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Il Mesotelioma Pleurico Maligno (MPM) è una rara neoplasia che origina dal mesotelio che riveste le cavità sierose del corpo: pleura, peritoneo, pericardio, cavità vaginale dei testicoli. La pleura è la sierosa maggiormente coinvolta a causa dell’inalazione di fibre aerodisperse di asbesto da esposizione lavorativa o ambientale.
Benché in Italia con il D.L. n. 257 del 1992 sia stata proibita la produzione, lavorazione e vendita dell’amianto, questo materiale è stato diffusamente utilizzato fino agli anni ottanta non solo per la coibentazione di edifici, tetti, navi e treni ma come materiale da costruzione per l’edilizia (Eternit). Il picco di incidenza di MPM sul territorio nazionale è previsto nel periodo compreso tra la seconda e la terza decade degli anni duemila (1), in relazione alla latenza temporale tra esposizione all’asbesto e sviluppo di malattia che può variare da 15 a 45 anni con una media di 30 anni. La sopravvivenza mediana nel MPM è pari a 9,8 mesi (2) con il 5% dei pazienti sopravvissuti a 5 anni. La mortalità costituisce circa il 4% della mortalità globale per tumori in quasi tutte le età e in entrambi i sessi.
Studi retrospettivi hanno dimostrato come la chirurgia nel contesto di una terapia multimodale possa associarsi ad un vantaggio di sopravvivenza rispetto a terapie non chirurgiche (51 vs 14 mesi) con intervallo libero da malattia differente nei pazienti N0 (66%) vs N+ (48%) (3). Il parametro N0 dunque rappresenta una discriminante fondamentale per l’approccio chirurgico e le linee guida AIOM lo definiscono una raccomandazione clinica positiva forte.
TC e PET sono in grado di evidenziare adenopatie che corrispondono a metastasi linfonodali rispettivamente nel 60% e 50% dei casi. Metodiche invasive come la mediastinoscopia cervicale (CM) o linfadenectomia mediastinica transcervicale estesa (TEMLA) sono scarsamente impiegate nella stadiazione per rischio di complicanze a fronte di peggior sensibilità se comparate con l’EBUS-TBNA (58% vs 49%) (4). Una limitata letteratura riporta l’applicazione di metodiche endoscopiche (EBUS-TBNA e EUS-FNA) nella stadiazione linfonodale in pazienti affetti da MPM.
Gli autori hanno valutato l’efficacia della stadiazione pre-chirurgica mediante EBUS in 48 pazienti affetti da MPM eleggibili per trattamento chirurgico dopo terapia radiante (SMART therapy). In totale 168 linfonodi, definiti sospetti secondo i criteri di Fujiwara (5), sono stati campionati durante le procedure, con una resa diagnostica (patologici e normali) in 152 casi (89,9%). Il numero di passaggi per singolo linfonodo variava in base alla disponibilità della ROSE. 9 pazienti sono stati esclusi dal trattamento SMART per interessamento delle stazioni N2 (8 MPM e 1 metastasi renale). In 9 pazienti sottoposti a chirurgia sono tuttavia risultate positive per MPM le stazioni linfonodali N2, di queste 4 non accessibili mediante EBUS.
I valori di specificità, valore predittivo positivo, valore predittivo negativo e accuratezza diagnostica sono risultati rispettivamente del 100%, 100%, 68,8% and 70,6%. Tuttavia la sensibilità è riportata al 16,7%, molto differente se paragonata al lavoro di Rice, nonostante il 90% dei linfonodi campionati con l’EBUS fosse risultato diagnostico e nessuno dei linfonodi non diagnostici positivo all’istologia dopo asportazione.
Analizzando il gruppo dei pazienti con linfonodi positivi dopo chirurgia, 2 risultavano inaccessibili all’EBUS, 2 potevano esser raggiunti mediante EUS e in 5 casi non sono stati campionati secondo i criteri di Fujiwara, contribuendo ad abbassare la sensibilità della metodica.
Anche il lasso temporale tra l’EBUS e il trattamento chirurgico (59 giorni) potrebbe aver contribuito ad una progressione linfondale della malattia. Infine può avere influito anche il basso campione di pazienti che sono andati alla chirurgia rispetto al gruppo di candidati sottoposti a stadiazione endoscopica. Un elemento favorevole è rappresentato dai 9 pazienti esclusi dalla chirurgia per riscontro di metastasi linfonodali.
In conclusione l’opzione chirurgica nei pazienti affetti da MPM mostra tassi di sopravvivenza maggiori rispetto a terapie non chirurgiche, tuttavia come dimostrato in precedenti studi il parametro N rappresenta un fattore predittivo di sopravvivenza e recidiva nei pazienti operati.
Lo studio ribadisce il ruolo fondamentale dell’EBUS nella corretta valutazione del parametro N pur confermando una possibile sinergia tra diverse metodiche (EBUS, EUS e TEMLA) come dimostrato in precedenti lavori. In considerazione del picco d’incidenza del MPM nei prossimi anni e delle differenze in termini di sopravvivenza nei pazienti operabili rispetto ai non operabili, lo Pneumologo interventista dovrebbe avere un ruolo discriminante nel corretto inquadramento dei pazienti chirurgici, come già avviene nel NSCLC.

Bibliografia

  1. Marinaccio A, Montanaro F, Mastrantonio M, et al. Predictions of mortality from pleural mesothelioma in Italy: a model based on asbestos consumption figures supports results from age-period-cohort models. Int J Cancer 2005;115:142-7.
  2. Montanaro F, Rosato R, Gangemi M, et al. Survival of pleural malignant mesothelioma in Italy: a population-based study. Int J Cancer 2009;124:201-7.
  3. Beebe-Dimmer JL, Fryzek JP, Yee CL, et al. Mesothelioma in the United States: a Surveillance, Epidemiology, and End Results (SEER)-Medicare investigation of treatment patterns and overall survival. Clin Epidemiol 2016;8:743-50.
  4. Rice DC, Steliga MA, Stewart J, et al. Endoscopic ultrasound-guided fine needle aspiration for stagingof malignant pleural mesothelioma. Ann Thorac Surg 2009;88:862-8; discussion 868-9.
  5. Fujiwara T, Yasufuku K, Nakajima T, et al. The utility of sonographic features during endobronchial ultrasound- guided transbronchial needle aspiration for lymph node staging in patients with lung cancer: a standard endobronchial ultrasound image classification system. Chest 2010;138:641-7.