- Pubblicazione il 02 Dicembre 2019
La natura progressiva della Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) e la presenza di episodi di esacerbazione nella sua storia naturale sono la causa dei frequenti ricorsi a visite nei dipartimenti di emergenza e/o al ricovero ospedaliero. Questo costituisce un crescente problema sia per i sistemi sanitari sia per l’impatto sullo stato di salute e la qualità di vita dei pazienti. L’ottimizzazione delle cure durante e dopo un episodio di esacerbazione è di estrema importanza nel ridurre il rischio di recidiva e di riammissione ospedaliera. Peraltro, la mancanza di programmi strutturati della gestione della transizione ospedale/domicilio, di programmi di follow-up e di management della malattia e il mancato accesso a programmi di riabilitazione sono lacune importanti nella gestione dei pazienti BPCO. Molti degli studi che hanno mostrato miglioramenti dello stato di salute e una riduzione degli eventi correlati alla BPCO si riferivano a programmi di self-management condotto in un setting ambulatoriale, spesso in pazienti a minor grado di severità clinica e di complessità.
Lo studio di Aboumatar et al. apparso sul numero di ottobre di JAMA affronta il problema della transizione ospedale/domicilio e fornisce un programma di gestione per i sei mesi successivi alla dimissione. Scopo del programma (BREATHE program) era di migliorare la qualità di vita e ridurre il ricorso alle cure del sistema sanitario in 240 pazienti BPCO ricoverati per un episodio di esacerbazione presso il Johns Hopkins Bayview Medical Center di Baltimora. L’ipotesi primaria dello studio era che pazienti che ricevevano questo tipo di programma avessero un numero minore di eventi acuti correlati alla BPCO ed una migliore qualità della vita a sei mesi dalla dimissione. Lo studio prevedeva un gruppo di controllo trattato secondo il programma usuale di cura ed un gruppo di intervento che includeva tre componenti: 1) un intervento di supporto al passaggio ospedale/domicilio; 2) un programma di supporto al self-management individualizzato che aiutasse il paziente nell’assunzione della terapia, nel riconoscere i segni della riacutizzazione e nel seguire l’action plan consigliato, un programma di esercizi respiratori e tecniche di conservazione di energia, mantenimento di stile di vita attivo, un punto di ascolto per situazioni di difficoltà; 3) accesso facilitato a servizi sanitari di comunità. L’intervento veniva fornito da infermieri specializzati, che prendevano in carico il paziente già nel corso del ricovero e intervenivano nei tre mesi successivi alla dimissione. L’outcome primario dello studio era il numero di eventi acuti BPCO correlati (ospedalizzazioni e visite in emergenza) nei sei mesi dopo la dimissione. La variazione della qualità della vita misurata mediante il St George’s Respiratory Questionnaire veniva valutata come outcome co-primario. Outcome secondari dello studio erano la mortalità e il tempo alla prima ospedalizzazione e/o visita in emergenza. Nonostante l’attenta strutturazione del programma i pazienti nel gruppo di studio mostravano, al termine del periodo di sei mesi, un maggior numero di eventi acuti BPCO correlati (1,4 vs 0,72 per partecipante, differenza statisticamente significativa) e nessuna variazione in termini di qualità della vita. Inoltre, i pazienti nel gruppo di controllo mostravano un tempo al primo evento acuto o al decesso maggiore rispetto al gruppo di studio.
I risultati ottenuti dagli Autori sono quantomeno inattesi. In effetti gli stessi Autori avevano già pubblicato lo stesso studio nel corso del 2018, attribuendogli risultati positivi, ma una re-analisi dei dati aveva sostanzialmente invertito la direzione del miglioramento e quanto pubblicato nel numero di ottobre della rivista JAMA è il frutto di tale rivalutazione, correttamente ammessa dai ricercatori. Peraltro, molti trial sull’applicazione di programmi che avessero l’obiettivo di prevenire le ospedalizzazioni e gli eventi acuti BPCO correlati hanno mostrato risultati contrastanti ed alcuni (1, 2) sono in linea con quanto osservato dallo studio di Aboumatar et al. A fronte di questi risultati, sarebbe però importante cercare di comprendere perché un programma di cura ben strutturato non raggiunga l’obiettivo fissato e addirittura risulti in risultati contrari all’ipotesi formulata. Molte potrebbero essere le questioni da considerare. Innanzitutto tali risultati vengono ottenuti in un sistema sanitario molto diverso dal nostro e da altri; gli individui selezionati avevano nella gran parte svantaggi socioeconomici, un basso reddito ed un basso livello di educazione e, molti, nessuno che si occupasse di loro, per cui il programma potrebbe aver offerto l’opportunità per un più regolare accesso alle cure (3). Dobbiamo inoltre tener presente la natura prettamente comportamentale dell’intervento, che rende di per sé difficile risalire ai meccanismi alla base dei risultati. Le caratteristiche dei pazienti potrebbero aver giocato un ruolo importante; infatti in un’analisi post-hoc gli Autori hanno riscontrato che l’aumentato rischio di eventi acuti era confinato a pazienti con maggiori livelli di “attivazione” cioè pazienti con alta percezione di conoscenza di malattia, abilità e confidenza nella gestione della propria salute, che avrebbero potuto ritardare il ricorso alle cure. Al contrario, proprio la maggiore percezione e coscienza dei propri sintomi e della propria malattia avrebbe potuto rendere più frequente il ricorso ad alti livelli di cura. Inoltre, la frequente interazione dei pazienti del gruppo di studio con gli operatori potrebbe in alcuni produrre un maggiore stato di ansia e quindi generare maggior ricorso alle cure. Comunque, quale che sia il motivo che ha prodotto i risultati discussi nello studio, il lavoro ci ricorda che allo stato attuale manca una forte evidenza su come poter prevenire le ospedalizzazioni e le riammissioni nei pazienti con BPCO.
Con queste premesse, presa in considerazione la eterogeneità dei risultati presenti in letteratura sull’argomento, il nostro compito è quello di fornire al paziente una programma di cure basato sulle evidenze note. Il ricorso alla riabilitazione respiratoria in pazienti BPCO è un intervento fortemente raccomandato per cui il nostro sforzo dovrà essere concentrato sulla possibilità di garantire l’accesso alle cure riabilitative in maniera più capillare possibile.
Bibliografia
- Prieto-Centurion V, Markos MA, Ramey NI, et al. Interventions to reduce rehospitalizations after chronic obstructive pulmonary disease exacerbations: a systematic review. Ann Am Thorac Soc 2014;11:417-24.
- Fan VS, Gaziano JM, Lew R, et al. A comprehensive care management program to prevent chronic obstructive pulmonary disease hospitalizations:a randomized, controlled trial. Ann Intern Med 2012;156:673-83.
- Rinne ST, Lindenauer PK, Au DH. Unexpected harm from an intensive COPD intervention. JAMA, 2019;322:1357-9.