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E’ indubbio che la PET, integrata dalla TC, costituisce  lo strumento più innovativo nella stadiazione del tumore del polmone. In realtà sappiamo come le sue possibilità vadano oltre, integrando le potenzialità diagnostiche attualmente a disposizione dello pneumologo, ed oggi permettendoci di fare importanti valutazioni sulla risposta metabolica alla terapia.

L’articolo della Fisher indaga le potenzialità diagnostiche e stadiative della PET in una fase particolarmente delicata quale quella preoperatoria, confrontandone l’efficacia con la valutazione fornita dalla sola TC secondo le linee guida tradizionali. L’obbiettivo è quindi, in uno studio prospettico multicentrico durato 5 anni, dal 2002 al 2007, quello di verificare se l’uso della PET permette di ridurre gli “interventi inutili”.  

Le caratteristiche in base alle quali sono stati selezionati i pazienti consistevano nella diagnosi o sospetto diagnostico di carcinoma polmonare considerati operabili al controllo CT, non affetti da diabete insulino dipendente e dotati di un FEV1 predittivo post operatorio superiore a 1 litro.  I pazienti sono stati randomizzati in 2 gruppi: il primo da sottoporre a PET-TC con Fluoro desossi glucosio, ed il secondo di controllo, da studiare esclusivamente con TC con mezzo di contrasto. Per ambedue i gruppi erano considerate mandatorie, indipendentemente dal controllo PET, la mediastinoscopia e/o la ecografia endobronchiale.  Nel primo gruppo sono stati inseriti 98 pazienti e nel secondo 91, ben bilanciati non solo per i parametri anagrafici ma anche in relazione ai criteri dimensionali e topografici delle lesioni.

 L’obbiettivo come è stato già accennato è la riduzione degli interventi inutili confrontando i due gruppi. Ma quali sono gli interventi inutili? Nella comune accezione inutile è un intervento per una lesione benigna o in un paziente in cui il riscontro chirurgico identifica uno stadio da considerare inoperabile alla luce delle attuali linee guida e non riconosciuto come tale nella fase preoperatoria. Ad esempio la presenza di linfonodi mediastinici citopositivi al controllo postoperatorio o la presenza di diffusione pleurica parietale inapparente al controllo radiologico.  Nell’accezione adottata dal gruppo danese autore dello studio si aggiunge a quanto detto anche il paziente oggetto di recidiva o deceduto entro 12 mesi dall’intervento per qualsiasi motivo. I pazienti riconosciuti durante gli esami affetti da neoplasia al I o II stadio A o B sono stati avviati all’intervento chirurgico,  mentre quelli non operabili sono stati trattati con chemio o radioterapia secondo le normali procedure.

Risultati. Nel primo gruppo, sulle base dei risultati PET, mediastinoscopia ed ecografia endobronchiale, vennero esclusi dall’intervento 38 pazienti (39%), mentre nel gruppo stadiato in modo convenzionale 18 pazienti (20%). Nel gruppo PET il ruolo di quest’esame è stato determinante in 13 casi su 38 mentre la mediastinoscopia ha permesso l’identificazione di lesioni mediastiniche in 16 casi, la biopsia transbronchiale eco guidata in 7 casi. Nel gruppo di controllo senza PET, dei 17 casi scartati la mediastinoscopia è stata responsabile in 11 casi e la TBNA eco guidata in 7.

Veniamo ora al numero di interventi inutili registrati nei due gruppi. Dei 60 pazienti operati nel gruppo PET sono risultati inutili il 35% degli interventi. Nel secondo gruppo dei 73 operati sono risultati inutili il 52% delle operazioni. Diciamo subito che la sopravvivenza mediana è stata di 31 mesi versus 49 (P=0.29) quindi non significativa (eppure sembra strana questa differenza in più nel gruppo stadiato convenzionalmente). Cerchiamo di scomporre il dato delle toracotomie inutili. Nel gruppo PET si sono avuti il 14% di IV stadi, il 19% di IIIB ed il 24% di IIIA. Veniamo a quanto successo nell’anno successivo: 14% di recidive locali ed 1 (5%) morto  per altre cause. Nel gruppo controllo 3 tumori benigni (8%); 21% di IIIB e 16% di IIIA; infine nei 12 mesi successivi 34% di recidive ed 11% di decessi per altre cause.

Commento
Esiste qualche dubbio sul significato della sopravvivenza forse giustificato dalla presenza di 3 tumori benigni nel gruppo controllo e potrebbe essere interessante saper senza questi casi la sopravvivenza delle forme neoplastiche reali; dobbiamo anche considerare che lo studio, per difficoltà di accrual, è stato chiuso precocemente con un campione ridotto rispetto a quello statisticamente programmato.  Del resto gli autori non tentano di spiegare questo risultato non essendo un obbiettivo dello studio.

Circa il risultato ottenuto sull’individuazione degli interventi inutili, va detto innanzi tutto che non tutti sono d’accordo su questo “allargamento” ai primi 12 mesi successivi. Personalmente penso che questo possa essere molto importante per valutare meglio i potenziali risultati ottenibili e forse potrà essere utile una nuova definizione dei criteri di operabilità basati sul nuovo staging system presentato allo IALSC 2009 e non ancora entrato ufficialmente in uso.

Quello che possiamo sicuramente dire che la PET è utile per escludere forme benigne (0 vs 8%) e ridurre i casi in cui si è avuto una recidiva locale (14 vs 34). Questo viene sottolineato dalla accuratezza e sensibilità rispettivamente del 79 e 64% nel gruppo PET e del 60 e 32% nel gruppo controllo. In realtà dobbiamo sempre tenere presente che in tutti e due i gruppi è stato esplorato il mediastino invasivamente con mediastinoscopia (94% dei casi globali) o TBNA eco guidata. A mio parere questo ha notevolmente migliorato la resa in ambedue i gruppi soprattutto quello convenzionale, tanto da far ipotizzare che senza questo ausilio il divario sarebbe stato superiore.

Con una considerazione complessiva possiamo dire che effettivamente la PET ha permesso una migliore selezione dei pazienti operabili, infatti se togliamo il gruppo di pazienti recidivati o deceduti nei 12 mesi successivi, i risultati sono sovrapponibili nei due gruppi, 28 vs 29%.  Abbiamo già visto come non è stato rilevato un beneficio circa la sopravvivenza globale ma anche come questo dato non possa essere considerato completamente attendibile. La PET quindi assume un rilievo significativo nella stadiazione preoperatoria soprattutto nel migliorare la selezione dei pazienti, come del resto già altri studi avevano confermato precedentemente. L’importanza della mediastinoscopia ridimensiona un po’ la PET, ma conferma come la stadiazione nel carcinoma polmonare abbia necessità di integrare più metodiche e come questo assuma un rilievo particolare nella selezione all’intervento chirurgico.

A cura del Prof. Luigi Portalone