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L’introduzione dei farmaci inibitori del check-point immunitario ha drammaticamente cambiato il trattamento di molti tipi di cancro e poiché questi farmaci sono diversi da tutti gli altri antineoplastici usati fino ad ora i medici devono conoscere gli effetti collaterali organo-specifici, ed in particolare gli pneumologi, a riguardo dei check-point inibitori che agiscono sul Programmed Death Ligand (PDL) cioè i farmaci anti-PDL1 e anti-PD1 (Programmed Death) come nivolumab, prembolizumab, darvalumab ed altri ancora in corso di studio.
Questi farmaci sono anticorpi monoclonali approvati dal Federal Drug Administration negli Stati Uniti, alcuni già prescrivibili anche in Italia e comunque utilizzabili per i molti studi di fase 3 in corso nei vari settori dell’oncologia come nivolumab e pembrolizumab per melanoma e Non Small Cell Lung Cancer (NSCLC), nivolumab per carcinoma renale e linfoma di Hodkgin, atezolizumab per cancro della vescica e polmone.
Particolarmente per il NSCLC l’immunoterapia ha rappresentato una svolta epocale: dopo molti anni di stentati progressi nella sopravvivenza ottimizzando protocolli integrati di chirurgia, chemio- e radioterapia, finalmente si è aperta una prospettiva di traguardi di sopravvivenza OS (Overall Survival) e PFS (Progression Free Survival) a lungo termine.
L’uso di questi farmaci si sta espandendo rapidamente sia per il numero di farmaci introdotti nel prontuario terapeutico che per le patologie neoplastiche coinvolte e dunque è particolarmente attuale il lavoro degli Autori che presentano due casi di Pneumopatia Interstiziale Diffusa (PID) correlati a terapia anti PD-1 quale occasione per una accurata review della letteratura sull’argomento.
I farmaci Immune CheckPoint Inhibitors (ICIs) potenziano l’attività antitumorale del sistema immunitario e come azione collaterale possono stimolare il sistema immunitario provocando eventi avversi (immune related Adverse Events, irAEs).
Negli studi di fase 1, nelle metanalisi degli studi di fase 2 e 3 e nei case report dei farmaci ICIs sono evidenziate PID con diversi aspetti radiologici alla TAC ad alta risoluzione: 1) Ground Glass Opacities (GGO) od opacità nodulari con predominanza basale, clinicamente Non Specific Interstitial Pneumonia (NSIP); 2) GGO diffuse con consolidamento irregolare clinicamente polmonite interstiziale acuta con danno alveolare diffuso; 3) pattern reticolare fibrotico con o senza GGOs con o senza nodulazioni, polmonite da ipersensibilità (IP); 4) pattern reticolare diffuso, Usual Interstitial Pneumonia (UIP); 5) consolidamenti irregolari e non segmentali, Organizing Pneumonia (OP); 6) linfoadenomegalia con o senza pattern reticolare ai lobi superiori, simil sarcoidosi. Tali pattern radiologici coincidono con quanto precedentemente e recentemente segnalato da Naidoo (1).
Gli Autori presentano due casi, NSCLC e carcinoma dell’esofago trattati con nivolumab (antiPD-1) in seconda linea che hanno sviluppato polmoniti interstiziali con presentazione acuta di dispnea e tosse rispettivamente dopo due mesi e dieci mesi di trattamento. In entrambi i casi nonostante la patologia neoplastica fosse in risposta l’evento avverso PID correlato all’immunoterapia è stato fatale.
La possibilità di PID quali irAEs si può considerare una acquisizione diffusa nella comunità pneumologica, mentre non è chiara l’entità del problema o quantomeno non è sostenuta da dati coerenti. Gli Autori riportano la percentuale di PID, definite come pneumonitis any grade in sei studi con diversi farmaci inibitori del check-point (nivolumab, pembrolizumab, atezolizumab darvalumab + tremelimumab) per un totale di 1.424 pazienti con NSCLC con una variabilità dal 10% al 36% nei vari studi. Anche considerando che il 36% si riferisce ad uno studio di fase 1 che associa durvalumab e tremelimumab le percentuali riportate sono di una certa importanza. Riguardano pazienti con NSCLC che sono più esposti a sviluppare pneumopatie quali irAEs per le patologie fumo correlate, il danno parenchimale polmonare preesistente e la presenza stessa della massa neoplastica polmonare (2). Tuttavia anche pazienti trattati per tumore renale hanno possibilità di sviluppare patologie polmonari durante trattamento con antiPD-1 ed in misura minore pazienti con melanoma. In una review recentemente pubblicata sulla tossicità da farmaci inibitori del check-point (3) gli Autori presentano una casistica di 613 eventi tossici fatali (casistiche dal 2009 al 2018 quindi con aumento progressivo di patologie neoplastiche trattate) dei quali il 35% è correlato a PID quali irAE.
Gli Autori dell’articolo concludono ricordando l’importanza di identificare PID irAE precocemente per consentire un trattamento immediato con corticosteroidi che nella maggior parte dei casi porta ad un successo clinico ed un miglioramento radiologico e in molti casi consente la ripresa della strategia terapeutica per la neoplasia. Come pneumologi abbiamo a disposizione l’importante manuale della American Society of Clinica Oncology che dedica un capitolo alle tossicità polmonari (pagg. 1728-1730) (4) e riporta strumenti diagnostici e management terapeutico per ognuno dei 4 gradi di tossicità ove ad esempio al grado 2 suggerisce di considerare la possibilità di broncoscopia con BAL e al grado 4 il trattamento con immunosoppressori (infliximab o micofenolato) in aggiunta alla terapia steroidea. Si discute anche la possibilità di una biopsia transbronchiale qualora, considerando accuratamente il rapporto rischio/beneficio, sia evidente che l’esame sia utile per indirizzare un cambiamento nella strategia terapeutica come nei casi di incertezza tra ripresa di malattia e irAE, poiché le reazioni polmonari immunomediate possono mimare una progressione di malattia sia all’imaging che nel decorso clinico, decisione che secondo queste linee guida spetta allo pneumologo. 
In linea generale si può affermare che i farmaci anti PD-1 e anti PDL-1 siano meglio tollerati ed abbiano minor impatto sulla qualità di vita dei pazienti, ma possono generare tossicità immunomediate organo specifiche che in buona parte coinvolgono il polmone. Di recente è stato dimostrato come il darvalumab dopo il trattamento simultaneo chemio-radioterapico aumenti significativamente la PFS e la OS nei pazienti con NSCLC stadio IIIB e sono in corso studi anche sull’uso dei check-point inhibitor nel carcinoma della mammella triplo negativo.
A fronte di questa espansione dell’utilizzo e dei risultati fino ad ora raggiunti ottimizzare diagnosi e trattamento degli eventi avversi polmonari è un nuovo compito per la specialità pneumologica.

Bibliografia

  1. Naidoo J, Wang X, Woo KM, et al. Pneumonitis in patients treated with Anti PDL-1 and Anti PD-1 therapy. J Clin Oncol 2017;35:709-17.
  2. Nishino M, Giobbie-Hurder A, Hatabu H, et al. Incidence of programmed cell death 1 Inhibitorr-related pneumonitis in patients with advanced cancer: a systematic review and meta-analysis. JAMA Oncol 2016;2:1607-16.
  3. Douglas B, Johnson MD. Immune checkpoint inhibitor toxicity in 2018. JAMA 2018;320:1702-3.
  4. Brahmer JR, Lacchetti C, Schneider BJ, et al.; National Comprehensive Cancer Network. Management of immune-related adverse events in patients treated with immune checkpoint inhibitor therapy: American Society of Clinical Oncology Clinical Practice Guideline. J Clin Oncol 2018;36:1714-68.