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Il 2020 è stato caratterizzato dalla pandemia causata dal nuovo coronavirus (SARS-CoV-2) che ad oggi conta oltre 59 milioni di casi nel mondo. I dati provenienti da due grandi coorti cinesi ed italiane hanno mostrato come le più frequenti comorbilità nei soggetti affetti da COVID-19 sono rappresentate da obesità, ipertensione, diabete e malattie cardiovascolari. Le stesse comorbilità sono quelle che frequentemente riscontriamo nella popolazione affetta da Apnee Ostruttive del Sonno (OSA).
Scopo di questa review è stato esaminare tre principali aspetti:

  • potenziale relazione tra OSA e severità ed outcome di COVID-19;
  • possibili meccanismi patogenetici;
  • impatto della pandemia sulla diagnosi e sulla terapia dell’OSA.

In merito alla correlazione tra le due patologie la gran parte degli studi non è stata in grado di determinare se l’OSA sia semplicemente una comorbilità che si associa al COVID-19 o se invece rappresenta un fattore di rischio indipendente per l’evoluzione sfavorevole della malattia da nuovo coronavirus. Due piccoli studi condotti su soggetti con polmonite da COVID-19 necessitante ricovero in Unità di Terapia Intensiva (ICU) hanno mostrato che circa un quarto dei pazienti studiati era affetto da OSA. Un piccolo lavoro finlandese (1) ha mostrato una prevalenza di OSA del 29% nei pazienti ricoverati per polmonite da SARS-CoV-2, senza differenze statisticamente significative tra quelli ricoverati in ICU rispetto a non-ICU. Un lavoro su una popolazione più vasta ha invece mostrato percentuali più basse (8% nei pazienti trattati in ICU vs 6% nei pazienti trattati in reparti di degenza ordinaria), questo nonostante la quasi totalità dei soggetti in studio fosse affetta da obesità; ciò probabilmente riflette la nota sottodiagnosi dell’OSA nella popolazione generale. Al momento solo uno studio del gruppo di Chicago (2) ha dimostrato che i soggetti affetti da disturbi respiratori del sonno, aggiustati per diabete, ipertensione e BMI (Body Mass Index), avevano un aumentato rischio di ospedalizzazione ed un rischio due volte maggiore di sviluppare insufficienza respiratoria. Mentre da uno studio multicentrico francese che ha indagato la popolazione affetta da diabete mellito ricoverata per COVID-19 (CORONADO study) è emerso come l’OSA sia un fattore di rischio indipendente per la mortalità a 7 giorni. Ulteriori studi sono necessari per meglio indagare le relazioni causali delle due patologie.
Parlando dei possibili meccanismi patogenetici è già stato sottolineato come l’OSA e la malattia da COVID-19 abbiano in comune le principali comorbilità (obesità, ipertensione, diabete e malattie cardiovascolari). In uno studio francese l’obesità (BMI > 30kg/m2) è risultata un fattore di rischio indipendente per Ventilazione Meccanica Invasiva (VMI), tuttavia in questo lavoro la frequenza di OSA non è stata riportata. È lecito quindi pensare che l’OSA, soprattutto quando associata a grave obesità, possa contribuire al peggioramento della malattia da SARS-CoV-2 attraverso diversi meccanismi.
Sia l’obesità che l’OSA, attraverso la frammentazione del sonno e la produzione di citochine (IL-6, IL-17 e TNFα), rappresentano condizioni pro-infiammatorie: ciò potrebbe peggiorare la tempesta citochinica alla base della malattia da COVID-19 e della sua evoluzione verso il distress respiratorio e l’insufficienza multiorgano.
Qualche recente lavoro suggerisce il possibile effetto positivo della melatonina nel trattamento della malattia da SARS-CoV-2, tuttavia il ruolo del sonno e del trattamento dei disturbi respiratori sonno-correlati rimane da definire.
La review in oggetto prende poi in considerazione il possibile ruolo della vitamina D: alcuni studi mostrano una associazione tra AHI (Apnea–Hypopnea Index) e deficit di vitamina D; inoltre recenti evidenze scientifiche sembrano suggerire che il deficit vitaminico possa avere un ruolo nella malattia da SARS-CoV-2, ciò per l’effetto antinfiammatorio ed immunomodulatore della vitamina D. Tuttavia i dati derivanti da una grande coorte inglese non hanno confermato tale associazione.
L’OSA è inoltre associata a disregolazione del sistema Renina-Angiotensina (RAS), che è stato dimostrato essere coinvolto nella patogenesi della malattia da COVID-19, essendo l’ACE-2 (enzima di conversione dell’angiotensina) il recettore di ingresso del SARS-CoV-2. Vari lavori hanno dimostrato che l’OSA è associata a livelli più elevati di angiotensina II e aldosterone, che l’OSA non trattata presenta una maggiore attività dell'enzima di conversione dell’angiotensina e che l’ipossiemia notturna nell’OSA aumenta l’attività del RAS. Tutto ciò potrebbe essere alla base di peggiori outcome dei pazienti OSA quando affetti da COVID-19 (3).
Paradossalmente una intubazione precoce di pazienti OSA affetti da grave polmonite COVID-19 potrebbe portare a vantaggi legati alla risoluzione delle apnee, dell’ipossiemia, ma soprattutto della cascata pro-infiammatoria ad esse associata.

La pandemia da COVID 19 ha avuto grossi effetti anche sui laboratori del sonno. Uno studio europeo ha mostrato come l’attività dei centri di medicina del sonno si è ridotta di oltre l’80% durante i primi mesi della pandemia; in particolare sono significativamente diminuiti sia i test diagnostici che l’incipit della terapia a pressione positiva. Questo come conseguenza dell’impossibilità del paziente di recarsi in ospedale e della rimodulazione dell’assistenza sanitaria con la sospensione delle attività differibili e riduzione dello staff dei centri del sonno, con personale sanitario impiegato in altre attività dettate dall’emergenza in atto. In questa fase la telemedicina ha sicuramente acquisito un ruolo chiave, sia nella terapia che nel follow-up del soggetto affetto da disturbi respiratori del sonno. Da un punto di vista terapeutico occorre sottolineare come la paura di contaminazione derivante dall’uso di dispositivi a pressione positiva (CPAP), inseriti dalla WHO nella lista delle procedure ad alto rischio di sviluppare aerosol, potrebbe aver contribuito alla sotto-cura di alcuni pazienti OSA e all’inevitabile deterioramento clinico degli stessi. Tuttavia un lavoro francese su larga popolazione ha dimostrato che l’aderenza alla terapia ventilatoria notturna durante il periodo di lockdown è stata maggiore rispetto al periodo precedente.
Ulteriori studi sono necessari per chiarire le possibili relazioni tra OSA e COVID-19 e le ripercussioni della terapia sugli outcome di questi pazienti. Contestualmente è doveroso garantire le prestazioni di diagnosi, cura e follow-up dell’OSA, rispettando le condizioni di massima sicurezza sia per l’utente che per gli operatori sanitari. In tal senso i documenti societari delle varie comunità scientifiche forniscono indicazioni utili per garantire diagnosi e cure adeguate al paziente affetto da disturbi respiratori del sonno in era pandemica e post-pandemica.

Bibliografia

  1. Feuth T, Saaresranta T, Karlsson A, et al. Is sleep apnea a risk factor for COVID-19? Findings from a retrospective cohort study. Sleep Med Dis Int J 2020;4:61-5.
  2. Maas MB, Kim M, Malkani RG, et al. Obstructive sleep apnea and risk of COVID-19. Infection, hospitalization and respiratory failure. Sleep Breath 2020. [Epub ahead of print].
  3. Ekiz T, İnönü Köseoğlu H, Pazarlı AC. Obstructive sleep apnea, renin-angiotensin system, and COVID-19: possible interactions. J Clin Sleep Med 2020;16:1403-4.