- Pubblicazione il 04 Giugno 2021
La patogenesi della malattia da Coronavirus 2019 (COVID-19) è ancora oggi poco conosciuta. La maggior parte dei dati istologici deriva da analisi post-mortem, dalle quali si è evidenziato un aspetto istologico di preminente danno alveolare diffuso, tipico delle forme severe e fatali.
La conoscenza della fisiopatologia della malattia precoce in forma lieve-moderata potrebbe porre le basi per un nuovo approccio terapeutico. In uno studio di Gattinoni et al. pubblicato nell’aprile 2020 (1) gli Autori ipotizzavano l’esistenza di due fenotipi fisiopatologici di COVID-19: il cosiddetto fenotipo light (type L) e il fenotipo heavy (type H). Il primo, tipico delle fasi iniziali della malattia, è caratterizzato da una compliance normale/aumentata e da un basso rapporto ventilazione/perfusione (V/Q ratio) associati a una ridotta reclutabilità alveolare. Il fenotipo H è invece caratterizzato da bassa compliance con elastanza aumentata, condizionanti una elevata reclutabilità.
Quest’ultimo fenotipo è più spesso riscontrato nelle fasi avanzate di malattia e nelle forme severe, assimilabili dal punto di vista fisiopatologico alle forme di ARDS classica. Come già anticipato, i dati istopatologici autoptici al momento disponibili, riguardanti inevitabilmente forme severe fatali di COVID-19, hanno documentato la presenza di danno alveolare diffuso con edema alveolare e interstiziale, presenza di membrane ialine, iperplasia di pneumociti di II ordine e presenza di danno micro- e macro- vascolare con trombosi diffusa.
Ad oggi, invece, l’aspetto istopatologico delle forme precoci lievi-moderate della malattia polmonare da SARS-CoV-2 - spesso rappresentate dal fenotipo L- resta per gran parte da determinare.
Partendo da questi presupposti, gli Autori dell’articolo hanno esaminato le caratteristiche istopatologiche e immunomolecolari di 12 pazienti con COVID-19 nelle fasi precoci di malattia (<20 giorni dall’esordio dei sintomi), sottoposti a biopsia polmonare transbronchiale con criosonda. Gli esami istopatologici hanno documentato la presenza di iperplasia degli pneumociti di secondo ordine, la distorsione architetturale delle venule post-capillare in assenza di vasculite dei piccoli vasi, nonché segni di disfunzione endoteliale con aggregati piastrinici; si associava la presenza di infiltrato linfocitario prevalente T-CD8+ perivascolare con infiltrazione macrofagica intra-alveolare, in assenza di membrane ialine: questi dati anatomo-patologici differiscono notevolmente dall’aspetto istologico del danno alveolare, tipico delle forme avanzate di malattia.
Gli Autori, sulla scorta dei dati istologici riscontrati nelle criobiopsie eseguite in fase precoce di malattia, forniscono quindi delle ipotesi di spiegazione fisiopatologica alla base della presentazione clinica del fenotipo L, di seguito riassunte:
- L’integrità della barriera alveolo-capillare in assenza di membrane ialine e conseguente mancanza di atelettasia condiziona la preservazione della normale ventilazione polmonare; di contro, il riarrangiamento delle strutture vascolari caratterizzato da dilatazione e iperplasia dei capillari alveolari e venoplegia determina l’incremento della perfusione, con conseguente riduzione del rapporto ventilazione/perfusione, principale determinante dell’ipossiemia nel fenotipo L di COVID-19;
- La preservazione della compliance derivante dall’assenza di atelettasia e di edema alveolare in fase precoce potrebbe essere una delle spiegazioni della ridotta prevalenza di dispnea a dispetto di livello di ossiemia estremamente ridotti – la cosiddetta “happy hypoxemia” tipica delle forme precoci di COVID-19;
- La CPAP, grazie alla pressione positiva continua, permette di ottenere un reclutamento alveolare e mantenere aperti gli alveoli. Pur essendo il fenotipo L caratterizzato dall’assenza di edema alveolare, membrane ialine o atelettasia, la CPAP riveste un ruolo fondamentale nel trattamento dei pazienti anche in questa fase: la presenza di una pressione alveolare positiva può infatti determinare una iperinflazione alveolare con conseguente compressione dei capillari adiacenti, riduzione dell’iperperfusione e ripristino di un normale rapporto ventilo-perfusivo.
Questo studio pone in evidenza come la conoscenza dei dati anatomopatologici sia alla base della comprensione del fenotipo clinico delle malattie.
In merito alla malattia da COVID-19, l’acquisizione dei dati istologici pone le basi non solo per la migliore gestione clinica di malattia, ma anche per l’apertura di nuove prospettive terapeutiche.
A tale proposito merita menzione anche lo studio correlato di Doglioni et al. (2) che fornisce un’estensiva analisi immunoistochimica degli stessi pezzi istologici ottenuti in corso di biopsia polmonare con criosonda, alcuni dei quali rappresentano potenziali obiettivi di terapie a bersaglio molecolare.
In conclusione, sebbene molto si sappia del comportamento clinico e dell’aspetto istologico delle forme avanzate di malattia, sicuramente di notevole interesse è l’approfondimento delle forme più precoci, per le quali si richiede un intervento efficace al fine di evitarne la progressione a forme severe, potenzialmente fatali.
In tal senso, l’identificazione degli aspetti istologici e di potenziali target terapeutici potrebbe rappresentare il punto di partenza per una migliore gestione clinica e farmacologica dell’infezione da SARS-CoV-2.
Bibliografia
- Gattinoni L, Chiumello D, Rossi S. COVID-19 pneumonia: ARDS or not? Crit Care 2020;24:154.
- Doglioni C, Ravaglia C, Chilosi M, et al. Covid-19 interstitial pneumonia: histological and immunohistochemical features on cryobiopsies. Respiration 2021;100:488-98.