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La broncoscopia flessibile è una delle principali metodiche diagnostiche delle malattie polmonari ma il suo ruolo appare indiscusso anche come strumento terapeutico in alcuni scenari come la gestione delle vie aeree nel paziente ricoverato presso le unità di terapia intensiva (ICU), la rimozione di corpi estranei, la gestione dei sanguinamenti endobronchiali e il trattamento delle stenosi tracheobronchiali. In particolare, nel paziente in ICU, mentre in alcune circostanze il ruolo della broncoscopia appare imprescindibile (intubazione difficile, guida all’intubazione con doppio lume, tracheostomia percutanea), molto scarse sono le evidenze che supportino il suo ruolo nelle manovre a scopo disostruttivo che invece vengono considerate, nella pratica clinica quotidiana, uno standard di cura in questi pazienti.
A tale proposito, recentemente è stata pubblicata su Respiration un’analisi retrospettiva condotta in un ospedale universitario circa le richieste urgenti di broncoscopia effettuate al di fuori dell’orario di lavoro (1). Nel 2016 il centro ha implementato, sul modello delle linee Guida della British Thoracic Society del 2013, un protocollo riportante precise raccomandazioni sulle indicazioni delle broncoscopie in urgenza, protocollo al quale veniva richiesto di attenersi sia all’endoscopista che doveva eseguire la procedura sia al medico di reparto che la richiedeva in urgenza. Da qui l’idea di effettuare un’analisi sul numero, sulle indicazioni, sulle complicanze e sugli outcome delle broncoscopie eseguite in urgenza nei due periodi, il primo della durata di un anno, antecedente alle raccomandazioni e il secondo, successivo alle stesse, anche questo della durata di un anno. I prerequisiti generali per richiedere una broncoscopia in urgenza erano i seguenti:

  • radiografia del torace, EGA arteriosa ed esami di laboratorio (emocromo, aPTT e PT) della stessa giornata della richiesta
  • indicazione in urgenza confermata dal broncoscopista contattato telefonicamente dal medico di reparto
  • monitoraggio continuo del paziente
  • insufficienza respiratoria con P/F < 200 o necessità di ECMO

Ai precedenti, si aggiungevano i prerequisiti specifici, diversi in base all’indicazione:

  • in caso di atelettasia questa doveva essere polmonare o lobare (ad esclusione del lobo medio) e refrattaria alla terapia fisica per almeno 3 ore oppure doveva esserci il sospetto di corpo estraneo all’imaging
  • in caso di polmonite l’indicazione era presente solo nei pazienti in ICU con progressione radiologica delle opacità polmonari oppure quando non vi era possibilità di reperire campioni respiratori per i test microbiologici che dovevano essere effettuati entro 4h
  • nei pazienti trapiantati
  • in caso di emorragia polmonare il paziente poteva effettuare una broncoscopia in urgenza se intubato o portatore di cannula tracheostomica > 7 mm, se erano state corrette eventuali anomalie della coagulazione, in caso di sanguinamento attivo visibile dal tubo endotracheale, cannula o circuito del ventilatore e se era stata effettuata una TC.

Dall’analisi effettuata, il dato sicuramente più rilevante è che delle 924 broncoscopie a chiamata in urgenza effettuate, 794 erano state effettuate a 432 pazienti nel primo periodo e 130 effettuate a 107 pazienti nel secondo periodo con una riduzione delle richieste per disostruzione da eccessive secrezioni del 96,7% nel secondo periodo. Due studi randomizzati avevano già in precedenza mostrato che la broncoscopia non appariva utile nel trattamento o nella prevenzione delle atelettasie lobari, del resto l’atelettasia può essere causata da meccanismi diversi dalle secrezioni: riassorbimento dell’aria alveolare secondario ad elevati livelli di FiO2, compressione ab-estrinseco (masse, versamento pleurico, pneumotorace), ipoventilazione, ridotta produzione di surfactante e la broncoscopia, in queste circostanze, non è utile (2,3). Inoltre, non esiste comunque nessuna evidenza scientifica che le secrezioni “eccessive” siano da considerare un’indicazione alla broncoscopia, anzi in queste circostanze le tecniche da preferire per il drenaggio delle secrezioni sono la fisiochinesiterapia, il drenaggio posturale, i dispositivi ad alta frequenza applicati alla parete toracica e l’umidificazione. Ridotte nel secondo periodo anche le richieste per analisi microbiologiche, mentre quelle per trauma toracico o inalazione apparivano sovrapponibili. Nel secondo periodo, tuttavia, maggiore è risultato il tasso di complicanze verosimilmente perché le richieste di broncoscopia erano circostanziate a situazioni e pazienti più gravi.
Ultimo dato interessante riguarda gli outcome, infatti nonostante la riduzione statisticamente significativa del numero di broncoscopie effettuate soprattutto a scopo disostruttivo, non vi era differenza tra i due periodi sia sul tempo di degenza, sia sulla mortalità ospedaliera.
Sebbene i risultati di questa analisi debbano trovare conferma in trial randomizzati, essi suggeriscono che, nel paziente critico, l’uso della broncoscopia può essere circoscritto a ben precise indicazioni senza modificare gli outcome, con conseguente notevole risparmio di risorse. 

Bibliografia

  1. Duesberg CB, Valtin C, Fuge J, et al. A before-and-after study of evidence-based recommendations for on-call bronchoscopy. Respiration 2021;100:600-10. 
  2. Jaworski A, Goldberg SK, Walkenstein MD, et al. Utility of immediate postlobectomy fiberoptic bronchoscopy in preventing atelectasis. Chest 1988;94:38-43.
  3. Kreider ME, Lipson DA. Bronchoscopy for atelectasis in the ICU: a case report and review of the literature. Chest 2003;124:344-50.