- Pubblicazione il 02 Dicembre 2025
Introduzione
La tracheostomia è una procedura regolarmente eseguita nella comune pratica clinica, in particolare in ambiente intensivo nei pazienti con difficile svezzamento o che richiedano ventilazione invasiva a lungo termine. Le complicanze a breve e lungo termine possono essere frequenti, e tra quelle a lungo termine una delle più comuni è la stenosi tracheale.
Quest’ultima può avere eziologie, dimensioni e aspetti molto diversi, e in genere si presenta sintomatica quando il lume tracheale è ridotto di almeno il 50%, manifestandosi con dispnea, tosse, difficoltà nell’espettorazione (con conseguenti infezioni ricorrenti), fino ad arrivare al tirage.
Per quanto attiene le cosiddette stenosi semplici (coinvolgimento di meno di 1 cm. della trachea, senza evidenza di rottura e/o collasso degli anelli tracheali) la letteratura ha evidenziato l’alto tasso di successo di tecniche che potremmo definire “calde”, come i vari tipi di laser (Nd:YAG, CO2, diodi etc.). Tuttavia, una sempre maggior interesse si sta indirizzando verso l’uso di tecniche “fredde”, come la crioablazione.
L’articolo in questione si pone l’obiettivo di studiare l’efficacia e la sicurezza della crioablazione a contatto nella gestione delle stenosi tracheali post-tracheostomia (PTTS).
Metodi
Il presente lavoro è uno studio monocentrico, sia retrospettivo che prospettico, condotto in un centro in Germania specializzato in patologie neurologiche.
Sono stati presi in considerazione tutti i pazienti che rientravano nei criteri di inclusione (vedi sotto) ricoverati dal 30 Aprile 2020 al 21 Marzo 2024.
Criteri di inclusione
PTTS confermata dalla tracheoscopia, con evidenza di granulomi esofitici e intraluminali.
Criteri di esclusione
Età inferiore a 18 anni;
Donne in gravidanza o in allattamento, o donne in età fertile che avevano rifiutato un test di gravidanza al momento del ricovero;
Coinvolgimento laringeo nella stenosi;
Trachea “instabile” (esempio con diverse fratture cartilaginee);
Mancanza di consenso allo studio.
L’endpoint primario era rappresentato dal tasso di rimozione della cannula (DS) al momento
della dimissione dall'ospedale.
Gli endpoit secondari erano rappresentati da:
- Numero e tipo di interventi richiesti
- Successo tecnico (nessun residuo endoscopicamente rilevante di PTTS definito come una stenosi del lume tracheale <20%) valutato dall'endoscopista
- Successo clinico (assenza di sintomi, come dispnea e stridore) valutato dall'endoscopista e dal medico curante
- Numero di pazienti che hanno necessitato di stent o trattamento chirurgico
La presenza di una PTTS veniva sospettata in presenza di sintomi quali dispnea, sforzo respiratorio, stridore o desaturazione durante il tentativo di decannulazione.
Per confermare la diagnosi e pianificare un’eventuale procedura interventistica, veniva quindi eseguita una tracheoscopia (Olympus BF-1TH1100 EVIS X1, Tokyo, Giappone), durante la quale la cannula tracheale veniva rimossa. Veniva poi analizzata la morfologia e l'estensione della stenosi e si procedeva alla scelta del metodo di trattamento endoscopico più idoneo. In media dieci giorni dopo ogni procedura, è stata eseguita una tracheoscopia di controllo per valutare gli effetti della terapia.
Crioablazione
La crioablazione a contatto è stata eseguita in presenza di granulomi e in assenza di tessuto cicatriziale (controindicazione).
Tutti i pazienti idonei sono stati trattati con crioablazione a contatto (ERBECRYO® 2, Erbe Elektromedizin GmbH, Tubinga, Germania) con l’utilizzo di un broncoscopio flessibile.
Sono stati usati cicli ripetuti di congelamento e scongelamento (numero variabile di cicli, decisi dal medico caso per caso) con un tempo di raffreddamento di circa 30-60 secondi ciascuno (fino alla comparsa di una decolorazione biancastra dell'intero tessuto nell'area bersaglio).
Altre metodiche sono state utilizzate a discrezione dell’operatore, come l’argon plasma (soprattutto nei pazienti con stenosi più severe, con la conseguente necessità di avere una ricanalizzazione in tempi più rapidi), l’elettrocauterio (come ad esempio in presenza di stenosi "flap-like"), la rimozione con pinza (in particolare per la rimozione di tessuto necrotico) o l'intervento chirurgico.
In caso di presenza di stenosi con morfologia complessa è stata inoltre usata una combinazione delle tecniche descritte nel paragrafo precedente.
In base al controllo endoscopico eseguito 10 giorni dopo il primo trattamento, basandosi sull’aspetto endoscopico e in base all’evoluzione clinica, è stata valutata la necessità di ripetere la procedura. Tutte le procedure sono state eseguite in broncoscopia flessibile, senza mai dover ricorrere alla broncoscopia rigida.
Statistica
Per l’analisi statistica è stato utilizzato SPSS Statistics (versione 29; IBM, Armonk, NY, USA).
Le variabili nominali sono presentate come numeri e percentuali. Poiché il test di Shapiro-Wilk ha rivelato che le variabili erano distribuite in modo non normale, le variabili continue sono presentate come mediane e intervalli interquartili (IQR).
Risultati
Sono stati arruolati 63 pazienti (53 retrospettivamente e 10 prospettivamente), il 65% dei quali donne, con un’età media di 69 anni. Di questi, 18 pazienti (29%) erano stati sottoposti a tracheostomia presso il centro che ha condotto lo studio, mentre 45 (il 71%) presso altri nosocomi che poi li avevano trasferiti. Avevano già subito precedentemente una tracheotomia 11 pazienti (17,5%). Hanno evidenziato una rottura della cartilagine tracheale 18 pazienti (29%).
Come già detto, si è proceduto a manovre di distruzione solo in caso di comparsa di sintomatologia significativa dopo rimozione della cannula tracheostomica. Il tempo mediano intercorso tra il confezionamento della tracheostomia e la diagnosi di PTTS è stato di 52 giorni (IQR: 35). In 19 pazienti (30%) è stato possibile rimuovere la cannula senza dover procedere con manovre di pneumologia interventistica (per sette non è stato necessario alcun tipo di trattamento, 12 pazienti invece erano stati trattati con prednisolone per via sistemica). Tuttavia, tra questi ultimi, due sono stati sottoposti in un secondo momento a procedure di disostruzione endoscopica, pertanto, solo 17 (27%) non hanno necessitato di alcuna procedura. Tutti i granulomi sono stati localizzati al di sopra del tracheostoma, e in tutti i casi non ci sono state localizzazioni multiple.
Sui restanti soggetti sono state effettuate un totale di 78 procedure (45 Crioablazioni; 17 procedure con elettrocauterio; otto con Argon plasma; quattro trattamenti esterni, e in un solo caso è stato necessario utilizzare le pinze). L’intervento chirurgico è stato necessario in tre casi. Tra questi ultimi, due sono stati trattati prima endoscopicamente e successivamente inviati a chirurgia, mentre uno solo è stato sottoposto direttamente a intervento chirurgico.
Dei 46 pazienti (73%) sottoposti ad almeno una procedura, la crioablazione è stata inizialmente utilizzata in 31 pazienti (49%), l’eletrocauterio in sei pazienti (10%) e l’argon plasma in due (3%). In 29 pazienti (46%), è stata sufficiente una sola procedura, mentre in 15 (24%) è stata necessario eseguirne più di una. Di questi 29 pazienti, 22 sono stati decannulati con successo.
Il tasso globale di successo clinico (rimozione stabile della cannula) si è avuto in 42 casi (per un totale di 60 procedure) pari al 70%. Il tasso globale di successo tecnico si è invece avuto in 53 casi, pari all’88%. Non è mai stato necessario posizionare uno stent.
Discussione
Il problema delle complicanze a lungo termine delle tracheostomie e della loro relativa gestione endoscopica è stato valutato in numerosi lavori fin dagli anni ‘80. Le tecniche disostruttive che potremmo definire “calde” (come i diversi tipi di laser o l’argon plasma) hanno sicuramente una letteratura più ampia rispetto a quelle “fredde”.
Il tasso di successo, tuttavia, appare estremamente variabile (dal 20 a oltre il 90%), così come l’eziologia (stenosi post-intubazione vs stenosi post-tracheostomia), la localizzazione, la morfologia (prima fra tutti la differenza tra stenosi semplici vs stenosi complesse) e soprattutto le tecniche impiegate, variabilità che rende complesso il confronto tra i diversi studi. Per non parlare della difficoltà nel paragonare il concetto di “successo” tra i diversi lavori, laddove in alcuni casi vengono usati parametri endoscopici, in altri parametri clinici o di entrambe le tipologie.
Per quanto attiene le tecniche che potremmo definire “fredde”, va riconosciuto che in tempi più recenti si stanno via via accumulando evidenze, in particolare per quanto attiene la tecnica della crioablazione spray. Hosna et al., in una review sistematica pubblicata nel 2023, valutavano cinque studi, per un totale di 67 pazienti: tra questi, 48 hanno riscontrato un miglioramento, 13 sono diventati asintomatici, e cinque non hanno riscontrato alcun cambiamento nei sintomi; 65 non hanno avuto nessuna complicanza, mentre due hanno avuto solo complicanze minori.
Chen et al., in un lavoro restrospettivo monocentrico pubblicato nel 2022 e condotto dal 2009 al 2019 su 87 pazienti con PTTS, mostrano come ben 60 pazienti fossero stati trattati con crioterapia, con un tasso di decannulazione del 73,5%, ma solo nei soggetti con stenosi a livello del trachestoma (un tasso minore veniva registrato quando la stenosi era localizzata al di sopra o al di sotto).
In recente lavoro del 2024, Yang et al. hanno invece studiato una tecnica nella quale è stata integrata la crioablazione con laser ad olmio su 16 pazienti, ottenendo una ricanalizzazione dopo una sola procedura in 12 soggetti, mentre solo tre ed uno necessitavano rispettivamente di una seconda e di una terza procedura, a fronte di un tasso di complicanze molto basso (un solo episodio di sanguinamento trattato endoscopicamente con terapia locale), in assenza di recidive a sei mesi.
In letteratura sono poi presenti altri lavori con numeri più piccoli, come quello di Dalar et al., dove su 132 pazienti la crioterapia era stata usata solo nel 3% dei casi, o come Parpucu e Aydemir, i quali su un gruppo di 20 pazienti (cinque dei quali con PTTS) avevano in tutti questi ultimi usato la crioterapia sempre associata alla dilatazione meccanica, ma ricorrendo al posizionamento di uno stent in ben quattro casi su cinque.
Il principale risultato del presente lavoro è dato dal fatto che la crioablazione a contatto (e non spray) è una procedura sicura (tasso di complicanze 0%) ed efficace come trattamento di prima linea nei pazienti con PTTS, con un successo clinico del 70% e un successo tecnico dell’88%.
Anche la chiara definizione di “successo” è uno dei punti più interessanti dell’articolo, nel quale si considera “successo” clinico la rimozione definitiva della cannula, mentre con successo “tecnico” si intende la persistenza di un adeguato calibro tracheale dopo il trattamento. L’apparente contraddizione nella differenza tra i due tassi di “successo” è spiegata dagli autori con il particolare tipo di pazienti da loro gestito (soggetti con patologie neurologiche provenienti dalla terapia intensiva). Infatti, nella maggior parte dei casi, la mancata decannulazione non era dovuta all’insuccesso della terapia endoscopica, quanto a fattori “esterni” che andavano da una condizione neurologica compromessa con conseguente assenza di riflessi protettivi, alla presenza di disfagia, fino al rifiuto dei pazienti stessi a sottoporsi ad ulteriori procedure endoscopiche.
Va sottolineato infine come nel 73% dei casi non sia stato necessario ripetere il trattamento.
Limiti
Il presente lavoro tuttavia presente alcuni importanti limiti. Primo fra tutti la natura stessa dello studio, per lo più retrospettivo, su un singolo centro con potenziali bias di selezione.
Vanno inoltre sottolineati il basso numero di pazienti e le loro caratteristiche cliniche (centro specializzato in malati neurologici), con risultati che difficilmente possono essere riferiti alla popolazione generale.
Il follow-up ha avuto una mediana di 66 giorni, non permettendo di elaborare ipotesi su outcome più a lungo termine.
Inoltre, la crioablazione spesso non può essere usata in alcuni tipi di stenosi o comunque non da sola, rendendo difficile determinarne l’effettivo impatto.
La sintomatologia dei pazienti, a causa del loro status neurologico, non poteva essere valutata con metodiche standardizzate come la scala della dispnea di Borg.
Infine, come in molti lavori di pneumologia interventistica, si lascia un ampio margine di discrezionalità all’operatore nel valutare quali stenosi trattare e con quale tecnica.
Conclusioni
In conclusione, la crioablazione a contatto sembra essere un'opzione terapeutica efficace, semplice e con basso tasso complicazioni, nei casi di PTTS con particolari morfologie delle stenosi, come i granulomi. Tuttavia, appare altrettanto evidente come questa tecnica vada integrata con le altre tecniche di pneumologia interventistica, che devono essere conosciute e adeguatamente utilizzate.
Appare evidente come ulteriori studi prospettici di confronto siano quantomai necessari.
Bibliografia
- Chen F, Zhang J, Qiu X, et al. Efficacy and outcomes of endoscopic management of post-tracheostomy tracheal stenosis: a retrospective study from an interventional center in China. Chin Med J 2022; 135:851–3.
- Ravikumar N, Ho E, Wagh A, et al. The role of bronchoscopy in the multidisciplinary approach to benign tracheal stenosis. J Thorac Dis 2023;15:3998–4015.
- Hosna A, Haseeb Ul Rasool M, et al. Cryotherapy for the treatment of tracheal stenosis: a systematic review. Cureus 2023;15(6): e41012.
- Yang Q, Lv S, Li Q, et al. Bronchoscopic holmium laser ablation continuous cryoablation for the treatment of airway stenosis caused by tissue hyperplasia after tracheal intubation: clinical case observation. J Thorac Dis 2024;16:4693-701.
- Parpucu UM, Aydemir S. Our clinical experience with patients requiring intensive care for tracheal stenosis: a retrospective casecontrol study. Cureus 2023;15(9):e45978.


