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La ventilazione meccanica non invasiva è altamente efficace nella maggioranza dei casi, quando applicata con le corrette indicazioni e da personale esperto. Permane una quota di fallimento, stimabile dal 5 al 60% a seconda della patologia e di ben noti score predittivi, che si associa ad un incrementato rischio di intubazione orotracheale e mortalità (1). In particolare, la cosiddetta “immediate failure” può verificarsi fino nel 15% dei casi. Alcuni di questi sono dovuti a non corretta indicazione (es. tosse inefficace, eccesso di secrezioni, sensorio troppo compromesso), altri dipendono da stato di agitazione psicomotoria, rifiuto del paziente a proseguire la ventilazione, asincronismi ventilatore-paziente, ma soprattutto a inadeguata selezione del tipo e della misura della maschera e/o non corretto posizionamento, con conseguente intolleranza e inefficacia della ventilazione. Il protrarsi di una ventilazione inefficace finisce per imporre al paziente un carico di lavoro respiratorio aggiuntivo e insostenibile che sfocia infine nella failure (2). Anche se il trattamento ha iniziale successo l’inadeguatezza dell’interfaccia può successivamente determinare problemi quali lo sviluppo di lesioni da pressione (anche dopo poche ore) e compromettere gravemente la cooperazione del paziente. Si tratta di un evento ancora frequente (incidenza fino al 50% nelle prime ore, virtualmente 100% dopo 48 ore di ventilazione continua), e forse in aumento, in quanto nonostante il crescente numero di interfacce a nostra disposizione, si è oltremodo ampliato anche lo spettro di applicazione della NIV, sia in termini di pazienti (cfr pazienti molto anziani e con multiple comorbilità) sia di setting (Dipartimenti di Emergenza-Urgenza e/o Degenze ordinarie con ridotta esperienza nell’uso della NIV) (3). La zona più a rischio come noto è la sella nasale, a causa della sua conformazione anatomica e del fatto che essa rappresenta il punto di appoggio principale per la maggior parte delle maschere. Tradizionalmente si cerca di evitare tutto ciò con una serie di interventi, quali modificare i parametri di ventilazione, fornire informazioni e supporto morale/psicologico al paziente, ricorrere alla sedazione controllata (quando indispensabile) e soprattutto sostituire/alternare più interfacce (4). Quella di selezionare, posizionare e gestire correttamente le interfacce per la ventilazione meccanica non invasiva si configura un po’ come una “skill”, o un’Arte per i più romantici, acquisita sul campo e con anni di esperienza da parte di Medici, Infermieri e Terapisti respiratori che cercano di sfruttare al meglio i numerosi modelli e materiali che vengono oggi messi a disposizione dalle industrie del settore. Non disponiamo di grosse evidenze scientifiche né tecnologie consolidate su questo argomento; è tuttavia noto che nella pratica clinica e nella formazione in campo sanitario stanno prendendo piede tecnologie basate su sistemi di feedback in tempo reale di tipo visivo e/o tattile come guida e supporto nell’esecuzione di manovre e procedure (5). Recentemente è stato pubblicato un lavoro coordinato dalla Prof.ssa Simonds che ha valutato l’applicazione di un sensore di pressione collegato ad un sistema di feedback visivo durante l’applicazione di una maschera oronasale. Si tratta di uno studio randomizzato prospettico che ha valutato l’applicazione di un’interfaccia su un volontario sano, da parte di 30 operatori sanitari, “esperti” vs “non esperti”, con e senza l’ausilio di tale sistema. Veniva utilizzato un singolo modello di maschera oronasale, la cui misura veniva stabilita sulla base delle istruzioni del produttore e al di sotto del quale veniva posto un sottile sensore di pressione (I-Scan®, Tekscan Inc, Boston) in corrispondenza della sella nasale, tale da coprire una superficie di misurazione di 2,5 cm2. Tale sensore veniva collegato ad un software che forniva, oltre ai valori di pressione misurati, anche una mappa colorimetrica rappresentativa dei livelli di pressione nei vari punti della superficie del sensore. I partecipanti ricevevano istruzioni standardizzate su come posizionare la maschera, con l’indicazione di ottenere un livello di perdite < 10 L/min, per poi avviare una sessione di ventilazione con parametri predeterminati, avendo a disposizione un tempo massimo di 10 minuti. Lo studio ha mostrato che con l’utilizzo di tale sistema la pressione esercitata sulla sella nasale e le perdite risultavano in generale minori rispetto al metodo standard (riduzione delle pressioni da 71,1 ± 17,6 a 63,2 ± 14,6 mmHg, p < 0,001) in entrambe le categorie di operatori in misura significativa, ma in misura maggiore nel gruppo di non esperti. Nei gruppi randomizzati ad iniziare l’adattamento standard e dopo feedback, la pressione esercitata si riduceva di circa 10 mmHg (da 74,7 ± 16,9 a 64,5 ± 15,6 mm Hg, p = 0,002) a parità di perdite. I gruppi che iniziavano direttamente con il sistema a feedback, nella successiva sessione senza feedback applicavano spontaneamente pressioni più basse (da 62,1 ± 14,1 a 67,3 ± 18,1 mm Hg, p = 0,076). Gli operatori esperti, con l’utilizzo del sistema a feedback riuscivano a ridurre ulteriormente le perdite involontarie rispetto all’adattamento standard senza aumentare la pressione. Da notare che il grado di comfort della maschera risultava sostanzialmente sovrapponibile con entrambe le metodiche con solo una debole correlazione tra i livelli più alti di pressione e il discomfort a livello nasale. Questo dato suggerisce che piccole variazioni di pressione, seppure fisiologicamente importanti, possono non essere avvertite a breve termine dal paziente e pertanto i sistemi di rilevazione soggettiva possono non essere attendibili. L’utilizzo del sistema di feedback non ha provocato ritardi nel posizionamento della maschera.
In conclusione tale studio, sebbene con delle ovvie limitazioni (dimensioni e disegno, utilizzo di un singolo tipo di maschera, tempo di valutazione breve, utilizzo di un singolo punto di rilevazione della pressione) fornisce degli spunti molto interessanti dal punto di vista clinico oltre che fisiopatologico, dimostrando che le nuove tecnologie possono contribuire ad elevare “l’Arte” del mask fitting al rango di “Scienza” basata su precisi parametri di riferimento. Si potrebbe ipotizzare la futura realizzazione di maschere con sensori di pressione incorporati e/o modalità di interazione tra tali sensori e i sistemi di monitoraggio della ventilazione, andando da un lato ad ampliare ulteriormente le competenze specialistiche delle strutture pneumologiche dedicate alla ventilazione meccanica e, dall’altro lato, consentire anche ai centri dotati di minore expertise nella gestione della NIV di poterla implementare con più efficienza e minori rischi per il paziente. Rimane comunque completamente da esplorare l’impatto di tali tecnologie sulla “real life” ospedaliera e sui costi in termini di risorse sanitarie ed economiche.

Bibliografia

  1. Confalonieri M, Garuti G, Cattaruzza MS, et al. A chart of failure risk for noninvasive ventilation in patients with COPD exacerbation. Eur Respir J 2005;25:348-55.
  2. Ozyilmaz E, Ugurlu AO, Nava S. Timing of noninvasive ventilation failure: causes, risk factors, and potential remedies. BMC Pulm Med 2014;14:19.
  3. Carron M, Freo U, BaHammam AS, et al. Complications of non-invasive ventilation techniques: a comprehensive qualitative review of randomized trials. Br J Anaesth 2013;110:896-914.
  4. Girault C, Briel A, Benichou J, et al. Interface strategy during noninvasive positive pressure ventilation for hypercapnic acute respiratory failure. Crit Care Med 2009;37:124-31.
  5. Kotranza A, Lind DS, Lok B. Real-time evaluation and visualization of learner performance in a mixed-reality environment for clinical breast examination. IEEE Trans Vis Comput Graph 2012;18:1101-14.