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Non chiamiamole mode. Diciamo però che anche in Medicina esistono ere simili alle ere geologiche. Sicuramente da qualche anno, per merito di alcuni colleghi, le Bx (Bronchiettasie, in questo caso non associate a Fibrosi Cistica) sono all'attenzione del mondo pneumologico e non solo. In passato le Bx erano state classificate come una patologia negletta, orfana. Ovviamente la terapia delle condizioni associate ad esse (asma, BPCO, deficit di immunoglobuline, deficit di alfa-1 antitripsina etc.) va eseguita secondo linee guida e PDTA (Piano Diagnostico Terapeutico Assistenziale). Ma nel caso assai frequente – che riguarda il 38% dei pazienti nel registro EMBARC (1) - di Bx a genesi sconosciuta, non vi è ancora, almeno in Italia, una terapia farmacologica specifica.
E la Riabilitazione Polmonare (PR), allora, che ruolo ha? In una recente revisione sull’autorevole rivista JAMA (Journal of the American Medical Association) (2) si dà molto spazio alla PR.
Il primo argomento da trattare – riferendosi ad una patologia caratterizzata da ipersecrezione cronica – è l’aspetto relativo alla disostruzione bronchiale, cioè alle modalità fisioterapiche che forse in modo più intuitivo la letteratura anglosassone definisce Airway Clearance Techniques (ACT). Si tratta di un argomento ostico, difficile da affrontare anche per un fisioterapista esperto. La difficoltà, paradossalmente, sorge dal fiorire di nuove tecnologie sviluppate negli ultimi anni. Un tempo era tutto molto più semplice: si metteva il paziente a testa in giù (sì, avete capito bene, su lettini appositi) e si batteva (clapping) sulla schiena sperando che le secrezioni - per la forza di gravità associata alle vibrazioni prodotte dall’operatore - scendessero e uscissero dall’albero bronchiale in modo da poter essere espulse. Utilità? Molto relativa. Evidenze? Molto, molto scarse. Ma in mancanza d’altro si continuava così. Valeva però l’aforisma che “per ogni problema complesso c’è una soluzione semplice. Sbagliata”.
Oggi il campo delle ACT è molto più complesso e variegato: si avvale di tecnologie diverse e studiate nei dettagli. Certamente vi sono studi clinici, che tuttavia - sia per scarsità di interesse da parte dei grandi gruppi industriali, sia per difficoltà intrinseche nella conduzione di studi clinici in questo campo (una per tutte: come oggettivare la quantità di secrezioni eliminata quotidianamente dall’albero bronchiale) - spesso non raggiungono livelli di evidenza paragonabili ai trial clinici farmacologici. Ciononostante, esistono revisioni della letteratura e numerose flow-chart, accanto a pareri di esperti, che possono guidare nella scelta di un approccio all’ACT migliore, individualizzando il trattamento paziente per paziente. Trattamento che ovviamente deve incontrare il gradimento del paziente stesso, visto che egli/ella dovrà poi, nella vita reale, applicare quotidianamente il medesimo trattamento utilizzando l’ACT di riferimento da solo/a.
Cosa suggerisce dunque la revisione di JAMA? Il lavoro parte dalle raccomandazioni delle tre principali linee guida/consensi internazionali: European Respiratory Society (ERS), British Thoracic Society (BTS), Thoracic Society of Australia & New Zealand (TSANZ) (3-5). Tutte e tre raccomandano l’impiego di ACT, seppure con basso grado di evidenza, per i motivi cui si accennava prima. Viene sottolineata l’importanza di un approccio educazionale e individualizzato al paziente, valutando il tempo necessario per l’applicazione dell’ACT e il relativo costo.
Ad esempio, ERS sottolinea che i dati dai trial clinici supportano l'impiego di modalità a pressione positiva, con o senza aggiunta di flutter od oscillatori ad alta frequenza, per ridurre la tosse, migliorare la qualità di vita legata allo stato di salute (HRQoL), e ridurre il rischio di riacutizzazioni.  Esistono flow-chart e consensi - tra cui quelli delle Raccomandazioni AIPO-ARiR (6), sul corretto impiego delle ACT nelle diverse categorie di pazienti, cui si rimanda per una più completa trattazione dell'argomento ACT, complesso e variegato.
Certamente il paziente bronchiettasico rappresenta il prototipo dell'ipersecretivo: del paziente, cioè, caratterizzato da un problema di esagerata produzione delle secrezioni (fattore che nel tempo, a causa del noto "circolo vizioso" centrale nella patogenesi delle Bx, può portare anche a compromettere la capacità di eliminarle) più che da problematiche di eliminazione delle secrezioni stesse.
Ciononostante, le ACT risultano ancora oggi poco utilizzate nella vita reale dai pazienti con Bx. Il 59% dei pazienti del registro britannico, e il 52% del registro europeo, utilizzavano almeno un’ACT - prevalentemente a pressione positiva - lasciando certamente spazio a miglioramenti.
Ma l'applicazione delle ACT non esaurisce l'argomento della PR nei pazienti con Bx.
Vi sono infatti almeno altri due capitoli importanti. Il primo è l'aspetto educazionale. Se consideriamo le necessità del paziente ipersecretivo e la sua storia naturale costellata di episodi più o meno gravi di riacutizzazione, la capacità del paziente di approcciare entrambi i problemi in modo efficace è essenziale. La letteratura è ricca di indicazioni sull’autogestione del paziente respiratorio cronico, di flow-chart e di un insieme di misure e modificazioni dello stile di vita che portano il paziente stesso a uno stadio di empowerment (ovvero di consapevolezza della sua situazione clinica e dei mezzi che ha per poterla migliorare) ormai entrato a far parte del lessico utilizzato nella gestione delle malattie respiratorie croniche.
In una recente revisione sull'argomento (7), vengono illustrati i vari passaggi che portano appunto all'empowerment del paziente o, meglio, al raggiungimento degli obiettivi per ottenere un’efficace autogestione della patologia. Si parte dalla consapevolezza sui meccanismi che portano alla malattia e al verificarsi delle riacutizzazioni, insegnando al paziente i fondamenti della malattia e delle cure necessarie; si cerca quindi di individuare obiettivi di miglioramento della condizione clinica del paziente raggiungibili e condivisi con gli operatori, per poi insistere sull’aderenza terapeutica, e infine condividere e "scrivere insieme" un piano terapeutico di autogestione.
Forse il capitolo più interessante e nuovo nel campo della riabilitazione delle Bx è rappresentato dal ri-allenamento allo sforzo. Sia le linee guida ERS che quelle BTS, infatti, raccomandano tale misura terapeutica nei pazienti con Bx, focalizzandosi su coloro che hanno una ridotta resistenza allo sforzo. Esistono alcuni studi importanti che ne dimostrano l’efficacia. In un trial clinico randomizzato che aveva arruolato pazienti con dispnea da sforzo e almeno due riacutizzazioni/anno negli ultimi due anni, un protocollo riabilitativo composto da sessioni bisettimanali in presenza per otto settimane, seguite da 44 settimane di follow-up telefonico con indicazioni e incoraggiamento a mantenere attività fisica ed esercizio, si è dimostrato (rispetto ai controlli) efficace nel mantenere un’attività fisica migliore almeno a nove settimane, e nell’indurre una riduzione delle riacutizzazioni (8). La modalità di stimolare l’esercizio fisico solo con “supervisione” a distanza è tuttavia ancora poco utilizzata nelle Bx.
Un trial clinico più recente ha confrontato – utilizzando un propensity score – 213 pazienti con Bx con altrettanti pazienti con BPCO (9). In entrambi i gruppi il protocollo riabilitativo – basato sul ri-allenamento allo sforzo – è stato completato dalla maggioranza (74%) degli outpatients, con risultati simili per quanto riguarda il miglioramento della tolleranza allo sforzo (misurato con lo shuttle test incrementale) e la HRQoL (Questionario CRQ), anche se nel dominio fatigue i pazienti BPCO miglioravano di più. Questi risultati hanno spinto gli autori a commentare che, se la PR migliora le condizioni dei pazienti con Bx in misura simile a quella dei pazienti con BPCO - campo nel quale è ormai ampiamente e definitivamente dimostrata l’efficacia della PR - vi sono buone ragioni per riferire alla PR i pazienti bronchiettasici.
E noi concordiamo con questo concetto.


Bibliografia

1) Chalmers JD, Polverino E, Crichton ML, et al; EMBARC Registry Investigators. Bronchiectasis in Europe: data on disease characteristics from the European Bronchiectasis Registry (EMBARC). Lancet Respir Med 2023;11:637-49.
2) Barker AF, Karamooz E. Non–Cystic Fibrosis Bronchiectasis in Adults: A Review. JAMA 2025;334:253–64.
3) Polverino E, Goeminne PC, McDonnell MJ, et al.  European Respiratory Society guidelines for the management of adult bronchiectasis. Eur Respir J 2017;50.
4) Hill AT, Sullivan AL, Chalmers JD, et al.  British Thoracic Society guideline for bronchiectasis in adults.  Thorax 2019;74(suppl 1):1-69.
5) Chang AB, Bell SC, Byrnes CA, et al.  Thoracic Society of Australia and New Zealand (TSANZ) position statement on chronic suppurative lung disease and bronchiectasis in children, adolescents and adults in Australia and New Zealand. Respirology 2023;28:339-49.
6) Balbi B, Carone M, Dottorini M, et al. Raccomandazioni Italiane sul- la Pneumologia Riabilitativa. Evidenze scientifiche e messaggi clinico-pratici. Documento AIPO-ITS/ARIR. Rassegna di Patologia dell’Apparato Respiratorio 2022;37(Suppl.1):S3-5.
7)  Lee AL, Spinou A, Basavaraj A. Addressing treatable traits in bronchiectasis through non-pharmacological therapies: a narrative review. J Thorac Dis 2025;17:4302-22.
8) Lee AL, Hill CJ, Cecins N, et al.  The short and long term effects of exercise training in non–cystic fibrosis bronchiectasis - a randomised controlled trial. Respir Res 2014;15:44.
9) Patel S, Cole AD, Nolan CM, et al. Pulmonary rehabilitation in bronchiectasis: a propensity-matched study. Eur Respir J 2019; 53:1801264.