- Pubblicazione il 04 Dicembre 2024
Il contributo dell'infiammazione nella patogenesi di molte malattie polmonari interstiziali (ILD) è ampiamente riconosciuto. La proteina C-reattiva (CRP) è una proteina di fase acuta utilizzata come marcatore non specifico di infezione e infiammazione, ed è ampiamente impiegata nella pratica clinica di routine. Tuttavia, pochi studi hanno indagato l'impatto prognostico dei livelli di CRP nelle ILD, con risultati non conclusivi. Questo studio si è proposto quindi di indagare retrospettivamente l'associazione tra i livelli basali di CRP e la mortalità nei pazienti con quattro sottogruppi di ILD: fibrosi polmonare idiopatica (IPF), polmonite da ipersensibilità fibrosante (fHP), interstiziopatia polmonare associata ad artrite reumatoide (RA-ILD) e a sclerosi sistemica (SSc-ILD).
In totale sono stati inclusi 422 pazienti con diagnosi di IPF, fHP, RA-ILD e SSc-ILD, afferiti presso l'Unità ILD del Royal Brompton Hospital (RBH) dal gennaio 2010 al dicembre 2019. I pazienti con infezioni recenti sono stati esclusi dallo studio. L'analisi multivariata ha preso in considerazione variabili confondenti come età, sesso, storia di fumo, trattamento immunosoppressivo e indice fisiologico composito (CPI), che è un indicatore della gravità della malattia polmonare.
Lo studio ha evidenziato che i pazienti con livelli basali più elevati di CRP avevano una sopravvivenza inferiore in tutti i gruppi di ILD. In particolare, i livelli di CRP ≥5 mg/L sono stati associati a una mortalità precoce in tutte le coorti. Nell’analisi multivariata, dopo aver aggiustato per i fattori confondenti, la CRP è rimasta un predittore indipendente di mortalità in tutti i sottogruppi di malattia. L’associazione tra CRP e mortalità era più forte nei pazienti con SSc-ILD.
I risultati suggeriscono che l'infiammazione sistemica, riflessa dai livelli di CRP, potrebbe influenzare negativamente il decorso della malattia e la mortalità nei pazienti con ILD. Interessante notare che l’associazione più forte tra CRP e mortalità è stata osservata nei pazienti con SSc-ILD, mentre la più debole è stata riscontrata nei pazienti con IPF, a conferma dell'ipotesi che l'infiammazione sistemica giochi un ruolo minore nell'IPF rispetto alle ILD associate a malattie del tessuto connettivo (CTD-ILD) e alla polmonite da ipersensibilità fibrosante (fHP). Un aumento dello stato infiammatorio sistemico potrebbe contribuire a una ridotta sopravvivenza attraverso vari meccanismi, tra cui la perdita di peso involontaria, la riduzione dello stato funzionale e le malattie cardiovascolari, come osservato in altre malattie polmonari croniche come la BPCO. In alternativa, sebbene i pazienti con infezioni recenti siano stati esclusi dallo studio, livelli elevati di CRP potrebbero essere un marker di infezioni ricorrenti subcliniche, a loro volta associate a una mortalità precoce. Infine, la CRP potrebbe avere un effetto patogenetico diretto sulla gravità del danno al tessuto polmonare e sulla guarigione anomala, amplificando l'infiammazione preesistente e il danno tissutale.
I risultati di questo studio sostengono il ruolo della CRP come biomarcatore di progressione nelle malattie polmonari interstiziali fibrosanti, riconoscendo una correlazione tra l'infiammazione sistemica e la mortalità, in linea con la letteratura esistente. Infatti, anche Raghu et al. hanno osservato che elevati livelli di CRP sono associati a una progressione più rapida della malattia e a una mortalità aumentata nei pazienti con IPF, simile a quanto trovato nello studio attuale. D’altra parte, altri studi hanno dimostrato che l'infiammazione sistemica ha un minore impatto prognostico nell’IPF rispetto alle CTD-ILD.
Le limitazioni dello studio includono il suo disegno retrospettivo, con dati clinici estratti dalle cartelle dei pazienti. Questo potrebbe aver portato a una stima imprecisa delle infezioni recenti, sovrastimate o sottostimate. Inoltre, l'assenza di misurazioni seriali della CRP nella maggior parte dei pazienti ha impedito di valutare se le variazioni dei livelli di CRP siano legati all’andamento della malattia nel tempo. Infine, questo studio non è stato progettato per identificare le soglie ottimali di CRP da utilizzare come biomarker prognostico nelle singole diagnosi di ILD. L’uso di una soglia di CRP ≥5 mg/L come marker di rischio è stato scelto in modo empirico, e ulteriori studi potrebbero identificare soglie più specifiche per ciascun sottogruppo di ILD.
Conclusioni
In conclusione, questo studio fornisce un'importante base per ulteriori ricerche sul ruolo della CRP come biomarcatore prognostico nelle ILD. Il riscontro di un’associazione tra CRP sierica e mortalità in IPF, fHP, RA-ILD e SSc-ILD è un risultato interessante con potenziali implicazioni patogenetiche che richiedono ulteriori studi. Un passo importante sarà l’esplorazione della relazione tra CRP e microbioma polmonare, come suggerito da recenti studi, che hanno evidenziato l’importanza dell’equilibrio microbico nella patogenesi delle ILD. È necessaria la replicazione in coorti prospettiche indipendenti per confermare questi risultati e per identificare le soglie di CRP clinicamente applicabili che possano fornire una separazione prognostica.
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