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Nel bagaglio culturale di uno pneumologo interventista rientra obbligatoriamente l’endoscopia operativa. Esistono variazioni notevoli di come viene effettuata la procedura, ma pochi dati su come questi diversi atteggiamenti impattino sull’efficacia della procedura stessa.
L’ostruzione delle vie aeree centrali è un evento piuttosto frequente sia derivante da tumori polmonari primitivi che da metastasi di altra origine (colon, mammella, carcinomi renali ecc).
I primi studi in merito alla broncoscopia terapeutica per lesioni centrali delle vie aeree includevano popolazioni molto differenti creando bias di fondo; altri erano costruiti per la valutazione di emergenti tecnologie. Nella pratica clinica di tutti i giorni l’approccio multimodale, soprattutto sfruttando le risorse umane, tecnologiche e di esperienza che si hanno a disposizione è il determinante nella gestione di questi pazienti.
Il lavoro in oggetto, prende in considerazione il registro dell’American College of Chest Physician (ACCP) per il miglioramento qualitativo (AQuIRE) (1). Il vantaggio dell’uso di un registro è di non avere un setting di pazienti selezionato, come in un trial, con dati generalizzabili alla popolazione.
L’obiettivo principale è quello del tasso di successo, definito come riottenimento del lume delle vie aeree trattate cercando di correlarlo con la tecnologia utilizzata ed altri fattori associati. Gli obiettivi secondari sono quelli di valutazione della riduzione della dispnea (tramite la scala di Borg) e il miglioramento della qualità della vita (tramite SF-6D) valutati in preprocedura e dopo 30 giorni.
Dal gennaio 2009 al febbraio 2013 sono stati sottoposti a broncoscopia terapeutica 947 pazienti per un totale di 1115 procedure in 15 centri.
Il primo dato è una variabilità, statisticamente significativa, nel tipo di allocazione, tipo di anestesia, modalità di ventilazione, tipologia di broncoscopio, tecniche ablative, uso e tipologia di stents.
Il 93% delle procedure sono state definite come soddisfacenti (riotteni mento di un lume >50% del normale lume del bronco o trachea trattati).
La dispnea è stata valutata in soli 187 pazienti. La dispnea migliorava nelle procedure in elezione e non in urgenza, pazienti ricoverati, e quando veniva utilizzato un broncoscopio rigido.
In ultimo, tra gli obiettivi, la qualità della vita è stata valutata in 183 pazienti. Il 42% di essi hanno avuto un miglioramento della QoL.
Le complicanze sono state registrate in 44 pazienti (3,9%).
La broncoscopia terapeutica nelle lesioni maligne è per definizione un trattamento palliativo, che non migliora la sopravvivenza del paziente, ma riduce la dispnea rendendo nuovamente pervie le vie aeree fino a quel momento ostruite, permettendo la ventilazione di zone polmonari escluse e conseguentemente migliorando la qualità della vita del paziente stesso.
Gli autori concludono che non esiste un singolo metodo ablativo che ottiene risultati migliori rispetto ad altri, e che l’uso di stents di qualsiasi tipo siano è correlato con un successo tecnico. Bisogna sottolineare come, in funzione delle caratteristiche della lesione, della sede e della loro tipologia (estrinseche, infiltranti o compressive), i pazienti, nonostante venga riottenuta la pervietà del lume, non abbiano un miglioramento della loro dispnea e/o della qualità della vita. Pertanto il solo riottenimento del lume delle vie aeree non basta per un reale effetto palliativo. I dati di questo lavoro, che è il primo report in questo senso, suggeriscono che se alla baseline la dispnea è elevata e la disabilità che ne consegue molto inficiata, la procedura ha un enorme impatto sulla qualità della vita.
A differenza di altre procedure broncoscopiche sia diagnostiche che terapeutiche, in questa tipologia di pazienti la valutazione del rischio non dovrebbe essere fattore limitate, ma piuttosto incentivante. Effettivamente questa affermazione potrebbe sembrare un paradosso, ma in realtà, partendo dal concetto che l’obiettivo è la “palliazione”, questa può essere realmente ottenuta solo quando la dispnea, la disabilità funzionale che ne deriva e pertanto la minore qualità della vita hanno valori tali da essere di molto migliorati con la disostruzione meccanica ottenuta con metodiche ablative e il posizionamento di stents. Resta il fatto che metodiche di questa entità devono essere eseguite in centri altamente specializzati, con alti volumi di pazienti trattati e dove il fattore esperienza può essere determinante in uno sbilanciamento verso l’efficacia della procedura piuttosto che nelle complicanze o nel fallimento del raggiungimento dell’obiettivo finale.

Bibliografia

1.    ACCCP Quality Improvement Registry Education and Evaluation (AQuIRE): Glenview, IL. American College of Chest Physicians http://chestnet.org/guidelines-and-resources/payment- practice-and-quality/practice-resources/AQuIRE, Updated July 24, 2009. Accessed April 30, 2013