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Come è noto l’enfisema polmonare è determinato da una alterazione irreversibile e progressiva del parenchima polmonare che può portare ad un grave stato di invalidità. Il trattamento medico, basato sulla fisiokinesiterapia, sulla terapia inalatoria con broncodilatatori e sulla ossigenoterapia a lungo termine è efficace dal punto di vista sintomatico ma non riesce a contrastare adeguatamente la disabilità che questa malattia provoca. La tecnica chirurgica di riduzione volumetrica polmonare, iniziata negli anni 90 e affermatasi nell’ultimo decennio, attraverso lo studio National Emphisema TreatmentaTrial1 (NETT), ha chiaramente dimostrato che questa tecnica, quando applicata a pazienti selezionati, permette di raggiungere importanti obiettivi: aumentare la tolleranza allo sforzo, migliorare la funzionalità polmonare e la qualità della vita ma soprattutto avere un impatto positivo sulla sopravvivenza. Tutto ciò al prezzo di una non trascurabile percentuale di mortalità, morbilità e complicanze correlate direttamente all’intervento chirurgico. Per evitare le complicanze chirurgiche e per poter estendere il trattamento anche a pazienti non candidabili all’intervento, sono state elaborate delle tecniche endoscopiche di riduzione volumetrica polmonare. La riduzione volumetrica endoscopica può essere raggiunta tramite l’inserimento di bloccatori bronchiali, di valvole endobronchiali unidirezionali o di by-pass bronchiali. Lo scopo principale di questa tecnica è quello di ottenere l’atelettasia del lobo polmonare trattato o almeno ridurne l’iperinsuffazione riuscendo a sfruttare la ricaduta positiva sia dal punto di vista funzionale che sintomatico; questo obiettivo può essere raggiunto anche attraverso l’inserimento nel parenchima polmonare di molle metalliche (coils) oppure tramite l’utilizzo di mezzi chimici, come colle, oppure fisici, come il calore generato dal vapore; in questi casi la infiammazione controllata e localizzata del parenchima polmonare porta ad una conseguente riduzione di volume della zona trattata. Nel numero di giugno del European Respiratory Journal sono stati pubblicati ben tre articoli che hanno come argomento comune il trattamento endoscopico dell’enfisema. Di seguito verrà commentato il primo articolo dove Ninane, Geltner e coll. riportano i risultati di uno studio multicentrico europeo per il trattamento dell’enfisema in fase avanzata con valvole bronchiali IBV mentre verranno successivamente pubblicati i commenti sul secondo articolo, nel quale Snell, Herth e coll. ci riferiscono dei risultati da loro ottenuti con l’utilizzo dell’azione termica del vapore acqueo, e sul terzo articolo dove Herth, Noppen e coll. analizzano e spiegano i risultati del braccio europeo dello studio multicentrico, già precedentemente pubblicato, denominato Endobronchial Valve for Emphisema Palliation Trial (VENT)2. Come nota finale è da segnalare il contributo che la pneumologia italiana ha dato nella realizzazione di ben due di questi lavori, dato che i colleghi della pneumologia interventistica di Brescia hanno fatto parte dello studio sulle valvole IBV, mentre i colleghi della pneumologia di Ancona hanno partecipato alla realizzazione dello studio VENT.

Nel loro articolo Ninane e coll. riportano i risultati di uno studio multicentrico, prospettico, randomizzato, in cieco, controllato con “falso trattamento” endoscopico nel braccio di controllo. I pazienti affetti da enfisema disomogeneo ai lobi polmonari superiori ed elegibili al trattamento, sono stati randomizzati per essere sottoposti al posizionamento di valvole endobronchiali IBV (Spiration inc.) oppure ad un esame broncoscopico senza inserimento di valvole (gruppo di controllo “falso trattamento”). Lo scopo dello studio era quello di ridurre la iperinsufflazione polmonare senza ottenere la completa esclusione dei lobi superiori evitando così la conseguente totale atelettasia delle zone sottoposte al trattamento; per questo i lobari superiori non sono stati completamente trattati lasciando pervia la lingula a sinistra, mentre a destra poteva rimanere pervio un bronco segmentario od un sub segmentario del lobare superiore a giudizio dell’operatore. Gli autori hanno definito come obiettivo principale dello studio un endpoint composito formato da due fattori che dovevano essere contemporaneamente presenti: il miglioramento della qualità di vita calcolato con una variazione del SGRQ di almeno 4 punti e la riduzione di almeno il 7,5% del volume polmonare misurato sulla Tc del torace. Al controllo dopo tre mesi dall’inserimento delle valvole, l’endpoint fissato è stato raggiunto da 8 pazienti nel gruppo trattato e da nessuno nel gruppo di controllo; purtroppo nessuna significativa differenza è stata registrata nei parametri funzionali o nella misurazione della qualità della vita tra i due gruppi. Pertanto gli autori hanno concluso che il trattamento con valvole bronchiali senza la occlusione lobare completa dei lobi polmonari superiori è una procedura sicura ma non efficace nella maggioranza dei pazienti. Pur non avendo raggiunto l’obiettivo stabilito, lo studio ha almeno due punti di interesse che sono meritevoli di essere sottolineati: la presenza di un chiaro e rilevante effetto placebo registrato nei pazienti del gruppo di controllo, effetto che ha portato in questo gruppo ad una variazione statisticamente significativa del SGRQ; il rigore metodologico dimostrato dall’utilizzo di un “falso trattamento” nel braccio di controllo, metodologia che dovrebbe essere utilizzata più frequentemente in pneumologia interventistica soprattutto negli studi riguardanti gli effetti dei trattamenti.

Bibliografia

  1. Naunheim KS, Wood DE, Mohsenifar Z, et al. Long-term follow-up of patients receiving lung-volume-reduction surgery versus medical therapy for severe emphysema by the National Emphysema Treatment Trial Research Group. Ann Thorac Surg 2006; 82:431–443.
  2. Sciurba F, Ernst A, Herth FJ, et al. A randomized study of endobronchical valves for advanced emphysema. N Engl J Med 2010; 363:1233–1244