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Recentemente è stata pubblicata su Chest una interessante revisione della letteratura a sostegno dell’utilizzo della CPAP (Continuous Positive Airway Pressure) nel periodo peri-operatorio in pazienti chirurgici con OSA diagnosticata e non-diagnosticata. Malgrado la nota associazione tra OSA e aumento del rischio perioperatorio, la gestione di questi pazienti appare spesso inappropriata sia come setting che come competenze specialistiche. Appare chiara l’importanza dell’approccio multidisciplinare che necessita di specifiche competenze non solo anestesiologiche e chirurgiche, ma anche pneumologiche.
Questo lavoro cerca di sintetizzare le diverse e impegnative problematiche che l’anestesista si trova ad affrontare quando il paziente chirurgico presenta questa “semplice” comorbidità: l’OSA (Obstructive Sleep Apnea). L’OSA infatti rappresenta una sfida inevitabile per gli anestesisti perché la somministrazione di farmaci sedativi, analgesici maggiori e anestetici favorisce il verificarsi di eventi apnoici. Inoltre, i pazienti con OSA presentano un’aumentata sensibilità agli oppioidi e una maggiore incidenza di desaturazione nel periodo post-operatorio che facilitano il verificarsi di complicanze, quali insufficienza respiratoria acuta, eventi cardiaci e cerebrovascolari acuti, necessità di ricovero in terapia intensiva e prolungata degenza in ospedale.
La review fornisce una stima dei dati di prevalenza dell’OSA nei pazienti chirurgici pari al 7-10% utilizzando i database amministrativi ospedalieri (codici della “International Classification of Disease-9”); questo dato sottostima la reale entità perché la maggior parte dei dati di letteratura si riferisce a casi che non hanno una diagnosi di OSA formale standardizzata con metodiche quali la polisonnografia. Infatti dati pubblicati su pazienti con obesità patologica sottoposti a chirurgia bariatrica e screenati mediante esami strumentali attestano una prevalenza di OSA del 70%.
Apprezzabile è la suddivisione della review in sezioni che permettono di analizzare in modo sistematico ed esauriente alcuni aspetti dell’argomento trattato. Ad esempio nella sezione “Complicanze peri-operatorie dei pazienti chirurgici con OSA” vengono riportati i risultati di studi osservazionali e di due meta-analisi che confermano nei pazienti con OSA rispetto a quelli non-OSA la maggiore incidenza di eventi avversi quali: fibrillazione atriale, insufficienza respiratoria post-operatoria, ARDS, intubazione tracheale e necessità di ventilazione meccanica post-operatoria. Per quanto riguarda l’aumentato rischio di mortalità dei pazienti con OSA sottoposti a intervento chirurgico emerge che su questo aspetto i dati non sono univoci, ma meritevoli di ulteriori studi. A favore dell’ipotesi dell’aumentato rischio di mortalità viene riportato solo uno studio condotto su un campione di pazienti particolarmente “fragili” con potenziali comorbidità confondenti. Dati limitati attestano una riduzione della mortalità ospedaliera nei pazienti chirurgici con OSA e gli autori suggeriscono che nel gruppo di controllo potrebbero essere stati inclusi pazienti con OSA non-diagnosticata alterando il risultato finale.
I dati derivati dall'analisi di studi retrospettivi caso-controllo o di coorte vengono ulteriormente riportati nella sezione riguardante “Gli effetti della terapia con CPAP sugli outcome post-operatori nei pazienti chirurgici con OSA”, dimostrando che sia i pazienti con OSA documentata ma senza trattamento con CPAP che con OSA non-diagnosticata presentano più complicanze post-operatorie (ipertensione arteriosa, desaturazioni, infarto miocardico e necessità di reintubazione) e trasferimenti non programmati in terapia intensiva rispetto ai pazienti con OSA diagnosticata e trattata con CPAP.
Nella review vengono inoltre esaminati due studi di grandi dimensioni pubblicati su Anesthesiology (20.488 soggetti) e su Sleep (2.646 soggetti) che rimarcano il vantaggio di stabilire una diagnosi pre-operatoria di OSA e il razionale per il trattamento con CPAP durante il periodo peri-operatorio. Infatti in tali studi i pazienti con una diagnosi pre-operatoria di OSA e con prescrizione pre-operatoria di CPAP avevano meno della metà di probabilità di presentare complicanze cardiovascolari rispetto a quelli in cui l’OSA veniva diagnosticata dopo l'intervento chirurgico. Da qui ne deriva la rilevante utilità di eseguire un appropriato screening pre-operatorio per individuare i pazienti con OSA non-diagnosticata di grado moderato-grave e con OSA diagnosticata ma non trattata.
Altro punto fondamentale della review è la ricerca di indici predittivi di aumentato rischio di eventi avversi nel periodo post-chirurgico per i pazienti con OSA. Dall'analisi di alcuni studi retrospettivi e prospettici osservazionali gli autori individuano come fattori prognostici di rischio:

  • l’ipercapnia;
  • un elevato RDI (Respiratory Disturbance Index) piuttosto che l’indice AHI (Apnea-Hypopnea Index), in quanto gli sforzi respiratori con arousal (Respiratory Effort Related Arousal, RERA) possono essere convertiti in apnee nel periodo post-operatorio, verosimilmente per un’aumentata collassabilità delle vie aeree superiori dovuta alla redistribuzione dei liquidi e alla depressione respiratoria indotta da oppioidi e sedativi;
  • una saturazione ossiemoglobinica media-bassa (< 93%) durante la notte prima dell’intervento;
  • un ODI (Oxygen Desaturation Index) elevato (> 29)
  • la durata dell’ipossiemia valutata in termini di CT90 (percentuale del tempo di sonno trascorso con una saturazione < 90%), stimata maggiore del 7% del tempo totale di sonno.

Le conclusioni a cui giungono gli autori sono chiare e condivisibili: per ridurre l'incidenza di eventi avversi post-operatori è necessario uno screening appropriato per l’OSA prima dell’intervento chirurgico e iniziare la terapia con CPAP nel periodo peri-operatorio.
L’articolo pur non potendo essere esaustivo per la vastità dell’argomento trattato offre comunque numerosi stimoli per la ricerca. Rimangono infatti molti argomenti da approfondire mediante ulteriori studi quali:

  • gli strumenti in grado di selezionare i pazienti a rischio di OSA di grado moderato-grave;
  • il timing per l’avvio alla terapia con CPAP;
  • le modalità di ventilazione da utilizzare nel periodo post-operatorio;
  • i costi/benefici della diagnosi preoperatoria di OSA e dell’applicazione della CPAP, soprattutto in termini di riduzione di complicanze acute post-operatorie.

In letteratura sono riportate inoltre complicanze tardive nei giorni successivi all'intervento chirurgico (rebound della fase REM), legate prevalentemente all'utilizzo di alte dosi di oppioidi. Infatti l’OSA rappresenta un fattore di rischio indipendente per eventi respiratori critici durante terapia antalgica post-operatoria e manca l’evidenza sulla durata più appropriata del monitoraggio respiratorio postoperatorio. E’ importante che il paziente OSA sia gestito in un ambiente post-operatorio adeguato con il supporto di competenze specialistiche pneumologiche in grado di assicurare rapidamente sia la gestione delle vie aeree che dell’idoneo supporto ventilatorio per evitare gli eventi respiratori critici legati all'immediato trasferimento in un ambiente a bassa intensità di cura non monitorizzato e senza competenze specifiche di gestione della ventilazione meccanica non invasiva.