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Il versamento pleurico maligno (MPE) è una complicanza comune di molte neoplasie e indica di solito la presenza di una forma metastatica e a prognosi limitata (tra 4 e 12 mesi). Il MPE ha un’elevata tendenza a recidivare dopo toracentesi e, nei casi in cui è documentabile una riespansione polmonare, è indicata la pleurodesi con talco, che è ormai universalmente riconosciuto come il materiale più efficace.
La pleurodesi viene abitualmente effettuata in corso di toracoscopia mediante talco in polvere (talc poudrage) o in soluzione (talc slurry), mentre il posizionamento di cateteri tunnellizzati viene riservato ai casi in cui il polmone è incarcerato e la pleurodesi non è praticabile (1). Si tratta di piccoli cateteri in silicone che sono posizionati ambulatorialmente e che vengono tunnellizzati per garantirne la stabilità. Il drenaggio del liquido 2-3 volte a settimana consente di mantenere vuoto il cavo, al punto che in questi pazienti si verificano dei casi di pleurodesi spontanea. 
Il gruppo inglese di Maskell ha pubblicato sul New England Journal of Medicine un trial randomizzato, controllato e in singolo cieco in cui veniva valutata l’efficacia della pleurodesi ottenuta con l’istillazione di soluzione a base di talco attraverso un catetere pleurico tunnellizzato.
Venivano reclutati, in 18 centri britannici, 154 pazienti con MPE sintomatico, performance status (ECOG) di 0-2 dopo rimozione del fluido e un’aspettativa di vita superiore ai due mesi. La mancata riespansibilità del polmone era il principale criterio di esclusione (apposizione pleurica < 75% o opacizzazione dell’emitorace > 1/3). Dopo il posizionamento del catetere pleurico, i pazienti venivano randomizzati all’iniezione, attraverso il catetere, di una soluzione a base di talco (n = 78) oppure di 50 mL di soluzione fisiologica (n = 76, ma 10 pazienti per ciascun gruppo uscivano dallo studio dopo la randomizzazione). L’outcome principale dello studio era la presenza di pleurodesi a 35 giorni dalla randomizzazione (definita come fuoriuscita di < 50 mL di liquido in tre occasioni distinte o opacamento dovuto alla presenza di liquido pleurico < 25%). Gli outcome secondari erano la qualità della vita, la dispnea e il dolore toracico, il volume totale di liquido drenato a 70 giorni, il numero di giorni di degenza, la sepimentazione del versamento e la presenza di pleurodesi a 70 giorni dalla randomizzazione.
In 30/69 pazienti (43%) a cui veniva somministrato il talco, si osservava la pleurodesi a 30 giorni dalla randomizzazione, rispetto a soli 17/70 (23%) nel gruppo del placebo (HR 2,20, CI 1,23-3,92, p = 0,008). Il vantaggio si manteneva a 70 giorni, quando la percentuale di pleurodesi raggiungeva il 51% nel gruppo sperimentale e il 27% nel gruppo del placebo (HR 2,24 CI 1,31-3,85, p = 0,003). Gli score relativi alla qualità della vita favorivano i pazienti trattati con il talco, che presentavano anche meno dolore toracico rispetto ai controlli. Non si osservavano invece differenze significative nella gravità della dispnea, nel numero di giorni di degenza, nella sepimentazione del versamento e nella quantità di liquido drenato. Anche la mortalità e gli eventi avversi non erano significativamente diversi tra i due gruppi e non risultavano correlati al trial nel 68% dei casi.
Questo studio ha dimostrato che, nei pazienti in cui si decide di posizionare un catetere pleurico, le probabilità di una pleurodesi aumentano con l’aggiunta del talco e che l’intera procedura può essere effettuata in regime ambulatoriale.
La possibilità di indurre la pleurodesi in pazienti in cui la dispnea secondaria a versamento viene gestita con il posizionamento di un catetere pleurico, ha innanzitutto il vantaggio di poter rimuovere il catetere, evitando la necessità di evacuare continuamente il liquido e riducendo il rischio di infezioni. L’aggiunta del talco non ha determinato, nel periodo in cui il catetere era mantenuto in sede, un aumento di complicanze che spesso sono associate a questi presidi, come l’ostruzione o le infezioni (celluliti, infezioni del tunnel o del liquido pleurico). 
I principali limiti del trial sono la mancata determinazione dell’adesione viscero-parietale con l’uso di tecniche di imaging (come l’ecografia) e il fatto che la popolazione di pazienti, come spesso succede nei trial, è stata super-selezionata e quindi riflette solo in parte quella che si incontra nell’abituale pratica clinica.
Malgrado i suoi limiti, questo studio ha contribuito a modificare le linee guida per la gestione del MPE (2). Quelle pubblicate dall’ATS nell’ottobre 2018 suggeriscono che i cateteri pleurici tunnellizzati vengano utilizzati non solo nei pazienti in cui non si osserva una riespansione polmonare (salvo praticare il talc slurry in un secondo momento, nei casi in cui il polmone dovesse tornare a parete malgrado le attese), ma anche nei pazienti in cui la riespansione appare possibile ab initio. Il posizionamento del catetere pleurico con l’aggiunta del talc slurry dovrebbe essere proposta al paziente come alternativa al talcaggio tradizionale e praticata nei casi di particolare fragilità del soggetto o, semplicemente, sulla base delle preferenze del paziente o del caregiver, per esempio mirate ad evitare il ricovero ospedaliero.
Un ulteriore passo avanti, quindi, verso minore invasività nella vita di pazienti a prognosi limitata e che potrebbe riuscire a ridurre quella che è attualmente la gestione maggiormente praticata del MPE: quella delle toracentesi ripetute.

Bibliografia

  1. Roberts ME, Neville E, Berrisford RG, et al.; BTS Pleural Disease Guideline Group. Management of a malignant pleural effusion: British Thoracic Society Pleural Disease Guideline 2010. Thorax 2010;65(Suppl 2):ii32–ii40.
  2. Feller-Kopman DJ, Reddy CB, DeCamp MM, et al. Management of malignant pleural effusions. An official ATS/STS/STR clinical practice guideline. Am J Respir Crit Care Med 2018;198: 839-49.