- Pubblicazione il 31 Ottobre 2024
L'ipertensione polmonare (PH) è caratterizzata da un incremento della pressione media dell’arteria polmonare (mPAP) misurata mediante cateterismo cardiaco destro. Secondo le attuali linee guida l’ipertensione polmonare è classificabile in cinque gruppi in base al criterio eziologico, clinico e terapeutico. L’ipertensione polmonare secondaria ad ostruzione cronica del circolo arterioso polmonare (CTEPH) appartiene al gruppo 4. Si tratta di una condizione che interessa dall’1,0% fino all’8,8% dei pazienti che sopravvivono a un’embolia polmonare. Negli ultimi anni, il numero di casi diagnosticati di CTEPH sembrerebbe essere in aumento, soprattutto per una più diffusa conoscenza della patologia e per una maggiore ricerca attiva dei casi; al momento, tuttavia, la prevalenza globale non è chiara.
Nella CTEPH l'arteriopatia microvascolare polmonare determina un incremento della resistenza vascolare con conseguente insufficienza cardiaca destra. I principali test diagnostici presentano diversi gradi di invasività, ma l’unico che consente di ottenere una diagnosi certa è il cateterismo del cuore destro, che prevede la misurazione della pressione in arteria polmonare e della pressione di incuneamento dell’arteria polmonare: per poter confermare la diagnosi è necessaria una pressione media dell’arteria polmonare (mPAP) >20 mmHg e una pressione di incuneamento dell’arteria polmonare (PAWP) <15 mmHg. Il cateterismo del cuore destro richiede competenza e aderenza ai protocolli standardizzati per misurare accuratamente le pressioni all’interno delle camere cardiache destre e dell’arteria polmonare, nonché per determinare la gittata cardiaca e la resistenza vascolare polmonare, che rappresenta un importante indicatore prognostico per le valutazioni preoperatorie e postoperatorie (1). Il gold standard terapeutico della CTEPH è il trattamento chirurgico di endarterectomia polmonare (PEA). Una valida alternativa è rappresentata dall’angioplastica polmonare con palloncino (BPA).
Il Registro mondiale di ipertensione polmonare secondaria a tromboembolismo cronico ha confrontato PEA e BPA: sembra che il miglioramento emodinamico post trattamento nei pazienti sottoposti a PEA e a BPA sia sovrapponibile. Infatti, il cateterismo cardiaco eseguito dopo 3 mesi ha mostrato che le resistenze vascolari periferiche si riducono rispettivamente del 59% e del 57% nei pazienti che erano stati sottoposti a PEA e a BPA. Il tasso di fallimento della terapia, indicato da valori di PAP>25 mmHg, è stato pari al 50% dei pazienti sottoposti ad entrambe le procedure (2). La BPA ha migliorato la sopravvivenza dei pazienti con CTEPH non operabili e rappresenta ad oggi una valida opzione terapeutica che consente il miglioramento della qualità di vita nei pazienti con ipertensione polmonare secondaria ad ostruzione cronica del circolo polmonare.
In questo commento della sezione “Fisiopatologia Respiratoria” di Lung Update abbiamo voluto proporre la lettura del lavoro di Minatsuki e collaboratori (3), condotto presso l’Ospedale Universitario di Tokyo, e da poco pubblicato su Heart, in quanto l’efficacia della BPA in pazienti con CTEPH è stata valutata sulla base dei risultati del test di diffusione alveolo capillare del CO (DLco), che ha consentito di analizzare le differenze tra i pazienti con DLco normale e ridotta.
Sintesi dello studio
Minatsuki e collaboratori (3) hanno incluso in uno studio retrospettivo 75 pazienti con CTEPH non candidabili ad intervento chirurgico o con ipertensione polmonare refrattaria post-PEA. L’età media dei pazienti è 61±14 anni e 50 pazienti sono femmine. I soggetti, reclutati dal luglio 2011 all’agosto 2023, sono stati suddivisi in due gruppi in base ai valori pre-procedurali di DLco: 36 pazienti con DLco ≤80% e 39 pazienti con DLco normale. Il gruppo con DLco ≤80%, che include più donne che uomini, presentava inoltre SaO2 più bassa e capacità vitale ridotta. Il numero totale di segmenti e di vasi polmonari trattati è stato maggiore nei pazienti con DLco ≤80%.
Sebbene la BPA abbia migliorato i valori del test del cammino dei 6 minuti (6MWT) e la SaO2 anche nel gruppo con DLco ≤80%, tuttavia i miglioramenti dei valori della mPAP e delle resistenze vascolari polmonari (PVR) sono stati sono stati minori nei pazienti con DLco ≤80% rispetto a quelli con DLco normale, nonostante i valori iniziali di mPAP e PVR fossero uguali nei due gruppi. I pazienti con DLco ≤80% sono stati sottoposti a più sessioni di BPA rispetto ai pazienti con DLco normale (246 vs 208). Nei pazienti con CTEPH, valori di DLco ≤80% sarebbero dunque indicativi di alterazioni vascolari che compromettono l’efficacia della BPA, poiché questa non agisce direttamente sul miglioramento della microangiopatia. Quindi una riduzione della DLco è un fattore predittivo di successo terapeutico della BPA e al contempo un fattore prognostico della CTEPH.
I pazienti con DLco ridotta al baseline, che mostrano un miglioramento dei valori della mPAP, seppur inferiore all’altro gruppo, non hanno tuttavia mostrato un miglioramento del test di diffusione del CO dopo essere stati sottoposti a BPA, e anche questa osservazione potrebbe essere associata alla microangiopatia. Al contrario di quanto osservato nei pazienti sottoposti a BPA, la PEA determina un miglioramento della diffusione del CO, suggerendo quindi che la sola microangiopatia non sia l’unico fattore che condiziona i valori di diffusione post trattamento.
Tra i limiti di questo studio si rileva che i pazienti appartengono a un solo centro, e questo potrebbe condizionare la generalizzazione dei risultati. Per la DLco è stato impiegato il cut-off fisso di 80% del predetto, che tuttavia non corrisponde al lower limit of normal (LLN) in tutti i pazienti: pertanto rimane il dubbio che almeno un quota dei casi bordeline possano essere stati classificati in modo errato.
Un’altra considerazione riguarda il gruppo con DLco ≤80%, il quale comprende pazienti con valori patologici eterogenei (67.9±8.2): potrebbe essere interessante valutare se la riduzione dell’efficacia della BPA sia proporzionale alla compromissione della DLco.
In conclusione, Minatsuki et al. confermano l’importanza dell’impiego dei test di funzionalità respiratoria anche nella fase immediatamente precedente al trattamento: infatti la DLco si è dimostrata utile al fine di identificare quali pazienti con CTEPH hanno prognosi più grave, ma risulta importante anche per individuare i pazienti che potrebbero avere un outcome peggiore dopo BPA. Pertanto, la DLco fornisce informazioni prognostiche sia nella fase pre procedurale che post procedurale.
Bibliografia
- Simeone B, Maggio E, Schirone L, et al. Chronic thromboembolic pulmonary hypertension: the diagnostic assessment. Front Cardiovasc Med 2024:11:1439402.
- Delcroix M, Pepke-Zaba J, D'Armini AM, et al. Worldwide CTEPH registry: long-term outcomes with pulmonary endarterectomy, balloon pulmonary angioplasty, and medical therapy. Circulation 2024;150:1354-65.
- Minatsuki S, Hatano M, Hirose K. Differential effects of balloon pulmonary angioplasty on chronic thromboembolic pulmonary disease. Heart 2024;110:1133-38.