- Pubblicazione il 07 Settembre 2010
Enterobatteriaceae e Pseudomonas aeruginosa poco frequentemente figurano tra gli agenti eziologici delle polmoniti acquisite in comunità in cui, oltre tutto, sono prerogativa di quelle più severe; questi microrganismi si riscontrano in maggior misura nelle polmoniti nosocomiali e nelle HCAP (Health Care Associated Pneumonia) che, sebbene nosologicamente inquadrate tra le CAP, sono assimilabili alle polmoniti ospedaliere e di queste, per certi versi, più problematiche (le HCAP sono infatti da considerare forme infettive respiratorie dovute a patogeni MDR con conseguente complessa procedura terapeutica). Tra le polmoniti da Enterobatteriaceae giova ricordare la polmonite da Klebsiella pneumoniae.
E’ un'infezione del parenchima che si localizza prevalentemente ai lobi superiori del polmone (a volte con precoce ascessualizzazione), si manifesta con espettorato gelatinoso, spesso con emottisi e può avere un decorso clinico fulminante. Pseudomonas aeruginosa è causa frequente di polmoniti acquisite in reparti di terapia intensiva. La responsabilità eziologica dello Pseudomonas aeruginosa è inoltre, come è noto, diffusamente legata ai processi infettivi nei soggetti con bronchite cronica e BPCO inveterate, bronchiettasie e fibrosi cistica.
Determinare la rilevanza della presenza delle Enterobatteriaceae e dello Pseudomonas aeruginosa in pazienti con polmonite acquisita in comunità (in cui, tuttavia, cominciano a manifestarsi con più insistenza) e come valutarne la reale incidenza, rappresenta la finalità dello studio riportato nell'articolo scientifico segnalato. Dal citato studio emerge che 67 (pari all'1.3%) e 22 (pari allo 0.4%) furono i casi di CAP rispettivamente da Enteriobacteriaceae e da Pseudomonas aeruginosa dei 5.130 presi in esame. Questi microrganismi furono isolati anche in altri casi (172 Enterobatteriaceae, 27 Pseudomonas aeruginosa), ma la loro patogenicità non fu determinata.
Per quanto riguarda le manifestazioni cliniche, la comorbidità, la severità della polmonite e i risultati, i pazienti colonizzati da Enterobatteriaceae e Pseudomonas aeruginosa con patogenicità non determinata mostrarono una differenza considerevole rispetto a quei pazienti in cui furono isolati gli stessi microrganismi ma con patogenicità ben definita. La mortalità a 30 giorni risultò essere significativamente più alta nei pazienti con polmonite da patogeni definiti. Bassa inoltre risultò essere l'incidenza delle CAP sostenute da Enterobatteriaceae e da Pseudomonas aeruginosa.
In accordo con quanto esposto, il riscontro nella nostra struttura di pneumoinfettivologia di polmoniti acquisite in comunità da Pseudomonas aeruginosa non si può definire tuttora rilevante: tuttavia, esiste una tendenza all'incremento. Mi preme ribadire a questo proposito che le considerazioni che ho espresso in un recente commento prodotto per la nostra Biblioteca Italiana Multimediale di Pneumologia per quanto riguarda lo Stafilococco, sono valide anche per lo Pseudomonas aeruginosa nel senso che nelle CAP, oltre all'incrementato rischio di infezione con ceppi resistenti di Streptococcus pneumoniae, esiste un incrementato rischio di infezione con patogeni meno comuni, usualmente associati alle infezioni ospedaliere come l'Acinetobacter species, lo Stafilococco aureo meticillino resistente (MRSA) e per l'appunto lo Pseudomonas aeruginosa.
E' questo un segnale da non sottovalutare che lascia presagire che in un futuro, non sappiamo quanto prossimo, non sarà irragionevole ipotizzare l'esaurimento della classica distinzione epidemiologica tra HAP e CAP per la tendenza alla loro omogeneità.
Tradizionalmente, le infezioni in pazienti non ospedalizzati, nè residenti in strutture di lungo-degenza, da almeno 14 giorni prima dell'insorgenza dei sintomi, sono definite “community-acquired”, mentre quelle che si sviluppano durante l’ospedalizzazione e che non sono presenti in incubazione al momento dell’ammissione e generalmente non si manifestano nelle prime 48-72 ore di ricovero vengono considerate nosocomiali.
Tuttavia il trend attuale spinge in direzione di una sempre minore permanenza ospedaliera e di un maggiore ricorso ai centri ambulatoriali, e i pazienti si muovono sempre più frequentemente dentro e fuori gli ospedali. Questo renderà molto più difficile applicare le definizioni tradizionali per classificare le infezioni e utilizzare criteri puramente epidemiologici finirà per essere considerato non del tutto idoneo. In buona sostanza gli attuali sistemi di controllo e sorveglianza dell'ecosistema microbiologico si riveleranno meno agevoli per la tendenza dei ceppi batterici all' "espansione disordinata".
A cura del Prof. Giovanni Puglisi