- Pubblicazione il 09 Settembre 2009
Le polmoniti acquisite in comunità (CAP) costituiscono argomento di estrema attualità e di grande rilievo ed impongono costante aggiornamento, confronto scientifico e paziente pratica quotidiana; ne è una esemplificazione l’approccio terapeutico che si identifica in un diffuso ricorso alla terapia empirica piuttosto che alla terapia mirata a causa della limitata disponibilità di diagnosi eziologiche, aspetto questo che richiede conoscenza ed esperienza e trova spiegazione in una serie di ragioni: impossibilità di ricercare l’agente per mancanza o incapacità di espettorazione, rifiuto o impossibilità di eseguire manovre invasive (broncoaspirato); scarsa affidabilità dell’esame batteriologico dell’espettorato; terapie preesistenti; urgenza di instaurare un trattamento.
Lo scenario epidemiologico è in continua trasformazione in relazione a categorie di pazienti non semplici da classificare, all’ascesa di patogeni resistenti ai farmaci e all’incremento di popolazioni batteriche un tempo prive di patogenicità. Negli ultimi anni la ricerca farmacologica, con la contrazione della scoperta di molecole attive, stenta a tenere il passo con l’aggressività tutt’altro che trascurabile di diverse specie batteriche; è bene ricordare a questo proposito che enormi sono i costi industriali per nuovi antibiotici e che necessitano circa dieci anni di tempo dalla scoperta all’impiego clinico di un nuovo antibiotico.
Vi è pertanto la necessità di adeguare ed aggiornare costantemente percorsi e linee guida elaborate in questi ultimi anni per una razionale gestione diagnostico-terapeutico delle CAP. Alle questioni sopra riportate la pubblicazione dei colleghi Carbonara, Monno, Longo, Angarano, offre senza dubbio un notevole contributo. Gli autori, dopo aver evidenziato l’entità epidemiologica della patologia (incremento del 34% dei ricoveri ospedalieri nell’ultimo decennio, ricorso a cure intensive per circa il 10% dei pazienti, mortalità dell’8% tra i pazienti in ricovero ordinario e del 28% tra quelli trattati in Unità di cure intensive), passano egregiamente in rassegna i più importanti lavori scientifici pubblicati recentemente (Ottobre 2007-Settembre 2008) in tema di CAP concernenti i diversi aspetti clinico-terapeutici della malattia.
A questo proposito vengono presi in considerazione, tra l’altro: - FATTORI DI RISCHIO: accanto ai fattori di rischio tradizionalmente noti, come l’asma e la bronchite cronica, l’ossigenoterapia e la terapia inalatoria contenente steroidi, ne vengono evidenziati di nuovi quali la presenza di bassi livelli di colesterolo o di albumina; il rischio di una nuova ospedalizzazione entro 30 giorni da un precedente ricovero è correlato all’esistenza di comorbidità quali patologie cardiopolmonari e neurologiche. – CAUSE: lo Streptococcus pneumoniae, i batteri atipici e i virus sono i patogeni più frequentemente isolati; l’Haemophilus influenzae risulta meno implicato (ricordo a questo proposito che l’Haemophilus influenzae rimane il principale responsabile delle riacutazzazioni delle bronchiti croniche e delle BPCO); i germi gram negativi sono isolati più frequentemente se sono presenti patologie maligne, cardiovascolari, BPCO; un precedente impiego di macrolidi nel paziente trattato a domicilio sembra incrementare la probabilità di polmoniti virali; - RESISTENZA ANTIMICROBICA: puntuale risulta l’analisi del problematico fenomeno della resistenza batterica (in particolare vengono presi in considerazione lo Streptococcus pneumoniae, l’H.influenzae, la Moraxella catarrhalis e la Klebsiella pneumoniae). – ADERENZA ALLE LINEE GUIDA: viene ribadita l’importanza delle linee guida e la capacità di adeguarle alla epidemiologia locale per la collaudata efficacia che esse rappresentano nel conseguimento del miglior risultato possibile nella gestione delle CAP.
L’argomento offre l’occasione per riferire della nostra esperienza decennale e per evidenziare come in realtà il problema sia più complesso. Abbiamo potuto verificare che le linee-guida terapeutiche nel campo delle CAP, con una corretta interpretazione e un’appropriata applicazione, rappresentano generalmente un valido strumento per l’adeguata gestione del paziente. Tuttavia, le problematiche che emergono nelle infezioni respiratorie trattate nella nostra U.O.C, spesso non trovano nelle linee guida strumenti sufficienti a garantire un idoneo trattamento dei pazienti la cui patologia, per differenti ragioni, richiede l’assunzione di specifici e complessi provvedimenti. Con notevole frequenza giungono alla nostra osservazione casi di infezioni respiratorie di difficile gestione in cui è necessario prendere decisioni, caso per caso, che richiedono sperimentata determinazione e solide conoscenze nella materia.
Nella nostra casistica personale di Polmoniti comunitarie ricoverate vi è da rilevare un incremento delle infezioni da Staphilococco aureus e da germi Gram negativi, mappa batterica senza dubbio diversa dalla flora responsabile generalmente delle polmoniti acquisite in comunità se consideriamo il territorio e le strutture sanitarie di primo livello in cui, come è noto, l’incidenza maggiore spetta allo Streptococco pneumoniae.
La modificazione dell’ecosistema batterico tradizionalmente responsabile delle polmoniti, da noi riscontrata, è giustificabile dall’accesso frequente presso la nostra struttura (reparto specialistico di pneumoinfettivologia di secondo livello) di pazienti con notevole complessità clinica: soggetti affetti da malattie respiratorie croniche, da alterazioni strutturali del polmone, da patologie concomitanti; soggetti più volte ricoverati in ospedale e con storia di frequenti trattamenti antibiotici; soggetti già trattati a domicilio o in altri centri ospedalieri da cui sono stati trasferiti per la spiccata problematicità. Inoltre, l’alta negatività degli esami batteriologici, circa il 70% dei casi, che abbiamo registrato è da mettere in relazione a precedenti trattamenti antibiotici, ad infezioni pneumococciche “decapitate” dalla terapia iniziale, in genere praticata con antibiotici maggiormente attivi su tali germi che non su germi Gram-negativi o comunque "difficili", oppure ad infezioni da agenti atipici (Mycoplasma e Chlamydia, ritenuti frequentemente responsabili di CAP ricoverate, assai difficilmente e tardivamente accertabili con le sole metodiche sierologiche). Un elemento rilevante è rappresentato dalle frequenti complicazioni (versamenti pleurici, empiemi, ascessi, insufficienza respiratoria), spesso causa della particolare problematicità terapeutica che tali pazienti presentano, e dal cui corretto trattamento dipende spesso il successo terapeutico. Un aspetto particolarmente importante, per certi versi preoccupante per la persistente conferma clinico-epidemiologica del riscontro in questi ultimi tre anni, riguarda le complicanze intervenute nella categoria dei soggetti più giovani (alcuni giovanissimi), non portatori di comorbidità o di fattori di rischio particolari, soggetti in cui l’aspettativa di complicazioni è naturalmente più bassa.
Dunque, come è possibile constatare, l’applicazione delle linee guida non è sempre agevole per il non raro ricorso ad una terapia antibiotica ben più articolata: esse rappresentano tuttavia un punto di riferimento indispensabile nel trattamento delle polmoniti acquisite in comunità nella generalità dei casi e, quantomeno, nell’orientamento iniziale di quelle forme infettive che impongono scelte terapeutiche “personalizzate”. – VALUTAZIONE DELLA SEVERITA’ DELLA PATOLOGIA: non vi è dubbio che i diversi sistemi per valutare gli indici di gravità della malattia per le conseguenziali misure organizzative e clinico-terapeutiche da adottare, analizzati nella pregevole pubblicazione (PSI, CURB-65, CRB 65, SMART-COP, quest’ultimo sistema di punteggio è di recente introduzione), costituiscono idonee procedure per una corretta gestione delle CAP: ciò nonostante, come è stato rilevato in numerosi convegni ed incontri scientifici, il ricorso ai modelli catalogativi suggeriti non è entrato sistematicamente nel bagaglio operativo di quanti sostanzialmente dovrebbero utilizzarli: mi riferisco ai colleghi delle strutture di Pronto Soccorso o DEA o Accettazione, probabilmente per le difficoltà pratiche e ben note del loro frenetico lavoro che non consentono l’attenta ed accurata classificazione dei pazienti che quelle metodiche prevedono. – SCELTA DELLA TERAPIA ANTIMICROBICA EMPIRICA: vengono presi in esame attentamente i principali trattamenti antibiotici delle CAP nel paziente seguito a domicilio e nel paziente ospedalizzato e riferiti i dati della letteratura sul confronto tra regimi terapeutici in monosomministrazione ed in combinazione; sono inoltre citate opportunamente nuove classi di antibiotici e riportata la loro efficacia.
Accanto ai farmaci menzionati dagli autori (tigecyclina, cethromycina, daptomycina), dal momento che l’emergenza dell’antibioticoresistenza sviluppata dai più comuni patogeni rende quanto mai preziosa la possibilità di disporre di nuovi antibatterici, è bene segnalare due antibiotici, di recente introduzione nella pratica clinica, per il trattamento delle CAP, il Cefditoren e l’Ertapenem, rispettivamente indicati per le polmoniti da trattare a domicilio e per le polmoniti ospedalizzate. Il Cefditoren pivoxil (la cui approvazione da parte della FDA è stata supportata da dati provenienti da più di 4.000 pazienti in studi clinici), è una cefalosporina orale di recente introduzione nel nostro paese, che dispone di un ampio spettro di attività contro i batteri Gram-positivi (Streptococcus pyogenes, Streptococcus pneumoniae, Staphylococcus aureus MS) e Gram-negativi (Haemophilus influenzae, Haemophilus parainfluenzae, Moraxella catarrhalis, produttori di beta-lattamasi, Klebsiella pneumoniae), dagli effetti collaterali generalmente non gravi.
La posologia raccomandata prevede una doppia somministrazione al giorno che garantisce una concentrazione ematica e tissutale sempre al di sopra delle MIC dei citati patogeni anche resistenti alla penicillina. In particolare, per quanto riguarda lo Streptococcus pneumoniae, il Cefditoren è decisamente efficace nei confronti di questa specie batterica, inclusi i ceppi intermedi alla penicillina e/o resistenti ai macrolidi, ketolidi, tetracicline, cotrimossazolo e cloramfenicolo. Non ha invece mostrato efficacia nei confronti di Pseudomonas aeruginosa e patogeni respiratori atipici ed ha solo una variabile attività contro gli anaerobi. L’efficacia clinica dimostrata in numerosi trials riguarda in sintesi la polmonite acquisita in comunità, lieve e moderata con guarigione clinica del 86% - 87% ed eradicazione batterica del 77% - 85%. Il farmaco possiede potenza e spettro simile alle cefalosporine parenterali cefotaxime e ceftriaxone e può essere impiegato anche nella terapia sequenziale.
L’Ertapenem possiede un ampio spettro d’azione (nei confronti, tra l’altro, di Streptococcus pneumoniae, Haemophilus influenzae, Moraxella catarrhalis, Staph. spp MS, Enterobacteriaceae, Anaerobi) con limitata attività contro batteri non fermentativi gram-negativi (P. Aeruginosa, Acinetobacter spp.). Indicato nelle polmoniti acquisite in comunità, riduce la pressione antibiotica nella selezione di Pseudomonas multiresistente evitando in tal modo il sovraimpiego di antibiotici anti pseudomonas e rispettando al tempo stesso l’ecosistema batterico ospedaliero.
E’ posizionato secondo linee guida internazionalmente accreditate nel trattamento (in monosomministrazione) delle polmoniti nosocomiali a precoce insorgenza e nelle polmoniti acquisite in comunità trattate nei reparti di Medicina o Pneumologia (non in ICU) da solo o in associazione con macrolidi. – DURATA DEL TRATTAMENTO: studi randomizzati, segnalati dagli autori, indicano una durata del trattamento antibiotico nelle forme lievi-moderate di circa 7 giorni; è indubbiamente prudente, pur tenendo in considerazione tale indicazione, valutare attentamente caso per caso in quanto si tratta di questione tuttora controversa. – TERAPIE AGGIUNTIVE: viene confermata l’indicazione, che condividiamo, dell’uso dei cortisonici per via sistemica nelle forme severe; soprattutto nei primi giorni di degenza i cortisonici, per via generale, riducono lo stato infiammatorio, determinano un miglioramento protratto della funzione respiratoria e sono in grado di favorire un più rapido miglioramento della insuffic. respirat. ed un conseguente accorciamento dei tempi di degenza. – CONTROLLI RADIOGRAFICI: è certamente un problema tuttora aperto e non chiarito che merita ulteriori approfondimenti.
La pubblicazione, per l’ampia panoramica delle problematiche affrontate, per le accurate argomentazioni prodotte e le esaustive fonti di riferimento riportate, costituisce un utlile strumento di consultazione per approfondire la complessa materia delle polmoniti acquisite in comunità.
A cura del Prof. Giovanni Puglisi