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Gli autori di questo lavoro si sono domandati come si modifichi la funzionalità polmonare dei soggetti ex fumatori, ossia coloro che hanno smesso di fumare di recente o anche 30 anni prima. Non è ben chiaro, infatti, se la cessazione del fumo di sigaretta determini un arresto del declino funzionale o meno.
La base di partenza è stata un’ampia metanalisi pubblicata nel 2010 che ha coinvolto quasi 90.000 pazienti studiati in 47 studi di diversa fattura (1). I risultati di questo lavoro hanno evidenziato che non fumatori ed ex fumatori avevano un declino di funzionalità respiratoria molto simile e ovviamente minore rispetto ai fumatori attivi. Tuttavia, oggi questo lavoro viene messo in discussione da Oelsner e coll. per diversi motivi. La metanalisi si basa, infatti, su studi pubblicati molti anni or sono senza una reale standardizzazione delle spirometrie, una buona parte delle quali eseguite prima del 1970, includendo studi piccoli e non escludendo soggetti affetti da patologie polmonari che inevitabilmente presentano un declino funzionale molto più accelerato.
Questo nuovo lavoro ha quindi coinvolto oltre 25.000 soggetti reclutati da 6 trial americani che coinvolgevano volontari sani fumatori e non fumatori, che nel periodo 1983-2016 hanno eseguito diverse spirometrie utilizzando gli standard dell’epoca. In questo caso, tuttavia, le prove di funzionalità respiratoria sono state riviste una ad una per verificarne l’adattabilità agli standard ATS/ERS 2005.  I soggetti sono stati quindi divisi in tre gruppi: fumatori attivi, ex fumatori e quitters (ossia coloro che hanno smesso di fumare in corso di studio clinico).
I primi risultati del lavoro hanno evidenziato un accelerato declino nel tempo del FEV1 dei soggetti ex fumatori rispetto ai non fumatori, stimabile in circa 1,82 mL/anno di differenza che rappresenta circa il 20% rispetto alla differenza osservata nei fumatori attivi, i quali perdono circa 9,21 mL/anno di FEV1 rispetto ai non fumatori. I quitters presentavano valori intermedi tra fumatori attivi ed ex fumatori con un declino medio di circa 3 mL/anno.
È risultato particolarmente interessante il dato per cui la differenza tra non fumatori ed ex fumatori si mantiene anche in chi ha smesso di fumare 30 anni prima, ma risulta maggiormente significativa nei soggetti che hanno smesso di fumare da meno di 10 anni, facendo pensare ad un processo infiammatorio indotto dal fumo, che tende a spegnersi molto molto lentamente con il tempo. Anche il numero di pack year sembra influenzare il declino funzionale; nei fumatori attivi il dato appare solido, con i soggetti che hanno fumato oltre 20 pack year che presentano i dati di declino funzionale più marcati rispetto a chi aveva fumato solo 5-10 pack year. Anche i modesti fumatori tuttavia, con meno di 10 pack year presentavano un declino funzionale maggiore rispetto agli altri gruppi, dato che fa capire che anche poche sigarette al giorno sono dannose. Negli ex fumatori, invece, questo dato appare più sfumato e meno significativo. Non sono state osservate differenze significative in base a sesso, etnia o stato sociale.
Questi risultati, secondo gli autori, sembrano sostenere l’idea che non esista un numero sicuro di sigarette da fumare, ma che solo l’astinenza dal fumo possa garantire un sufficiente grado di sicurezza, sottolineando come anche i soggetti ex fumatori debbano essere coinvolti nei programmi di screening e di sensibilizzazione.
Peraltro, gli autori ritengono che i dati da loro registrati possano essere in qualche modo sottostimati perché i fumatori attivi reclutati sono relativamente più giovani rispetto agli altri gruppi. Questo dato potrebbe far manifestare un bias legato alla sopravvivenza, in cui i fumatori più anziani, possibilmente con declino mediamente maggiore, tendono a morire prima e quindi questo meccanismo potrebbe sottostimare la differenza tra i gruppi.
Nonostante siano tutte condivisibili le considerazioni a cui sono arrivati gli autori circa la necessità di promuovere la cessazione del fumo sigaretta, credo vada fatta una considerazione circa la significatività del dato di declino funzionale rilevato. Pur statisticamente significativa, una differenza media di 1,82 mL/anno rappresenta un dato molto limitato. Volendo speculare, stiamo parlando di una differenza media di 182 mL ogni 100 anni, un valore ai limiti della variabilità normalmente accettabile tra una misura spirometrica e l’altra. Ovviamente, dentro questo valore avremo colui che ha perso 300 mL in 20 anni e colui che ha un dato paragonabile al non fumatore, ma in ogni caso appare un dato più di valore statistico che clinico.
Risulta, tuttavia, altrettanto chiaro che il fumo di sigaretta induca una serie di alterazioni infiammatorie che si automantengono anche quando cessa l’abitudine tabagica e che non tutte le alterazioni fumo-indotte siano misurabili con una spirometria. Peraltro, non abbiamo ancora identificato i soggetti più suscettibili a questo danno, coloro i quali spesso sviluppano le alterazioni patologiche e funzionali tipiche della Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO); serviranno probabilmente degli studi su base genetica per farlo.

 

Bibliografia

  1. Lee PN, Fry JS. Systematic review of the evidence relating FEV1 decline to giving up smokingBMC Med 2010;8:84.