- Pubblicazione il 28 Novembre 2022
La fibrosi polmonare idiopatica (IPF), malattia cronica e progressiva con elevata mortalità, ancora ad oggi non presenta un trattamento in grado di arrestare il processo di fibrotizzazione del parenchima polmonare che la caratterizza.
I due farmaci antifibrosanti attualmente approvati per la IPF, pirfenidone e nintedanib, si sono dimostrati in grado di rallentare la progressione della malattia, ma non sono risultati efficaci nel bloccare il processo di fibrosi. Numerosi sono gli studi clinici volti alla ricerca di farmaci che possano modificare il decorso naturale della IPF, sebbene il reclutamento di un numero consistente di pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica, soprattutto in stadi precoci, risulti piuttosto complesso.
A Maggio 2022 sul NEJM [1], sono stati pubblicati i risultati di uno studio multicentrico di fase 2 randomizzato controllato a doppio cieco, che ha valutato l’efficacia e la sicurezza di una nuova molecolare, BI 1015550, inibitore orale selettivo della fosfodiesterasi 4 sottotipo B (PDE4B), in pazienti con IPF.
Nello studio sono stati arruolati 147 pazienti di età superiore o uguale ai 40 anni con diagnosi di IPF secondo le attuali linee guida internazionali, con una capacità vitale forzata (FVC) di almeno 35% del valore predetto ed una capacità di diffusione alveolocapillare al CO (DLCO) compresa tra il 25% e l’80% del predetto.
I pazienti sono stati randomizzati con rapporto 2:1 per ricevere per via orale BI 101550 alla dose di 18 mg due volte die o placebo, rispettivamente. In particolare, sono stati arruolati:
- nel gruppo di trattamento con BI 101550: 48 pazienti che non avevano fino a quel momento ricevuto alcun trattamento antifibrosante e 49 pazienti in trattamento con pirfenidone o nintedanib da almeno 8 settimane.
- nel gruppo placebo: 25 pazienti che non erano in trattamento antifibrosante e 25 in trattamento antifibrosante.
Attraverso un approccio cosiddetto bayesiano, i dati dei pazienti arruolati ex novo sono stati integrati a dati storici ottenuti da gruppo placebo di studi clinici sul nintedanib nella IPF. Ciò ha permesso di raggiungere un’adeguata numerosità del campione in un tempo più contenuto e allo stesso tempo di ridurre al minimo il numero di pazienti che ricevevano solo placebo nelle 12 settimane dello studio.
I due principali endopoints sono stati l’efficacia di BI 101550 rispetto al placebo, valutata comparando modifiche dell’FVC dal valore basale a 12 settimane, e la comparsa di eventi avversi fino a una settimana dopo la fine del trattamento.
A 12 settimane si è osservato, tramite l’analisi bayesiana, una modifica dell’FVC di +5.7ml nel gruppo trattato con B 1015551 e -81.7ml nel gruppo placebo in coloro che non erano in trattamento con antifibrosanti, e di +2.7ml nei trattati e -59ml nei placebo in chi era in terapia anche con nintedanib o pirfenidone. Tali dati preliminari hanno infatti evidenziato una efficacia di BI 1015550 nello stabilizzare l’FVC a 12 settimane di trattamento, indipendentemente dal fatto che il paziente fosse già in terapia con antifibrosanti (probabilità di efficacia terapeutica di 0.998 in pazienti senza altro trattamento antifibrotico vs 0.986 in chi assumeva già farmaci antifibrosanti).
Dal punto di vista della sicurezza, invece, il trattamento con BI 1015550 è stato precocemente interrotto in 15 pazienti, 13 dei quali per la comparsa di eventi avversi verificatisi in particolari in chi era in trattamento anche con nintedanib o pirfenidone, mentre nessun paziente nel gruppo placebo è uscito precocemente dallo studio. Gli eventi avversi segnalati sono stati principalmente disturbi gastrointestinali (diarrea), in numero maggiore in chi era in trattamento anche con farmaci antifibrosanti (37% vs 27% nei pazienti trattati con B101550, con e senza antifibrosante rispettivamente); in percentuali inferiori la diarrea è stata segnalata anche nel gruppo dei controlli (32% vs 16% nei pazienti placebo con e senza antifibrosante, rispettivamente). Tale effetto collaterale è stato nella maggior parte dei casi lievi, ed apparentemente di entità inferiore rispetto a quello osservatosi fino ad oggi da un altro inibitore della PDE4, il roflumilast, studiato e approvato per il trattamento della BPCO ma il cui utilizzo è in parte limitato proprio per i suoi effetti collaterali, tra cui diarrea incoercibile [3]. Non a caso la molecola BI 1015550 è stata sviluppata con l'intento di superare il noto effetto collaterale di tipo gastrointestinale.
L’efficacia di BI 1015550 pare essere correlata ad un’azione antifibrotica e antinfiammatoria, come dimostrato in studi preclinici in vitro e in vivo [4]. La PDE4B fa parte della famiglia delle fosfodiesterasi di tipo 4, le quali controllano la concentrazione cellulare di AMP ciclico (cAMP), regolatore di diversi processi cellulari tra cui fenomeni pro e anti-infiammatori. Gli inibitori orali della PDE4, prevenendo l'idrolisi di cAMP ed incrementandone così i livelli, hanno la capacità di mediare un effetto di tipo antinfiammatorio, motivo per cui sono stati già approvati per il trattamento di alcune patologie autoimmuni e antinfiammatorie, uno tra questi il roflumilast per la BPCO [2].
Oltre all’effetto antinfiammatorio, cAMP antagonizza la cascata di segnale profibrotico, attivando inibitori di prostanoidi e prostaglandine che regolano a loro volta la funzionalità dei fibroblasti. Gli inibitori selettivi della PDE4 contrastano in tal modo la proliferazione e differenziazione dei fibroblasti ed inibiscono la produzione di matrice extracellulare in presenza di trigger endogeno o esogeno mediato da AMPc [4].
Nonostante i farmaci immunosoppressivi/antinfiammatori non si siano dimostrati in passato efficaci nel trattamento dell’IPF, è chiaro come un’infiammazione cronica ed un insulto prolungato partecipino invece nel processo di danneggiamento delle cellule alveolari di tipo 2 e nell’attivazione dei fibroblasti.
Tale considerazione fisiopatologica, associata all’evidenze preliminari osservate in questo studio, potrebbero orientare ancor più il trattamento dell’IPF verso farmaci che agiscono su fronti differenti, sia in senso antifibrosante che in senso antinfiammatorio.
Per avere dati più solidi che possano confermare tali evidenze ancora preliminari, e far luce soprattutto sulla tollerabilità e sicurezza di questo potenziale nuovo farmaco, sono necessari studi clinici con tempi di osservazione più lunghi con maggiore numerosità del campione; a tal proposito uno studio di fase 3 è già in corso di reclutamento (NCT05321069).
Bibliografia:
- Richeldi L, Azuma A, Cottin V, Hesslinger C, Stowasser S, Valenzuela C, Wijsenbeek MS, Zoz DF, Voss F, Maher TM; 1305-0013 Trial Investigators. Trial of a Preferential Phosphodiesterase 4B Inhibitor for Idiopathic Pulmonary Fibrosis. N Engl J Med. 2022 Jun 9;386(23):2178-2187. doi: 10.1056/NEJMoa2201737. Epub 2022 May 15. PMID: 35569036.
- Giembycz MA, Field SK. Roflumilast: first phosphodiesterase 4 inhibitor approved for treatment of COPD. Drug Des Devel Ther 2010;4:147-58.
- Gupta S. Side-effects of roflumilast. Lancet. 2012 Feb 25;379(9817):710-1; author reply 711-2. doi: 10.1016/S0140-6736(12)60304-3. PMID: 22364756.
- Herrmann FE, Hesslinger C, Wollin L, Nickolaus P. BI 1015550 is a PDE4B inhibitor and a clinical drug candidate for the oral treatment of idiopathic pulmonary fibrosis. Front Pharmacol 2022;13:838449.