- Pubblicazione il 02 Febbraio 2017
La Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) è una delle principali cause di morbilità e mortalità negli Stati Uniti così come in tutto il resto del mondo. Le riacutizzazioni di questa malattia, come è noto, impongono spesso l’impiego di cure intensive e costringono al ricovero ospedaliero, contribuiscono ad un progressivo deterioramento della funzione polmonare con conseguente impatto negativo sulla qualità della vita e all'incremento della spesa sanitaria. Le ricerche condotte negli ultimi dieci anni hanno permesso una più approfondita conoscenza sulla patogenesi e il trattamento della BPCO; inoltre, vi è un’ampia letteratura sviluppatasi intorno alla prevenzione delle riacutizzazioni. Riconoscendo l'importanza di prevenire le riacutizzazioni nei pazienti con BPCO sono state prodotte congiuntamente dall'American College of Chest Physicians e dalla Canadian Thoracic Society delle linee guida basate sull'evidenza raccolte in un documento. Tale documento è uno strumento utile per orientarsi sulle attuali conoscenze in materia di prevenzione delle esacerbazioni acute secondo le principali categorie di terapie di prevenzione con l'obiettivo cioè di fare in modo che una revisione sistematica e una valutazione critica della letteratura pubblicata da esperti clinici e ricercatori nel campo della BPCO si condensasse in una serie di raccomandazioni in grado di aiutare i medici nella gestione del paziente con BPCO. Sono stati così presi in considerazione numerosi aspetti riguardanti il percorso clinico-terapeutico della patologia, operando attraverso strumenti di valutazione che consentissero di scegliere gli studi più appropriati da cui estrarre dati significativi per sostenere le raccomandazioni in modo equilibrato e imparziale, raccomandazioni consideranti diversi fattori legati alle manifestazioni di riacutizzazione della BPCO, da una idonea gestione terapeutica della malattia in fase stabile al corretto impiego di broncodilatatori, da soli o in associazione tra di loro o in combinazione con corticosteroidi per via inalatoria, farmaci che si sono dimostrati efficaci nel ridurre il tasso di esacerbazioni nei pazienti con BPCO, agli interventi non farmacologici.
Per quanto riguarda la terapia antibiotica (argomento che mi preme in particolare esaminare) utilizzata comunemente nella riacutizzazione della BPCO si discute da tempo di un suo impiego anche nelle fasi stabili della malattia. Una pubblicazione del 2008 di Seemungal, riguardante l'impiego a lungo termine dell'eritromicina, al di fuori della riacutizzazione della BPCO, come strumento terapeutico di prevenzione delle esacerbazioni e, contestualmente, della progressione della malattia, ha riaperto un controverso e reiterato argomento sulla opportunità o meno di un trattamento profilattico dell'infezione bronchiale. Nel tempo si sono succeduti numerosi articoli pro e contro il modello terapeutico proposto; i fautori dell'intervento preventivo sembrano essersi imposti agli antagonisti, nonostante alcuni interrogativi rimangano aperti. Il tema viene ripreso dalla pubblicazione di Criner e nella contestuale analisi della terapia antibiotica per le riacutizzazioni della BPCO: i macrolidi possiedono effetti antimicrobici, antinfiammatori e immunomodulatori e sono stati impiegati per molti anni nella gestione di altre malattie croniche delle vie respiratorie, comprese la panbronchiolite diffusa e la fibrosi cistica. Dato questo uso efficace e il significativo ruolo che la flogosi delle vie aeree e l’infezione batterica giocano nella patogenesi della esacerbazione della BPCO, vi è stato un crescente interesse circa l’uso dei macrolidi nella prevenzione di questi eventi. I dati ottenuti dagli studi clinici disponibili dimostrano che una “regolare” terapia con macrolidi riduce il rischio di riacutizzazioni. Giova tuttavia evidenziare che non sono da sottovalutare gli eventuali effetti collaterali, innanzitutto quelli cardiovascolari; a questo proposito vi è da rilevare che non vi è stato alcun aumento del rischio di eventi avversi cardiovascolari nei pazienti che assumevano azitromicina nello studio di Albert et al, in cui tuttavia erano esclusi i pazienti con prolungamento QT o quelli che stavano assumendo farmaci tendenti a prolungare l’intervallo QT, mentre in altri studi gli autori suggerivano la circostanza che il farmaco può aumentare il rischio di morte cardiaca e, quindi, i pazienti devono essere attentamente valutati per condizioni predisponenti prima di iniziare la terapia. Altro effetto collaterale possibile, che sembra tuttavia reversibile, consiste nella perdita dell’udito; infine l’uso prolungato degli antibiotici in questione può determinare resistenza batterica. La durata e dosaggio esatto della terapia con macrolidi è sconosciuta ed è noto infatti che vengono adottate le più varie interpretazioni sul loro impiego nella prevenzione delle riacutizzazioni nella BPCO, ma data la loro provata efficacia sono raccomandate le strategie per far fronte in modo idoneo agli eventi avversi descritti. Credo che il tema meriti ulteriori precisazioni ed approfondimenti per proporre raccomandazioni più accurate e dettagliate nell’uso dei macrolidi per la prevenzione delle riacutizzazioni della BPCO.