- Pubblicazione il 18 Luglio 2011
Come è noto, mentre nel “mondo” dell’insufficienza respiratoria acuta (IRA) ipercapnica le evidenze scientifiche a favore dell’uso della ventilazione non invasiva (NIV) sono molto consolidate specie come “prevenzione dell’intubazione” in diversi setting assistenziali, tutto cambia nell’IRA ipossiemica a causa della estrema eterogeneità clinico-fisiopatologica-prognostica delle patologie che sottendono tale “pianeta”. Si passa dall’edema polmonare acuto cardiogenico in cui la possibilità di successo della NIV (anche in forma di semplice CPAP) è molto alta all’ARDS in cui le “chance” di riuscire ad evitare l’intubazione e la mortalità sono estremamente limitate. Ne deriva che la selezione, il timing e il setting di applicazione della NIV devono essere molto accurati per il paziente con ipossiemia grave.
Vi segnalo il lavoro di Gristina et al. a nome del noto GiViTi (Gruppo Italiano per la valutazione degli interventi in terapia intensiva) in quanto a mio avviso costituisce un altro importante “brick in the wall” a favore dell'uso della NIV in un sottogruppo molto particolare di pazienti con grave IRA ipossiemica, immunosoppressione da emolinfopatie maligne, che costituiscono un “modello clinico estremo” in quanto particolarmente a rischio di sviluppare le pericolose complicanze associate all’intubazione endotracheale (es. polmonite associate al ventilatore, emorragia, insufficienza multiorgano) (1-3). L'importanza di questo studio è a mio avviso quello di chiarire meglio nella “real life” l'applicabilità della NIV nel settore delicato dei pazienti critici con neoplasie ematologiche complicate da IRA in cui “evitare l’intubazione” costituisce un “must” molto più forte di quanto lo possa essere per altre categorie di pazienti.
E’ noto che l'uso della NIV ha notevolmente contribuito alla “rivoluzione copernicana” osservata negli ultimi due/tre decenni in questo scenario clinico con una svolta importante nella prognosi di questi pazienti emolinfopatici critici in cui la mortalità era praticamente pari al 100% una volta che il paziente necessitava di un supporto ventilatorio meccanico che in “era pre-NIV” poteva essere solo di tipo convenzionale cioè tramite intubazione endotracheale (2-5). La svolta può essere spiegata dal fatto che rispetto alla sola strategia convenzionale (cioè ossigeno e terapia medica), l'uso precoce della NIV cioè come “prevenzione dell’intubazione” nella fase iniziale dell’IRA (cioè quando la ventilazione meccanica non è mandatoria) ha ridotto significativamente la mortalità in questa categoria di immunodepressi (6), soprattutto perché ha evitato le complicanze settiche mortali connesse quasi inevitabilmente alla ventilazione invasiva.
In accordo con i dati precedentemente pubblicati (3-5), questo ampio studio multicentrico italiano di “vita reale” sostiene il ruolo della NIV come supporto ventilatorio di prima linea nella gestione dell’IRA che complica i complessi protocolli terapeutici per la cura delle emolinfopatie maligne, sottolineando il punto cruciale della scelta del “timing precoce”, sia per l’istituzione della NIV sia per il passaggio alla ventilazione invasiva in caso di suo fallimento evitando di “tirare a lungo” (possibile nell’ipercapnico acuto su cronico) con la tecnica non invasiva anche in assenza di una chiara risposta favorevole in senso clinico-emogasanalitico.
Ciò che questo studio, condotto su oltre 1.300 casi di neoplasie ematologiche ammessi in 152 unità di terapia intensiva generale (ICU) italiane a causa di IRA, aggiunge ai dati della letteratura nota riguarda l'esito dei pazienti che necessitano del ricovero in ICU, cioè che si trovano in una fase piu’ avanzata dell’IRA quando il supporto ventilatorio è diventato mandatorio. In questa prospettiva, i “take-home messagges” che il lettore può portare a casa dal lavoro sono:
- “lo spazio per provare” la NIV è limitato ad una minoranza sia pure significativa di pazienti con emolinfopatie maligne complicata da ipossiemia acuta (1 su 5) con un tasso di successo nell'evitare l'intubazione di poco più del 50%. In questo gruppo selezionato di casi di neoplasie ematologiche, quando la NIV ha successo il beneficio è molto forte in quanto è associato ad una ridotta mortalità in ICU e in ospedale, ad una più breve durata della ventilazione meccanica e della degenza in ICU e ad una incidenza minore di gravi infezioni post-ricovero nei confronti fronte della ventilazione invasiva applicata come “prima linea ventilatoria”;
- d'altra parte, come già dimostrato nell’IRA “de novo” (7) e da un recente studio francese che affronta lo stesso topic (5), i pazienti intubati e ventilati invasivamente “in ritardo” dopo un tentativo fallito con la NIV mostrano una più alta mortalità in ICU rispetto a quelli immediatamente intubati all'ingresso in ICU; di qui l’importanza della selezione!
- la presenza di ALI/ARDS come causa di IRA ipossiemica identifica un sottogruppo di pazienti ematologici con una prognosi sfavorevole in caso di fallimento di NIV con una mortalità in ICU e ospedaliera> 70%; quindi questi casi sono probabilmente i candidati meno favorevoli per un tentativo di NIV in linea con i dati precedentemente pubblicati (8,9).
- in linea con i risultati riportati in altre serie di pazienti con severa ipossiemia gestiti con la NIV (8,9), una maggiore gravità della malattia (es. punteggio SAPS II), la presenza di shock settico e ALI/ARDS sono i più forti predittori indipendenti di mortalità, mentre l'uso della NIV come primo supporto ventilatorio si dimostra essere un fattore protettivo;
- vale la pena ricordare che un tentativo di NIV in questa tipologia di pazienti critici va riservato a setting ad alta intensità di cura (ICU o UTIR di 3° livello) con una grande esperienza con NIV (ventilatori dedicati, interfacce adatte, umidificazione adeguata, la gestione della secrezione, l'uso della broncoscopia durante NIV, gestione complicanze multi-organo ecc.).
Tuttavia, bisogna tener presente alcune limitazioni dello studio (in buona parte opportunamente segnalate dagli autori): 1) la mancanza di stratificazione dei risultati in base al tipo di malattia ematologica che può essere estremamente eterogenea in termini di prognosi, protocolli di chemio-radioterapia, possibili complicanze, 2) il disegno dello studio che manca di un braccio di controllo per quanto riguarda l'assegnazione di un paziente alla NIV o alla ventilazione invasiva, 3) l’impatto della scelta dell’interfaccia, del ventilatore e dell’esperienza della ICU con la NIV sulla prognosi di tali pazienti non è noto.
Bibliografia
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- Conti G, Marino P, Cogliati A, et al. Noninvasive ventilation for the treatment of acute respiratory failure in patients with hematologic malignancies: a pilot study. Intensive Care Med 1998;24(12):1283-8.
- Depuydt PO, Benoit DD, Vandewoude KH, et al. Outcome in noninvasively and invasively ventilated hematologic patients with acute respiratory failure. Chest 2004;126(4):1299-306.
- Adda M, Coquet I, Darmon M, et al. Predictors of noninvasive ventilation failure in patients with hematologic malignancy and acute respiratory failure. Crit Care Med 2008;36(10):2766-72.
- Meert AP, Berghmans T, Markiewicz E, et al. Invasive mechanical ventilation in cancer patients. Prior non invasive ventilation is a poor prognostic factor. J BUON 2011;16(1):160-5.
- Hilbert G, Gruson D, Vargas F, et al. Noninvasive ventilation in immunosuppressed patients with pulmonary infiltrates, fever, and acute respiratory failure. N Engl J Med 2001;344(7):481-7.
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- Antonelli M, Conti G, Esquinas A, et al. A multiple-center survey on the use in clinical practice of noninvasive ventilation as a first-line intervention for acute respiratory distress syndrome. Crit Care Med 2007;35(1):18-25.
- Antonelli M, Conti G, Moro ML, et al. Predictors of failure of noninvasive positive pressure ventilation in patients with acute hypoxemic respiratory failure: a multi-center study. Intensive Care Med 2001;27(11):1718-28. Epub 2001 Oct 16.
A cura del Dr. Raffaele Scala