappresenterà la terza causa di morte.
Il 95% degli intervistati percepisce la malattia come grave o molto grave e considera l’abitudine tabagica la prima causa di insorgenza della malattia. Infatti, secondo l’84% del campione ascoltato, la Bpco può essere prevenuta non fumando o smettendo di fumare e per il 63% facendo controlli periodici. Oltre al fumo sono state riconosciute come causa di insorgenza della malattia l’inquinamento per il 54% degli intervistati e la familiarità per il 37%.
La ricerca ha coinvolto anche individui affetti dalla malattia che hanno segnalato in maniera forte come questa condizione influenzi negativamente la qualità della vita. Il 79% dei pazienti ha dichiarato di essere stato costretto a rinunciare a svolgere qualsiasi tipo di attività sportiva; il 62% non riesce a dedicarsi come vorrebbe al proprio hobby; la stessa percentuale (62%) non riesce a prendersi cura dei bambini o a giocare con loro; per il 56% la malattia limita i viaggi, per il 53% la vita affettiva, per il 47% gli incontri con gli amici e secondo il 42% degli intervistati le uscite per andare al ristorante, al cinema, a teatro, al pub sono notevolmente limitate dalla patologia.
Per quanto riguarda la terapia, solo il 35% dei pazienti intervistati assume un solo farmaco, il 42% ne assume due e ben il 23% ne assume tre o più e questo si ripercuote negativamente sull’aderenza alla terapia in quanto si traduce nella gestione di più inalatori.
«La BPCO è una malattia cronica, invalidante e progressiva, che coinvolge non solo le vie centrali, ma anche le piccole vie aeree, e sono ancora molti i bisogni insoddisfatti dei pazienti, soprattutto di quelli con una malattia moderata o severa», sottolinea Dave Singh, professor of Clinical Pharmacology and Respiratory Medicine presso la University of Manchester: «La gestione della BPCO però sta cambiando, proprio con gli obiettivi di garantire una migliore qualità di vita attraverso un maggior controllo dei sintomi, e di prevenire le riacutizzazioni, che sono gli eventi più traumatici per i pazienti, perché rappresentano un aggravamento irreversibile della malattia e aumentano il rischio di mortalità. I pazienti con BPCO possono trarre beneficio dai farmaci con formulazione extrafine, che penetrano più in profondità nei polmoni, arrivando così fino alle piccole vie aeree. Inoltre, la possibilità di disporre dei tre farmaci in un solo inalatore potrebbe aiutare i pazienti ad aderire maggiormente alla terapia. Potremo misurare i benefici in molti modi diversi: attraverso l'aumento della funzionalità polmonare, osservando come si sentono i pazienti giorno dopo giorno e attraverso la riduzione delle riacutizzazioni», conclude Singh.
Ufficio Stampa AIPO