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Continuando la serie di articoli recentemente analizzati sul rapporto asma e suoi test diagnostici, ho deciso di analizzare il contenuto di questo lavoro canadese che si prefigge di correlare il ruolo del test di broncodilatazione e del test con metacolina in un’ampia casistica di soggetti con diagnosi di asma posta solo su parametri clinici. In particolare, 694 soggetti con diagnosi esclusivamente clinica di asma sono stati sottoposti a spirometria con test di broncodilatazione. Di questi, peraltro in larga parte sintomatici per sintomi respiratori e in terapia con steroidi e broncodilatatori, solo il 12% rispettava i criteri di positività del test di broncodilatazione (FEV1 > 200mL e > 12%). I rimanenti pazienti sono stati quindi ricontattati e 500 di loro hanno proseguito lo studio sottoponendosi a test di provocazione bronchiale con metacolina sospendendo i broncodilatatori circa 48 ore prima. Dei 500 pazienti analizzati, il 43% evidenziava una positività al test con metacolina. Pazienti sintomatici e asintomatici prima del test avevano le medesime possibilità di avere un test positivo, invece maggiore era il grado di compromissione funzionale alla spirometria basale, maggiore era la probabilità di avere una metacolina positiva.
La maggior parte dei pazienti studiati con metacolina positiva veniva quindi riproposta per un follow-up. Il follow-up si articolava in due modi, a breve termine per i pazienti in terapia che scalavano il dosaggio degli inalatori ogni 3 settimane fino a sospensione ripetendo più volte il test; a lungo termine per i pazienti non in terapia che ripetevano il test a 6 mesi e 1 anno.
Coloro i quali hanno potuto scalare la terapia, hanno ripetuto il test ogni 3 settimane ed il 19% di loro ha evidenziato il positivizzarsi del test con metacolina, talvolta in modo anche significativo sollevando il ruolo centrale della terapia inalatoria in atto quando si interpreta un test. Tuttavia, si è osservata una variabilità importante anche tra coloro che non assumevano terapia, infatti circa il 15% dei soggetti entrati nel braccio di follow-up a lungo termine si positivizzava nel tempo. Gli autori ritengono che vi sia una variabilità indotta dal test stesso e dalle variabili operatore indotte, ma suggeriscono anche una variabilità indotta dal clima, dalla stagione e dagli allergeni per quanto nel lavoro in oggetto non emergano correlazioni significative.
Il messaggio che gli autori vogliono far passare è la fallibilità dei test che vengono normalmente utilizzati, dato che la negatività del test di broncodilatazione ha poco valore nell'escludere la diagnosi di asma (valore predittivo negativo 57%) e che il test con metacolina presenta un 19% di falsi positivi nei pazienti in terapia e che il 15% dei non trattati diventa positivo dopo il follow-up.
Uno degli aspetti che, tuttavia, trovo maggiormente critico in questo lavoro è quello di basarsi su linee guida molto vecchie per l’esecuzione e l’interpretazione del test con metacolina ed evitando di citare il documento più recente del 2017 targato ERS (European Respiratory Society) con l’appoggio di ATS (American Thoracic Society) (1). Questo documento, infatti, mette in discussione ed elimina l’utilizzo di PC20 nell'interpretazione del test e suggerisce di utilizzare un dosimetro e di presentare i dati come PD20. Gli autori canadesi forse rimanendo fedeli a concetti vecchi creano un bias che potrebbe rendere a mio avviso poco riproducibile il lavoro presentato. Questo aspetto viene criticato anche dall'editoriale di presentazione al lavoro di Cockcroft (2).
Rimane tuttavia interessante l’idea di fondo che vede nel test di provocazione con metacolina la diagnostica più utile e sensibile per porre diagnosi di asma in una popolazione con elevata probabilità pre-test e con sintomatologia respiratoria presente o comunque recente. Credo tuttavia che un semplice test di broncodilatazione vada sempre eseguito in quanto semplice e veloce da eseguire anche in laboratori meno attrezzati.
Concludo segnalando una discrepanza tra quanto evidenziato dalle linee guida ERS e la realtà clinica. Dalle linee guida emerge un messaggio molto forte secondo il quale la negatività del test con metacolina eseguito in condizioni ideali può escludere con probabilità vicina al 99% la diagnosi di asma. Questo lavoro e la nostra esperienza clinica sembrano invece suggerire una certa variabilità indotta da molteplici fattori sia tecnici che ambientali che vanno tenuti in considerazione e che in taluni casi di forte sospetto clinico ci devono indurre, talvolta, a fare ripetere il test in condizioni cliniche e ambientali diverse rispetto al basale, se questo fosse risultato negativo.

Bibliografia

  1. Coates AL, Wanger J, Cockcroft DW, et al. ERS technical standard on bronchial challenge testing: general considerations and performance of methacholine challenge tests. Eur Respir J 2017;49:1601526.
  2. Cockcroft DW. Methacholine challenge testing in the diagnosis of asthma. Chest 2020; 158:433-4.