- Pubblicazione il 09 Aprile 2019
Attualmente lo pneumologo per poter diagnosticare, trattare, monitorare e seguire nel tempo pazienti affetti da malattie croniche ostruttive polmonari, asma e Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO), associa la clinica ai dati della spirometria che rimane il gold standard tra i test di funzionalità respiratoria.
Tuttavia le misure funzionali che la spirometria ci mette a disposizione sono spesso poco sensibili nell’evidenziare i primi stadi di malattia che, sia per l’asma sia per la BPCO, sono caratterizzati dal coinvolgimento delle piccole vie aeree, poco rappresentate dalla misurazione del volume espirato in modo forzato nel primo secondo (VEMS). Inoltre si è visto che tale dato spesso non correla con la gravità dei sintomi che i pazienti lamentano.
Sarebbe quindi interessante riuscire a trovare test funzionali alternativi che correlino meglio con la clinica, con il precoce interessamento delle piccole vie aeree e che siano tecnicamente non limitati da difficoltà nell’esecuzione del test (la determinazione del VEMS infatti richiede uno sforzo che in alcuni pazienti potrebbe non essere possibile ottenere).
Ho trovato pertanto interessante questo articolo che riprende e rilegge in base a studi clinici due tecniche che potrebbero nel tempo affiancarsi nella diagnosi e nel follow-up di queste patologie.
La prima è la “tecnica di oscillazione forzata” (FOT). Tale metodica è non invasiva e non dipendente da uno sforzo respiratorio. Misura la meccanica delle vie aeree, la presenza di ostruzione e ne determina la localizzazione (se a livello delle piccole o delle grandi vie respiratorie). Determina l’impedenza delle vie aeree mettendo in relazione oscillazioni sinusoidali di pressione (tramite un oscillometro alla bocca del paziente) con il flusso che si genera (o viceversa) durante una respirazione a volume corrente. Le oscillazioni possono essere modificate a random o in modo armonico. E ciò che si viene a definire sono la resistenza, cioè l’impedenza al cambiamento di flusso delle vie aeree che correla con il calibro delle stesse, e la reattanza del sistema respiratorio, cioè l’impedenza al cambiamento di volume che correla con le proprietà elastiche e inerti del sistema respiratorio. Queste due misure sono dipendenti dalla frequenza di oscillazione.
Si è visto che grazie alla FOT è possibile determinare la limitazione di flusso espiratorio (EFL) in modo non invasivo. L’EFL descrive lo sforzo espiratorio e caratterizza il punto di chiusura delle vie aeree (quando ad un aumento di pressione non corrisponde una modifica di flusso). E’ caratteristico sia per l’asma che per la BPCO nella quale correla bene con l’iperinflazione dinamica e pertanto con il grado di dispnea e di limitazione allo sforzo fisico molto più che il VEMS. Pertanto può essere un indice migliore di severità e di morbilità di malattia.
Gli autori citano successivamente lavori in cui si è vista una correlazione tra la FOT e la risposta clinica (es. miglioramento della dispnea) alla somministrazione di terapia inalatoria, il controllo della malattia, la qualità della vita e l’andamento clinico durante le esacerbazioni. Quanto emerge porta a pensare che grazie a questa tecnica si potrebbe migliorare la gestione, la cura e il follow-up dei pazienti.
La seconda tecnica descritta è il “lavaggio dell’azoto durante la respirazione” (Multiple Breath Nitrogen Washout, MBNW) che ci permette di studiare l’eterogeneità della ventilazione alveolare. Il test consiste nel calcolare la concentrazione di un gas inerte (azoto) nell’aria espirata durante l’inalazione di aria con il 100% di ossigeno a volume corrente: in caso di eterogeneità nella ventilazione polmonare saranno necessari più respiri per poter ottenere un completo wash out dell’azoto. Il test pertanto correla dati funzionali a basi anatomiche di trasporto e scambio dei gas. Si possono calcolare 3 misurazioni che sono il CDI - disomogeneità dipendente dalla convezione (o Scond) - che definisce il trasporto dei gas per convezione (nelle vie respiratorie più prossimali), il DCDI - disomogeneità dipendente da convezione/diffusione (o Sacin) - che definisce il trasporto dei gas per diffusione (nelle vie aeree distali - acini alveolari) e il “fronte di diffusione-convezione”. Questi 3 indici si ottengono dall’analisi dei dati di concentrazione di azoto versus volume espirato in un atto respiratorio ad ogni respiro.
Tali misure caratterizzano bene l’alterazione e l’eterogeneità della ventilazione sia nell’asma che nella BPCO.
Nell’asma, sia stabile sia riacutizzata, si è visto che è il Sacin a correlarsi con i dati spirometrici. Si è inoltre valutata una possibile caratterizzazione fenotipica notando come lo Scond si modifichi più significativamente nell’asma eosinofila, mentre il Sacin in quella neutrofilica (questo potrebbe avere in futuro un’implicazione nella scelta dell’utilizzo dei nuovi farmaci biologici). Si è inoltre notata una correlazione tra alterazioni sia del Sacin sia dello Scond in relazione al test di iperreattività bronchiale con metacolina. Altri lavori evidenziano come tali parametri correlino anche con il miglioramento funzionale dopo somministrazione farmacologica di beta2-agonisti a breve durata d’azione (SABA) e di steroidi inalatori (ICS).
Nella BPCO si è visto che il Sacin ben correla con alterazioni della diffusione alveolo-capillare del CO e quindi con il grado di enfisema polmonare. Si è inoltre visto che le alterazioni di queste misurazioni si riscontrano in pazienti fumatori che ancora non hanno evidenziato alterazioni alla spirometria basale e che il Sacin è il primo dato a deteriorarsi, con una relazione direttamente proporzionale al numero di pack-year. Altri studi evidenziano che a una settimana dalla sospensione dal fumo si evidenzia un miglioramento sia del Sacin sia dello Scond, ma solo quest’ultimo migliora ulteriormente a distanza di 12 settimane. Tali dati portano alla conclusione che il danno iniziale nella BPCO sia a carico delle piccole vie aeree e che sia permanente e non più reversibile.
Gli autori concludono il lavoro riflettendo sulle limitazioni che ancora esistono in campo clinico nella possibilità di utilizzare tali test che tanto ben collegano le alterazioni anatomiche delle vie aeree con le manifestazioni cliniche delle malattie ostruttive respiratorie: mancano ancora dati per poterli standardizzare e rendere fruibili a tutti i centri pneumologici.