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Stato dell’arte
L’insufficienza respiratoria acuta ipossiemica (AHRF) è una condizione critica la cui gestione, in particolare riguardo ai supporti respiratori non-invasivi, rimane dibattuta.
La ventilazione non invasiva (NIV), intesa sia come pressione continua delle vie aeree (CPAP) sia come NIV-PSV (Pressione di Supporto + PEEP), rappresenta una strategia ampiamente adottata per prevenire l’intubazione nell’AHRF (1); tuttavia, il suo fallimento è un fattore indipendente associato a un aumento della mortalità (2). Per questo motivo la sua efficacia nei casi moderati e severi (PaO2/FIO2 ≤ 150) è messa in discussione, soprattutto per il rischio di ritardare l’intubazione e per lo sviluppo di danno polmonare autoindotto (P-SILI) conseguente allo sforzo respiratorio eccessivo (3).
Le ultime linee guida della European Respiratory Society (ERS), pubblicate ormai nel lontano 2017, non forniscono raccomandazioni forti circa l’utilizzo della NIV nei pazienti con AHRF, ma suggeriscono la possibilità di effettuare un trial terapeutico in ambienti monitorati, dove sia garantita la possibilità di un rapido passaggio alla ventilazione meccanica invasiva (IMV), qualora si rendesse necessario (4).
In considerazione della sempre più ampia diffusione dell’ossigenoterapia ad alti flussi (HFNC) come supporto respiratorio nei pazienti affetti da insufficienza respiratoria acuta, le linee guida della European Society of Intensive Care Medicine (ESICM 2023) raccomandano l’utilizzo dell’HFNC nella AHRF rispetto alla terapia convenzionale con ossigeno (COT), mentre non ritengono sufficienti le evidenze attuali per raccomandare la NIV rispetto agli alti flussi in questa categoria di pazienti (5). Nel documento pubblicato dall'ERS nel 2022 si raccomanda, seppur condizionalmente e con livello di evidenza molto basso, l’utilizzo dell’HFNC rispetto alla NIV soprattutto in pazienti con abbondanti secrezioni, scarsa compliance o con una struttura facciale responsabile di perdite eccessive dall'interfaccia (6). Tali evidenze sono anche rafforzate da un recente trial randomizzato controllato (RENOVATE study) che ha mostrato come l’HFNO non sia inferiore alla NIV in pazienti con insufficienza respiratoria acuta (7).
Il razionale fisiopatologico alla base dell’impiego della NIV-PSV risiede nell’effetto dato sia dalla pressione positiva di fine espirazione (PEEP) che dalla pressione di supporto (PS): in particolare la PEEP favorisce il reclutamento alveolare, determinando quindi un miglioramento l’ossigenazione, mentre la PS permette la riduzione del lavoro respiratorio e della dispnea.
Mentre l'impostazione di un adeguato livello di PS ha chiare raccomandazioni nell’ARDS, l’assenza di un consenso condiviso in merito alla titolazione ottimale della PEEP rende complesso stabilire il giusto equilibrio tra i potenziali rischi e benefici (10). Alcune evidenze suggeriscono che l’applicazione di livelli più elevati di PEEP sia associata a un miglioramento del PaO2/FIO2 ratio e a una riduzione del fallimento terapeutico della NIV (3).
Alla luce di queste considerazioni fisiologiche, pur in assenza di evidenze conclusive, le interfacce impiegate nella NIV svolgono un ruolo critico nel successo della metodica, soprattutto nei pazienti affetti da AHRF. L'interfaccia di scelta, in questo setting operativo, è considerata essere il casco (8,9); infatti, quest’ultimo permette - in virtù delle sue caratteristiche - di minimizzare le perdite e di utilizzare e mantenere costanti alti livelli di PEEP (favorendo il reclutamento alveolare), nonché di migliorare il comfort del paziente, ridurre lo sforzo respiratorio e il conseguente rischio di P-SILI (3). Una recente metanalisi su Chest (10) conclude che il casco sia l’interfaccia ideale in questi pazienti per ridurre la mortalità, i rischi legati alla ventilazione meccanica e la durata del ricovero.

Introduzione
“Low versus high positive end expiratory pressure in noninvasive ventilation for hypoxemic respiratory failure: a multicenter randomized controlled trial” è un clinical trial randomizzato (RCT), multicentrico e open-label che si è posto l’obiettivo di valutare l’efficacia di una ventilazione con PEEP alta (10-15 cmH2O) rispetto ad una PEEP bassa (5 cmH2O) nel ridurre il fallimento della NIV nei pazienti con AHRF utilizzando maschere nasali e oronasali.

Materiali e metodi
Lo studio si configura come un trial clinico randomizzato, aperto e multicentrico, condotto in sette unità di Terapia Intensiva (UTI) in Cina. Sono stati inclusi pazienti di età compresa tra 16 e 85 anni con insufficienza respiratoria ipossiemica (pCO2 <50cmH2O, PaO₂/FiO₂ ratio < 300 mmHg) con previsto utilizzo della NIV per almeno 12h. I criteri di esclusione comprendevano l’uso della NIV per asma, Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) e scompenso cardiaco, oltre alle classiche controindicazioni alla NIV.
I partecipanti sono stati randomizzati in due gruppi, composti entrambi da 190 pazienti: uno ha ricevuto una PEEP bassa (5 cmH₂O), l’altro una PEEP alta (10–15 cmH₂O). La pressione inspiratoria (IPAP) è stata regolata in entrambi i gruppi per mantenere la frequenza respiratoria sotto i 25 atti al minuto o al livello massimo tollerato con target nei due gruppi (rispettivamente 10-20 cmH₂O e 10-15 cmH₂O). La scelta tra maschere nasali e oronasali è stata fatta dal medico strutturato in base all’anatomia facciale del paziente.
L’outcome primario era il fallimento della NIV, definito come necessità di intubazione, morte o rifiuto della terapia. Gli outcome secondari includevano la mortalità a 28 giorni, la durata di utilizzo della NIV e della IV, la permanenza in UTI e in ospedale, le variazioni del PaO₂/FiO₂ ratio e l’incidenza di eventi avversi.

Risultati
Considerando l’outcome primario, il fallimento della NIV si è verificato in 82 pazienti (43%) nel gruppo PEEP bassa, e in 61 pazienti (32%) nel gruppo PEEP alta (differenza assoluta 11,1%, p=0,034). Nella post-hoc analisi eseguita in seguito, le percentuali riviste di fallimento della NIV sono risultate 40,5% vs 28,9% rispettivamente nei gruppi PEEP bassa e PEEP alta (differenza assoluta 11,6%, p=0,023).
Riguardo agli outcome secondari, la mortalità a 28 giorni è risultata inferiore nel gruppo PEEP alta (30%) rispetto al gruppo PEEP bassa (41%) (differenza assoluta 11.1%, p=0,032). In merito alle variazioni di PaO₂/FiO₂ ratio, nonostante al momento della randomizzazione non vi fossero differenze tra i due gruppi, entro 72 ore il gruppo PEEP bassa mostrava un PaO₂/FiO₂ ratio inferiore (mean difference: −31 mmHg, p<0,01) e un incremento di PaO₂/FiO₂ ratio ridotto nel tempo (p=0,03 per l’interazione tempo*gruppo). Il volume corrente (VT) risultava maggiore nel gruppo PEEP bassa (mean difference: 0,8 mL/kg PBW, p<0,01).
Non sono emerse differenze significative tra i gruppi nella durata della NIV, ventilazione invasiva, degenza in UTI o ospedaliera. L’evento avverso più comune era l’insorgenza di lesioni da pressione correlate alla maschera (prevalentemente di grado I); altri eventi avversi comprendevano pneumotorace, vomito, aspirazione e intolleranza alla NIV, senza differenze significative tra gruppi. Dallo studio è emerso inoltre che il 77% dell’influenza della PEEP sul fallimento della NIV era mediato dal PaO₂/FiO₂ ratio, mentre il 14% era mediato dal VT.

Conclusioni
Questo clinical trial suggerisce un potenziale beneficio sul fallimento della NIV e sulla mortalità a 28 giorni utilizzando una strategia ventilatoria basata su PEEP alta (10-15 cm H2O) piuttosto che bassa in pazienti con AHRF. Questo sembra essere determinato in primo luogo dall’aumento del PaO₂/FiO₂ ratio, e in secondo luogo dalla riduzione del volume corrente (VT). Al contrario il gruppo di pazienti ventilati con PEEP bassa (5 cm H2O) si caratterizza per un incremento nettamente minore del PaO₂/FiO₂ ratio e un aumento del volume corrente (VT).
Inoltre, nel gruppo di pazienti ventilati con alta PEEP, la riduzione del volume corrente si associa a una riduzione della pressione di supporto; ciò provoca una diminuzione dello sforzo respiratorio con conseguente prevenzione del P-SILI.
Ciò che riteniamo interessante di questo articolo è il superamento delle normali remore riguardo l’utilizzo di alte PEEP con maschere nasali e oro-nasali (80% dei casi). Storicamente, infatti, si riteneva che per utilizzare un’interfaccia come le maschere oronasali/nasali fosse necessario mantenere un livello di PEEP intorno a 5-8 cmH2O, al fine di evitare lesioni cutanee, perdite di flusso e discomfort al paziente (3,11,12). Tuttavia, lo studio in oggetto suggerisce che una PEEP mediana di 10cmH20 in maschera oronasale è sicura ed efficace; inoltre, non vi sono state significative differenze tra i due gruppi né per quanto riguarda gli effetti avversi, né per la distensione addominale o la secchezza oro-nasale. Sebbene alcuni studi avessero già suggerito che una PEEP elevata possa essere utile anche applicando la NIV tramite maschere oronasali/nasali (13,14), i dati disponibili sono limitati, e questo lavoro contribuisce ad approfondire questa tematica.

Riflessioni e sviluppi futuri

  • Alla luce delle recenti evidenze riguardo all’HFNO, la prima domanda che potremmo porci è se esistano sottogruppi di pazienti affetti da AHRF in cui l'applicazione della ventilazione meccanica non invasiva trovi specifica indicazione. Secondo il documento ERS (6), i pazienti nei quali la NIV potrebbe essere preferibile sono coloro che presentano livelli elevati di attivazione del drive Diventa quindi fondamentale individuare i pazienti a cui proporre un trial di NIV in ambiente controllato. Mentre è relativamente facile riconoscere pazienti con scompenso cardiaco, può risultare più complicato, al di fuori delle terapie intensive, individuare in maniera oggettiva chi si presenti con un aumento dello sforzo respiratorio. In particolare, lo sforzo respiratorio eccessivo in un polmone che dal punto di vista fisiopatologico e meccanico si presenta diffusamente infiammato ed eterogeneo, come tipicamente accade nei pazienti affetti da ARDS, può provocare, alimentare e perpetuare un danno polmonare autoindotto (P-SILI) e peggiorare l’outcome in pazienti con AHRF, rappresentando quindi un predittore di fallimento della NIV (3,15). La manometria esofagea con misurazione della ΔPes rappresenta attualmente il metodo di scelta per valutare lo sforzo respiratorio; tuttavia, la sua misurazione richiede il posizionamento di sondini nasogastrici con relativo aumento dei costi e delle difficoltà procedurali. Nella nostra pratica clinica viene utilizzato un derivato della ΔPesovvero il ΔPnose come primo approccio non invasivo e rapido per individuare quali pazienti possano beneficiare dell’ HFNO e quali della NIV (16).
  • Riteniamo invece interessante come spunto di riflessione per eventuali futuri studi la possibilità di valutare l’effettiva correlazione tra l'applicazione della PEEP (alta vs bassa) nel trattamento dei pazienti con AHRF con un approccio guidato dalla riduzione dello sforzo respiratorio mediante l’utilizzo della ΔPes o suo derivato, con l'obiettivo di mantenere stabile il volume corrente (Vt 6 - 9,5 ml/Kg).
  • Una perplessità lecita riguarda le perdite in corso di ventilazione con maschere oro-nasali e, soprattutto, nasali (utilizzate nel 20% dei casi in questo studio). Infatti, notoriamente, i caschi e le maschere full-face sono a minor rischio di perdite in acuto (17). I ventilatori dedicati per la NIV possono compensare piccole perdite che sono in genere tollerate in corso di PSV; tuttavia, perdite significative possono abbassare il volume corrente, generare asincronie e determinare fallimento della metodica ventilatoria. In questo studio le perdite sono solo state considerate solo come fattore che genera disagio e peggiora la tolleranza alla NIV, senza essere chiaramente monitorate. Potrebbe essere invece interessante valutare l’impatto che hanno le perdite sul mantenimento della PEEP con le diverse interfacce, correlandolo con il fallimento della NIV.
  • Un ulteriore interessante strumento di monitoraggio non invasivo nella stima dello sforzo respiratorio per individuare pazienti che possono beneficiare di un trial di NIV potrebbe risiedere nella valutazione ecografica combinata della muscolatura respiratoria inspiratoria (diaframma e muscoli respiratori extra-diaframmatici) e della muscolatura espiratoria con la relativa stima della frazione di inspessimento (TF) (18). Sebbene l'impiego dell'ecografica dei muscoli extra-diaframmatici (muscoli intercostali parasternali e muscoli accessori) nei pazienti in respiro spontaneo o durante supporto respiratorio non invasivo sia una tecnica relativamente recente con interessanti futuri sviluppi e applicazioni (19), essa si è rilevata una metodica utile, in corso di VMI, nell'individuare i pazienti a rischio di weaning failure (20). L’ecografia del diaframma è già stata ampiamente valutata in corso di NIV soprattutto nelle riacutizzazioni di BPCO in cui la disfunzione del diaframma era correlata con il fallimento della NIV (21,22). Tuttavia esistono già alcune evidenze riguardo all’utilizzo del monitoraggio ecografico anche in pazienti con de-novo ARF (23) in cui una TF < 36-37% si è mostrata predittiva di fallimento della NIV.
    In futuro potrebbe essere interessante approfondire questa tematica sia come monitoraggio sia come valutazione "globale" dello sforzo respiratorio all’ingresso del paziente in area critica, per decidere se avviare o meno un supporto respiratorio non invasivo.

 
Bibliografia

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