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Nelle ultime linee guida sulla Fibrosi Polmonare Idiopatica (IPF) pubblicate nel settembre 2018, la criobiopsia transbronchiale (TLCB) non è stata di certo raccomandata come procedura per la diagnosi delle malattie interstiziali diffuse (ILD), ma d’altro canto, viene sottolineato come i gruppi che già utilizzano questa procedura proseguano, in modo da fornire dati per rispondere alle domande che il panel di esperti si poneva (1). Si pongono molti dubbi sulla standardizzazione della metodica, sul numero dei prelievi e la loro sede, sul tempo di congelamento e quindi le sonde da utilizzare.
Una forte risposta, alle domande poste, viene data in questo lavoro del gruppo di Forlì, pubblicato poco dopo l’inizio dell’anno 2019, con la loro casistica di 699 pazienti (dal 2011 al 2017). Nel lavoro viene ben descritta la procedura, concludendo peraltro quali sono le strategie procedurali che permettano di diminuire le complicanze ed aumentare la resa diagnostica (DY). Vengono descritti il setting e la procedura come eseguita nel loro centro, utilizzando un tracheoscopio rigido, ma considerando la possibilità di usare anche un tubo endotracheale, il paziente addormentato in sedazione profonda ma respiro spontaneo, l’uso routinario del palloncino di Fogarty per la prevenzione dell’allagamento dell’emisistema da parte dell’eventuale sanguinamento, l’utilizzo di sonde da 1,9 mm o 2,4 mm indifferentemente (considerando la differenza in tempo di raffreddamento), ed il prelievo eseguito a circa 10 mm dalla pleura, in due lobi differenti o in due segmenti del medesimo lobo nel lobo ove vi sia malattia allo studio della TC torace HR.
Il paziente dopo tre ore eseguiva Rx torace, e non solo in caso di sintomatologia di tipo respiratorio; in questo modo ogni pneumotorace viene rilevato, anche se poi non sarà necessario inserire un tubo di drenaggio. Mentre per quanto riguarda l’emorragia, viene classificata in lieve se ci si limita alla sola aspirazione, moderata se bisogna gonfiare il palloncino di Fogarty o qualsiasi altro tipo di bloccatore endobronchiale o instillare soluzioni coagulanti oppure severa se si ponga la necessità di effettuare un up-grade del management (ricorso alla chirurgia toracica, ricovero in UTI, instabilità emodinamica o respiratoria).
I campioni sono stati considerati non diagnostici, in caso di polmone normale o inadeguati se i prelievi risultavano di dimensioni eccessivamente ridotte o troppo prossimali e quindi contenenti solo parete bronchiale.
L’informazione istologica è stata ottenuta in 614 pazienti e in 630 su 699 (90,1%) si è potuto offrire una diagnosi al paziente, dopo la discussione del gruppo multidisciplinare. Dei 49 pazienti rimanenti, in 4 hanno ripetuto una criobiopsia ottenendo tutti una diagnosi, mentre 38 (5,4%) sono andati a biopsia chirurgica ed 1 a mediastinoscopia, ed anche in questo caso tutti hanno ottenuto una diagnosi, mentre gli ultimi 6 sono stati sottoposti a biopsia transtoracica CT guidata e solo un paziente è rimasto inclassificato. Nei risultati viene specificato come la resa diagnostica (DY) della criobiopsia aumenta se non si effettua un solo prelievo ma due o più, e di come la stessa non si modifichi con la scelta della sonda (2,4 mm o 1,9 mm).
Per quanto riguarda la sicurezza nel 19,2% i pazienti hanno avuto uno pneumotorace e nel 70,1% di questi è stato necessario posizionare un drenaggio toracico. Sembra che lo pneumotorace aumenti se i prelievi sono effettuati in più di un sito, nei lobi inferiori, se si utilizza la sonda da 2,4 mm, aumenta con il numero dei prelievi ed infine correla con il maggior deficit funzionale (FVC e DLco). Nel 7,6% vi è stata un’emorragia moderata mentre nello 0,7% severa. Nessuna emorragia è stata fatale. Si segnalano, poi, 3 decessi nei trenta giorni successivi alla procedura, di cui due per riacutizzazione di IPF e uno per una microangiopatia trombotica neoplastica, tutti confermati al tavolo autoptico.
La metodica richiede ancora una standardizzazione, e questo è ampiamente dimostrato dai lavori prodotti nei quasi 10 anni in cui la tecnica è disponibile. La resa diagnostica è molto variabile (50-100%) e anche la registrazione delle complicanze, ma vi sono studi pubblicati con numero di pazienti veramente irrisorio, in cui non vi sono strategie corrette per la prevenzione delle complicanze e vi è ancora un enorme difficoltà nel comparare la metodica con quella che ad oggi è considerata il gold standard cioè la biopsia polmonare chirurgica.
Già nel 2018, era stato pubblicato un lavoro in cui venivano effettuate delle raccomandazioni procedurali, in modo da omogenizzare i comportamenti (2). Altresì vi sono raccomandazioni per gli standard minimi istopatologici (3).
Gli Autori concludono consigliando 5 strategie di campionamento che migliorano la DY al netto delle complicanze. Ottenere 2 campioni da almeno due sedi differenti, utilizzare la sonda da 1,9 mm che sembra essere meno correlata allo pneumotorace, campionare i lobi inferiori sembra essere più correlato allo pneumotorace così come il deficit di tipo funzionale ed in ultimo è consigliabile intubare il paziente (tubo orotracheale o broncoscopio rigido indifferentemente) ed utilizzare un bloccatore bronchiale.
Ritengo che la criobiopsia transbronchiale debba essere inserita in un percorso diagnostico dei pazienti con pneumopatie infiltrative diffuse, insieme alla biopsia chirurgica. Sono convinta che si debba al più presto raccogliere i dati in un registro che permetterebbe di omogenizzare i comportamenti dei vari centri italiani e altresì credo che sia di fondamentale importanza che i centri che effettuano la procedura debbano essere esperti sia di pneumologia interventistica che in patologie interstiziali diffuse, con gruppi multidisciplinari competenti e metodologicamente corretti.
Mi permetto infine di concludere con una domanda, che ci siamo posti con il mio Direttore Prof. Salio durante una discussione sulla criobiopsia transbronchiale, quante procedure di pneumologia interventistica possono definirsi completamente standardizzate? E faccio alcuni esempi, meglio una protesi metallica o una siliconica in un’infiltrazione di un bronco principale? Meglio utilizzare il palloncino o meno durante l’esecuzione dell’EBUS e ancora, meglio sedare il paziente (e come farlo) per la stadiazione sistematica del mediastino oppure no, meglio la maschera laringea, intubare il paziente o nulla? E questi sono solo esempi…

 

Bibliografia

  1. Raghu G, Remy-Jardin M, Myers JL, et al. Diagnosis of Idiopathic Pulmonary Fibrosis. An Official ATS/ERS/JRS/ALAT clinical practice guideline. Am J Respir Crit Care Med 2018;198:e44-e68.
  2. Hetzel J, Maldonaldo F, Ravaglia C, et al Transbronchial cryobiopsy for the diagnosis of diffuse parenchimal lung diseases: expert statement from the cryobiopsy working group on safety and utility and a call of a standardization of the procedure. Respiration 2018;95:188-200.
  3. Colby TV, Tomassetti S, Cavazza A, et al. Tranbronchial cryobiopsy in diffuse lung disease update for the pathologist. Arch Pathol Lab Med 2017;141:891-900.