- Pubblicazione il 23 Maggio 2017
Il Sistema Sanitario del nostro Paese è fra i migliori 12 al mondo. A dirlo è uno studio pubblicato su Lancet frutto del lavoro di un team internazionale di ricercatori che hanno preso in esame i tassi di mortalità di 32 malattie in 195 paesi.
Gli studiosi hanno analizzato i tassi di mortalità di patologie quali la tubercolosi, malattie che possono essere prevenute con i vaccini (difterite, tosse, tetano e morbillo) e malattie cardiache.
I dati presi in esame, aggiornati al 2015, sono quelli del Global Burden of Disease, una valutazione dell’effetto che patologie, infortuni e fattori di rischio hanno sulla popolazione mondiale, confrontandone anche l’andamento in differenti ambiti geografici e sociali.
I dati sono stati interpretati con un numero su una scala da zero a cento, denominata Healthcare Access and Quality Index, con la quale viene classificata, a livello mondiale, la qualità dell’assistenza sanitaria.
Ecco ciò che è emerso: dal 1990 al 2015 la qualità dell’assistenza sanitaria nel mondo è migliorata. Infatti delle 195 nazioni considerate 167 hanno registrato aumenti significativi nella qualità dell’assistenza.
I paesi che possono vantare la migliore assistenza sanitaria sono l’Australia, con 90 punti e gran parte di quelli dell’Europa occidentale, tra cui la prima classificata Andorra (95), seguita da Svizzera (92), Norvegia (90), Finlandia (90), Spagna (90), Olanda (90) e Lussemburgo (89). Mentre Pakistan (43), Afghanistan (32), Papua Nuova Guinea (39) e alcuni Paesi africani sono risultati in fondo alla classifica, con la Repubblica Centrafricana posizionata all’ultimo posto (29).
L’Italia si è posizionata, insieme a Lussemburgo e a Giappone al dodicesimo posto della classifica. In base al punteggio per ogni singola malattia il nostro paese risulta eccellere per quanto riguarda il trattamento e la gestione di difteria, morbillo e disturbi legati alla maternità. Vi sono invece ampi margini di miglioramento per malattie quali la leucemia e il linfoma di Hodgkin.
“Nonostante i miglioramenti generali della qualità sanitaria da oltre 25 anni, la disuguaglianza tra i paesi migliori e peggiori è cresciuta”, ha dichiarato Christopher Murray, autore dello studio e direttore dell’Institute for Health Metrics and Evaluation presso l’Università di Washington. “Inoltre, lo standard dell’assistenza primaria è più basso in molte nazioni rispetto ai livelli previsti di reddito e di sviluppo.”
In Europa, infine, la Gran Bretagna si è posizionata al di sotto dei livelli previsti, con 85 punti. “Il Regno Unito è eccellente in alcune aree, tra cui le malattie cerebrovascolari”, spiega il coautore Marin McKee, della London School of Hygiene and Tropical Medicine. “Ma è indietro sui risultati di alcuni tumori”.
"Il risultato per l’Italia è particolarmente brillante per quanto riguarda la gestione delle malattie respiratorie croniche" commenta Claudio Micheletto, membro del Comitato Esecutivo AIPO. "All’Italia è stato assegnato un punteggio di 98, assolutamente eccellente, visto che il punteggio massimo è 100. Solo Francia, Islanda e Finlandia riescono ad ottenere il medesimo risultato, mentre Germania e Gran Bretagna hanno performance nettamente inferiori."
"La gestione delle malattie respiratorie croniche in Italia ha sicuramente molti aspetti migliorabili: la diagnosi precoce di asma e BPCO, il miglioramento dell’aderenza al trattamento farmacologico, la gestione territoriale dei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica, ma ha comunque ottenuto dei buoni risultati. Le Pneumologie Ospedaliere e territoriali hanno fornito una risposta efficace alle necessità della popolazione, riuscendo anche ad attuare una integrazione, anche se non omogenea, tra ospedale e territorio" continua Micheletto.
"Ma spesso i nostri amministratori ci propongono modelli stranieri, che non sono assolutamente efficaci. Se dobbiamo migliorare dovremmo guardare a chi sta davanti a noi, non certo a chi sta peggio. Il modello inglese, che spesso sentiamo citare nei convegni di management e dai nostri amministratori, è assolutamente fallimentare.
Per cui dobbiamo sempre evidenziare come che nel modello inglese i pochi centri di asma grave, i pochi centri di fibrosi cistica e di broncoscopia interventistica danno pessimi risultati. Il modello inglese può anche essere economico, ma se vogliamo copiarlo dobbiamo essere chiari, senza fraintendimenti: il modello italiano fornisce risultati migliori."
"Per cui liberiamoci dall’esterofilia e cerchiamo di migliorare il modello italiano" continua Claudio Micheletto.
"Per una volta tanto evidenziamo un risultato positivo: il risultato della gestione delle malattie respiratorie croniche è eccellente, tra i migliori al mondo. Il possibile miglioramento non passa dalla riduzione del numero degli Pneumologi, ma precisando le prestazioni di alta qualità e complessità delle Unità Operative Complesse di Pneumologia, all’interno degli Ospedali, integrandole con una Pneumologia territoriale per attività ambulatoriale ed assistenza domiciliare" chiosa l'esperto.
Ufficio Stampa AIPO