- Pubblicazione il 05 Maggio 2025
Background
La gestione dei pazienti affetti da Insufficienza Respiratoria Acuta Ipossiemica (AHRF) rappresenta una delle sfide più complesse in Terapia Intensiva, motivo per cui ottimizzare le modalità di somministrazione dell'ossigeno e del supporto respiratorio rimane essenziale per migliorare l’outcome clinico del paziente.
Le linee guida della European Respiratory Society (ERS) del 2022, pur mantenendo un livello di raccomandazione condizionale, indicano l’impiego dell'High-Flow Nasal Cannula (HFNC) come strategia di prima linea nel trattamento dell'AHRF e della sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) (1,2), preferendola come prima linea di trattamento sia all’ossigenoterapia convenzionale (COT) che alla ventilazione non invasiva (NIV).
Tali indicazioni si basano sui molteplici effetti fisiologici dell'HFNC (3), che comprendono il reclutamento alveolare e l’ottimizzazione degli scambi gassosi attraverso la generazione di bassi livelli di pressione positiva di fine espirazione (PEEP) (con paziente a bocca chiusa), la riduzione del lavoro respiratorio e dei livelli di attivazione del drive respiratorio che si associano all'ipossiemia.
Inoltre, l'HFNC favorisce l’eliminazione dell’anidride carbonica (PaCO2) attraverso il wash-out dello spazio morto nasofaringeo, e riduce le elevate richieste inspiratorie nei pazienti dispnoici grazie alla somministrazione di elevati flussi (fino a 50-60 L/min), stabilizzando così la FiO₂ e alleviando la dispnea (4).
Numerosi studi hanno già documentato la relazione tra l'uso dell'HFNC e la riduzione della dispnea nei pazienti con AHRF (5,6), ma i meccanismi sottostanti, in particolare nei pazienti intubati (7), restano in gran parte da esplorare. Studi fisiologici hanno sottolineano il suo ruolo nel miglioramento degli scambi gassosi e nella riduzione dello sforzo respiratorio; tuttavia, esistono evidenze che suggeriscono come l'HFNC possa agire anche attraverso meccanismi non direttamente legati al drive respiratorio o allo sforzo respiratorio del paziente, bensì mediante la stimolazione di vie nervose periferiche e centrali che influenzano le interazioni sistema nervoso centrale-apparato respiratorio (8,9).
Introduzione
Nasal high flow to modulate dyspnea in orally intubated patients è uno studio prospettico volto a indagare gli effetti locali nasali dell'HFNC sulla dispnea e sul drive respiratorio in una coorte di pazienti intubati per via orale e in fase di svezzamento dalla ventilazione meccanica invasiva; l'HFNC veniva applicato a diversi livelli di flusso, sia durante la ventilazione a pressione di supporto (PSV) sia durante il trial in respiro spontaneo (SBTs).
Materiali e Metodi
Questo studio è stato condotto presso il reparto di Terapia Intensiva dell’Hôpital Pitié-Salpêtrière (Assistance Publique – Hôpitaux de Paris, Université Sorbonne) in un periodo compreso tra febbraio e settembre 2023, includendo 20 pazienti adulti intubati per via orale (su 200 sottoposti a screening) in grado di sottoporsi a un trail di respiro spontaneo (SBT) e con dispnea clinicamente significativa (NRS > 3). Questi pazienti sono stati arruolati dopo una mediana di cinque giorni di ventilazione meccanica invasiva, con i seguenti valori mediani: FiO₂ 30%, PS 8 cmH₂O e PEEP 5 cmH₂O.
Durante lo studio, ciascun paziente ha eseguito due sequenze: la prima in ventilazione a pressione di supporto (PSV) e HFNC a flusso variabile (0, 30, 50 e 60 L/min), e la seconda durante un trial di respiro spontaneo (SBT) e HFNC a flusso a 0 e 50 L/min. Ogni condizione è durata 15 minuti, intervallata da periodi di 5 minuti con flusso pari a 0 L/min (periodo di wash out). L’endpoint primario era rappresentato dalla dispnea, valutata mediante la Numeric Rating Scale (NRS) e la Mechanical Ventilation – Respiratory Distress Observational Scale (MV-RDOS). Gli endpoint secondari includevano la valutazione del drive respiratorio attraverso la misurazione della pressione di occlusione delle vie aeree a 0,1 ms (P0.1), della pressione esofagea (Pes), dell’elettromiografia (EMG) dei muscoli respiratori (muscoli intercostali parasternali e delle pinne nasali) e degli scambi gassosi.
Risultati
Durante la ventilazione a pressione di supporto (PSV), l’applicazione di HFNC a flussi di 30 e 50 L/min ha ridotto il punteggio relativo alla dispnea mediante NRS da una mediana di 5 a 3 (P < 0,05), senza tuttavia apportare variazioni significative nella valutazione della stessa tramite MV-RDOS, nel lavoro inspiratorio e nel drive respiratorio (P0.1), suggerendo che l'HFNC possa influenzare la percezione centrale della dispnea attraverso un effetto di “processing” nell’elaborazione del sintomo. Al contrario, durante il trial di respiro spontaneo (SBT), l'HFNC a flusso di 50 L/min ha ridotto sia la dispnea valutata tramite NRS (mediana da 6 a 5, P < 0,01) sia il valore di P0.1 (mediana da 7 a 5 cmH₂O, P = 0,04), sottintendendo un meccanismo diverso alla base della riduzione del drive respiratorio.
Sebbene possa sembrare un cambiamento minimo, anche una differenza di un solo punto nella valutazione della dispnea si associa a un impatto prognostico a livello di popolazione. Un risultato inaspettato è stato il miglioramento dell’ossigenazione arteriosa (PaO2) durante il SBT, nonostante l'HFNC fosse erogato in assenza di supplementazione di ossigeno (FiO₂ 21%); al contrario, il livello di anidride carbonica arteriosa (PaCO₂) e gli altri parametri ventilatori sono rimasti invariati. Il livello di discomfort e gli esiti dell’EMG non hanno mostrato variazioni in nessuna condizione. Da notare che solo il 71 % dei pazienti ha risposto positivamente all'HFNC, evidenziando una significativa variabilità interindividuale.
Conclusioni
Questo studio dimostra che l'HFNC può ridurre la dispnea e il drive respiratorio attraverso un’azione esclusivamente a livello nasale nei pazienti intubati per via orale, anche in assenza di modifiche negli scambi gassosi o nel lavoro inspiratorio. Tali effetti sono verosimilmente mediati dalla stimolazione del nervo trigemino o dei meccanorecettori locali della cavità nasale, i quali alterano la percezione cerebrale dello sforzo respiratorio; un ruolo significativo potrebbe essere svolto dalla relativa vicinanza anatomica tra il bulbo olfattivo e il sistema limbico. I risultati di questo studio forniscono nuovi elementi sui meccanismi di azione dell'HFNC e sottolineano l’importanza di preservare le vie aeree nasali nei pazienti intubati per modulare le interazioni cervello-polmone, contribuendo potenzialmente anche a benefici cognitivi e alla prevenzione del delirium in Terapia Intensiva. Sono necessari ulteriori studi per approfondire questi pathways e perfezionare le applicazioni cliniche di tale terapia.
Spunti di riflessione
- Il risultato principale di questo studio è la riduzione della dispnea in termini di scala NRS, sia nei pazienti sottoposti a ventilazione a pressione di supporto (PSV) che nei pazienti sottoposti a SBT. Tuttavia, soltanto nei pazienti sottoposti a SBT la diminuzione della dispnea è stata accompagnata da una riduzione di P0.1, senza alcuna variazione del lavoro inspiratorio o della ventilazione minuto (VE), mentre durante la ventilazione a pressione di supporto (PSV) l’applicazione di HFNC riduceva la percezione della dispnea in termini di scala NRS ma non di P0.1. Ciò potrebbe suggerire un ruolo particolarmente interessante sull'effetto a livello nasale dell’HFNC attraverso vie centrali, e sulla percezione e il processamento della dispnea durante la ventilazione a supporto pressorio (PSV), senza tuttavia influenzare i livelli di attivazione del drive respiratorio, mentre, in corso di SBT, l'HFNC eserciterebbe un effetto diretto proprio sul drive. Tuttavia, in considerazione dei bassi valori al baseline della scala NRS e della P0.1, tra le due condizioni di studio saranno necessari ulteriori studi per indagare quest’affascinante ipotesi.
- La dispnea non è sempre direttamente correlata al drive respiratorio neurale o allo sforzo inspiratorio del paziente, ma è influenzata anche da fattori cognitivi ed emotivi. Essa può essere modulata da meccanismi locali, come l’attivazione dei meccanorecettori nasali o delle vie sensoriali trigeminali, che contribuiscono alla percezione del discomfort respiratorio indipendentemente dal reale carico ventilatorio.
- Nonostante l’eterogeneità delle risposte osservate e il campione relativamente piccolo, questo studio fornisce evidenze chiare e ben documentate di beneficio nei pazienti “responder”. È importante sottolineare come tutto ciò offra una prospettiva innovativa, andando oltre i paradigmi tradizionali per esplorare meccanismi alternativi — altrettanto rilevanti — che possono contribuire a spiegare l’efficacia clinica della terapia con ossigeno ad alti flussi comunemente osservata nella pratica quotidiana. Sono necessari ulteriori studi per convalidare e approfondire questi risultati.
Bibliografia
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